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Gli Usa dichiarano emergenza sanitaria nazionale per il vaiolo delle scimmie

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“Emergenza sanitaria nazionale”. Tre parole per alzare la guardia contro il vaiolo delle scimmie. Gli Stati Uniti, dieci giorni dopo l’allerta globale lanciata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, serrano le fila contro “monkeypox”. Una decisione, quella comunicata dal segretario alla Sanità Xavier Becerra, che giunge alle soglie dei settemila casi in tutto il Paese. E che rappresenta l’input per un’azione di risposta sanitaria che punti soprattutto all’individuazione dei casi e al contenimento dei contagi: soprattutto al di fuori delle aree metropolitane, dove l’attenzione finora non è andata di pari passo con la diffusione del virus.

D’ora in avanti, le agenzie federali potranno dirottare immediatamente nuovi fondi per la ricerca su vaccini e terapie. Così come risorse aggiuntive saranno destinate alle strutture sanitarie, per aumentare le risorse chiamate a far fronte all’aumento dei casi di vaiolo delle scimmie. La misura – che non permetterà di ricorrere a farmaci e vaccini in via eccezionale: procedura per cui è richiesto un via libera di altra natura alla Food and Drug Administration – rimarrà in vigore almeno per 90 giorni. Se necessario, potrà essere prorogata. 

Per gli scienziati una risposta comunque tardiva

È stato il rapido aumento dei casi a rendere improrogabile la misura: di impatto sanitario, ma rilevante soprattutto dal punto di vista mediatico. “Un caso di vaiolo delle scimmie su 4 oggi è nel nostro Paese”, ha spiegato Carlo Del Rio, infettivologo della Emory University (Atlanta) al New York Times. Nelle sue parole anche una velata critica all’approccio avuto dal Paese nei confronti dell’epidemia. “Da un punto di vista medico, siamo di fronte a un fallimento. È come se ci fossimo fatti sorprendere mentre dormivamo al volante”.

Opinione diffusa tra gli esperti, che per settimane hanno fatto giungere le loro considerazioni all’attenzione del presidente Joe Biden. Da qui la stretta: necessaria, ma secondo molti pure tardiva. A rallentare le operazioni, anche la concomitanza con la pandemia da coronavirus: in fase di contenimento, ma ancora diffusa negli Stati Uniti. Il Governo Biden – che nel frattempo ha varato un’apposita task force per la gestione di questa emergenza, coordinata da Robert Fenton (funzionario dell’Agenzia federale per la gestione delle emergenze sanitarie) e da Demetros Daskalakis (direttore dell’agenzia nazionale per la prevenzione dell’infezione da HIV) – è finito nel mirino delle critiche dei sanitari anche per le poche indicazioni date alla comunità LGBTQ in vista delle celebrazioni dei gay pride di giugno. Un evento che ha segnato una sorta di spartiacque nell’epidemia di vaiolo delle scimmie, dal momento che nelle settimane successive il numero dei contagi è aumentato in maniera esponenziale.

Gli Stati Uniti sono finiti nel mirino della critica anche per la gestione dei vaccini. In tutto il Paese erano infatti stoccate oltre venti milioni di dosi di Jynneos, il farmaco sviluppato dall’azienda danese Bavarian Nordic. Un quantitativo costituito come scorta nazionale strategica a partire dal 2001, dopo gli attacchi terroristici alle Torri Gemelle e i casi di lettere all’antrace. Ma di cui oggi sono risultate utilizzabili appena 2.400 dosi: sufficienti per vaccinare appena 1.200 persone. Tutte le altre, scadute. Segno, con ogni probabilità, che il vaiolo delle scimmie non era considerata una potenziale emergenza imminente. E a poco è servita finora la decisione di acquistare grandi quantità di vaccino da infialare: ancora fermo nei depositi dell’azienda a Copenaghen. In questo momento non ci sono dunque nemmeno le dosi per pensare di vaccinare i contatti stretti dei contagiati e il personale sanitario. 



www.repubblica.it 2022-08-05 12:15:22

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