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La nuova sanità territoriale non dimentichi la pediatria

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È un appello a non dimenticare i pediatri di libera scelta, a considerarli parte attiva della tutela della salute di bambini e famiglie, tanto sul fronte della prevenzione quanto su quello dell’accompagnamento alla crescita. E non dimenticare significa considerare quello che ancora oggi manca: personale da formare. Gli studi professionali sono infatti carenti di collaboratori e infermieri, per cui servono investimenti e nuovi percorsi di formazione, più accessibili e capillari. Solo così sarà possibile ridisegnare davvero la medicina di prossimità territoriale e garantire ai pediatri di libera scelta quella “responsabilità di cura, che coinvolge bambini, ragazzi, genitori e caregiver, pressoché unica nel panorama della medicina territoriale”. È questo il messaggio lanciato da Antonio D’Avino, Presidente della Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP), intervenuto al meeting di Rimini di Comunione e Liberazione all’interno di un convegno dal titolo “Serve ancora la Pediatria di Famiglia? La Pediatria, fra prossimità di cura e riforme di sistema”.

Più specializzandi e più collaboratori

Uno dei punti chiave su cui D’Avino ha insistito è la carenza di personale medico. un problema diffuso, come ben noto, ma che interessa in modo particolare la pediatria. “Lo stress test straordinario del Covid ha evidenziato luci e ombre del Sistema Sanitario Nazionale”, ha ricordato il presidente della FIMP. “Dobbiamo ora portare a compimento quel concetto di medicina di prossimità, previsto anche dall’Azione 6 del PNRR, del quale il Decreto Ministeriale 77 rappresenta l’aspetto applicativo. Se l’assistenza territoriale ripartirà dagli ambulatori dei pediatri di famiglia, aggregati nelle Aggregazioni Funzionali Territoriali (AFT) e collegati funzionalmente alle Case di Comunità, saremo un interlocutore privilegiato per soddisfare i bisogni di salute dei bambini e degli adolescenti. Il principale ostacolo a qualsiasi ipotesi di riforma è, però, la mancanza, nei prossimi due/tre anni, di specialisti in pediatria per il turn-over generazionale e l’area pediatrica rappresenta un ambito in cui tale carenza è particolarmente evidente”. Secondo D’Avino il nuovo pediatra che sceglierà le cure territoriali dovrà avere un’adeguata e specifica formazione, sia da un punto di vista organizzativo che scientifico. Formazione che potrebbe realizzarsi anche presso gli studi degli stessi pediatri: “Avremo bisogno di specializzandi in pediatria che acquisiscano competenze di medicina territoriale. Noi apriamo le porte dei nostri studi. L’Università consenta loro di avere una formazione specifica”.

La carenza di specializzandi e la loro formazione non è l’unica criticità. Per realizzare un modello di riforma che vada incontro ai bisogni assistenziali dei destinatari delle cure di prima linea, così come lo si è immaginato, servono risorse. “Purtroppo il livello di finanziamento previsto dal Decreto Ministeriale 77, sia per il Fondo Sanitario Nazionale che per i diversi fondi sociali, è assolutamente inadeguato”, ha aggiunto D’Avino. “Senza il reclutamento stabile di professionisti sanitari e sociali, le misure per l’implementazione della rete dei servizi territoriali sono inefficaci e all’orizzonte si profila un’inaccettabile privatizzazione dell’assistenza che finirà con l’accrescere le diseguaglianze. C’è bisogno invece di potenziare gli studi professionali dei pediatri di famiglia, con l’assunzione di collaboratori e infermieri”.

Pediatri come promotori della prevenzione

I pediatri svolgono un ruolo fondamentale in termini di prevenzione, dall’educazione ai corretti stili di vita alle vaccinazioni, all’intercettazione di situazioni drammatiche, come casi di maltrattamento o abuso infantile. D’Avino si augura che questo stesso ruolo continui a essere svolto in futuro: “La prevenzione – primaria, secondaria e terziaria – deve essere coltivata all’interno degli studi pediatrici, in quanto luoghi di prossimità e le liste di attesa, già ridotte, si possono azzerare avvalendoci del lavoro degli specialisti territoriali, in cooperazione attiva con tutte le Cure Primarie. Con l’impegno di queste figure, anche l’accesso improprio al Pronto Soccorso, con i troppi codici bianchi e verdi, potrebbe diventare di competenza dei costituendi modelli organizzativi quali le AFT”.
 



www.repubblica.it 2022-08-22 14:30:26

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