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Microcitoma polmonare: che cos’è il tumore di cui soffriva Elena

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Negli ultimi anni ci siamo abituati a sentir dire dagli oncologi che il tumore oggi si può curare e almeno cronicizzare quando proprio non si riesce a guarire. Perché allora la sessantanovenne Elena colpita da un tumore al polmone non ce l’ha fatta e ha deciso di porre fine alla sua vita in Svizzera? Cosa l’ha resa così disperata? Il fatto è che i tumori non sono tutti uguali e quello di cui soffriva la donna veneta che si è recata in Svizzera per potere accedere legalmente al suicidio assistito era una importante patologia oncologica polmonare irreversibile con metastasi.

Il tumore al polmone non a piccole cellule

In Italia il tumore al polmone è la seconda neoplasia più frequente tra gli uomini e la terza tra le donne. Si stima che nei maschi il tasso di mortalità per il tumore del polmone sia diminuito dell’11, 2% rispetto al 2015, mentre il tasso di mortalità stimato per tumori del polmone nelle donne è invece superiore del 5,2%. Secondo l’ultimo Rapporto dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom), nel 2020 ci sono state oltre 40.000 nuove diagnosi: nell’85% dei casi si tratta di tumore al polmone non a piccole cellule (NSCLC), caratterizzato nella maggior parte dei casi da alterazioni genetiche. La sua capacità di mimetizzarsi causa ritardo nella diagnosi: spesso è asintomatico o innesca una sintomatologia che viene confusa con quella di altre patologie e si presenta con diverse ‘identità’. Si tratta di una neoplasia particolarmente difficile da trattare, perché circa il 70% dei casi è scoperto in fase avanzata. E la sopravvivenza a 5 anni per le persone con carcinoma polmonare non a piccole cellule metastatico non supera il 6%.

Ma il tumore del polmone può essere anche più cattivo. E’ il caso appunto del microcitoma o tumore del polmone a piccole cellule (Sclc) che in Italia colpisce 12.628 persone (rappresenta circa il 10-15% dei tumori polmonari). “Si tratta di un tumore caratterizzato da comportamento biologico e clinico estremamente aggressivo, anch’esso associato al fumo, come la maggior parte dei tumori non a piccole cellule”, spiegano nel Rapporto Aiom Giuseppe Altavilla, Uoc Oncologia Medica, Aou Policlinico G. Martino di Messina, e Massimo Di Maio, Dipartimento di Oncologia, Università degli Studi di Torino, Ao Ordine Mauriziano, Torino.

Quali sono i fattori di rischio e i sintomi

Questo tipo di tumore insorge prevalentemente in chi è fumatore (anche se può essere diagnosticato nei non fumatori), ma i fattori di rischio riguardano anche il radon, l’amianto, lo smog e l’inquinamento ambientale. Durante le prime fasi della malattia il tumore può essere asintomatico, ma in seguito possono comparire la tosse con catarro o la tosse secca, sangue nel catarro, mancanza di fiato, respiro sibilante, febbre, polmoniti o bronchiti persistenti, dolore al torace, stanchezza eccessiva e perdita di appetito, a cui può seguire perdita di peso.

Come si diagnostica

La diagnosi si basa soprattutto sulle caratteristiche nucleari ed è molto più facile su campione citologico piuttosto che su biopsia. Al momento della diagnosi iniziale in circa il 75-80% dei pazienti si riscontra già una diffusione extratoracica (in altri organi), preferenzialmente cervello, fegato, ghiandole surrenali, ossa o midollo osseo. Per definire il trattamento bisogna definire lo stadio attraverso un esame di tomografia computerizzata (TC) del torace e dell’addome senza e con mezzo di contrasto, che permette di definire la sede, le dimensioni e i rapporti del tumore con le strutture adiacenti. Questo esame si accompagna possibilmente ad una TC o risonanza magnetica (RM) dell’encefalo. Altro esame spesso richiesto è la FDG-PET, utile per confermare la diagnosi o per verificare la presenza di metastasi.

Come si può trattare

La combinazione di chemio e radioterapia rappresenta il trattamento standard nei pazienti in buone condizioni generali. In genere si ritiene più efficace il trattamento combinato chemio-radioterapico sin dall’inizio o entro il secondo ciclo di chemioterapia, dopo attenta valutazione delle condizioni cliniche. “Per decenni – proseguono gli oncologi Aiom – non si è registrato nessun progresso nel trattamento di questo tipo di tumore, essendo l’unica opzione farmacologica efficace la chemioterapia contenente platino. Soltanto di recente, interessanti risultati sono stati ottenuti con l’aggiunta dell’immunoterapia alla chemioterapia contenente platino, sebbene sia ancora limitata la possibilità di ottenere un controllo duraturo di malattia”. Nei rari casi di malattia in stadio limitato operato radicalmente, è indicato un trattamento chemioterapico adiuvante con regimi a base di cisplatino per 4-6 cicli.  



www.repubblica.it 2022-08-03 16:20:32

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