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Endometriosi, approvato negli Usa un nuovo farmaco

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Per ora soltanto negli Stati Uniti. Ma le quasi tre milioni di pazienti italiane aspettano con ansia che l’armamentario terapeutico contro l’endometriosi si arricchisca anche da noi di una possibilità. Il nuovo farmaco appena approvato dalla Fda americana (Food and Drug Administration) per la gestione del dolore mestruale e pelvico moderato e grave associato alla malattia è riservato alle donne in premenopausa ed è già disponibile negli Stati Uniti. Ma una richiesta di approvazione all’Agenzia Europea del Farmaco dovrebbe giungere già nei prossimi mesi.

Endometriosi: una nuova chance per controllare dolore e sanguinamento 

Il farmaco può essere assunto in compressa una volta al giorno. Una modalità di assunzione che agevola il rispetto di una terapia che – da indicazioni delle aziende che l’hanno messo a punto, Pfizer e Myovant Sciences – può essere seguita per 24 mesi. Si tratta di un mix di ormoni – un estrogeno, un progestinico e un antagonista del rilascio delle gonadotropine, che inibisce la stimolazione ovarica – che garantisce una riduzione del dolore e del sanguinamento. Questo quanto dimostrato da due studi di fase 3 pubblicati su Lancet, in cui l’efficacia del nuovo principio attivo è stata verificata rispetto a un placebo e a una sola delle molecole contenuta nel nuovo farmaco (Relugolix) con una somministrazione durata sei mesi. I risultati hanno evidenziato una riduzione del dolore pelvico determinato dall’endometriosi e della dismenorrea, il dolore uterino che si manifesta nel periodo del ciclo mestruale. E senza l’aggiunta di antidolorifici, una costante per molte di queste donne prima dell’inizio della nuova terapia.

Terapia medica o chirurgica? 

Sono queste, infatti, le principali manifestazioni dell’endometriosi. Una malattia caratterizzata dalla crescita e diffusione dell’endometrio – la mucosa che ricopre la superficie interna dell’utero – in organi diversi. E che richiede terapie mediche di lunga durata. Al momento, si utilizzano farmaci a base di progesterone o di estrogeni e progesterone assieme: quest’ultimo lo schema della pillola anticoncezionale, prescritta alle pazienti per interrompere lo sviluppo di focolai di endometrio in sedi anomale. Il dolore, però, è una costante per queste pazienti che non sempre i farmaci attualmente in uso risolvono. Da qui la necessità di ricorrere anche ad antidolorifici quali il paracetamolo e i FANS. Oltre che all’intervento chirurgico per asportare le parti di endometrio cresciute fuori dall’utero. Una possibilità che non è alternativa alla terapia medica, ma che viene riservata a quelle donne (3-4 su 10) che dopo sei mesi di terapia non traggono benefici dai farmaci. O che mostrano condizioni di occlusione – dell’intestino o degli ureteri – che rischiano di compromettere la funzionalità di organi vitali.

Effetto insidioso delle cure: la perdita della massa ossea 

Da qui la continua ricerca di nuove soluzioni terapeutiche: efficaci e ben tollerabili. Gli effetti collaterali determinati dall’ultima terapia, registrati in almeno il 3 per cento delle donne trattate, si sono rivelati gestibili: mal di testa, affaticamento, vertigini, nausea e calo del desiderio sessuale. A fronte dei quali, si è invece ridotta una delle manifestazioni più insidiose legate alle cure per l’endometriosi: la perdita della massa ossea. Una conseguenza che, con il passare degli anni, può esporre le donne in menopausa (già a rischio) a una maggiore probabilità di andare incontro a delle fratture.

Una densitometria all’anno

Nelle donne trattate con il nuovo farmaco – da oltre un anno già a disposizione delle donne che soffrono di fibromi uterini – meno dell’uno per cento del tessuto osseo è andato perduto a un anno dall’inizio del trattamento. Queste le evidenze raccolte finora, che lo stesso gruppo di ricercatori che ha firmato i primi due lavori intende comunque verificare in un arco di tempo più lungo per valutare l’efficacia e le eventuali controindicazioni nel tempo. Per il momento il consiglio rimane quello di “effettuare una densitometria ossea una volta all’anno durante il trattamento dell’endometriosi”. 

In Italia rimane il nodo della rimborsabilità dei farmaci

È principalmente questo effetto collaterale a sconsigliare l’utilizzo di un simile farmaco nelle pazienti più giovani. “Il target ideale è rappresentato dalle donne di età compresa tra 40 e 50 anni”, afferma Renato Seracchioli, direttore dell’unità operativa complessa di ginecologia e fisiopatologia della riproduzione umana del policlinico Sant’Orsola-Malpighi di Bologna. Un farmaco simile, in realtà, è già disponibile anche in Italia. Ma al momento autorizzato soltanto per il trattamento dei fibromi uterini e del sanguinamento uterino anomalo. “Occorrerà verificarne l’efficacia per un periodo più lungo, dal momento che il target è rappresentato da pazienti che hanno bisogno di terapie croniche”, aggiunge l’esperto, tra gli estensori delle linee guida per il trattamento dell’endometriosi stilate dalla Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia. Un aspetto che chiama in causa anche la sostenibilità economica di queste cure, oggetto di un paradosso nel nostro Paese: interamente a carico delle pazienti, a fronte invece del recente inserimento nei Livelli Essenziali di Assistenza (Lea) delle visite specialistiche e di alcune indagini diagnostiche.  

 



www.repubblica.it 2022-08-16 11:08:12

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