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La salute e la sanità nei programmi dei partiti politici

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Nei programmi politici ne fanno menzione tutti. E non potrebbe essere altrimenti, considerando che la sanità rappresenta la principale voce di spesa dello Stato: con 124 miliardi di euro ogni anno, pari all’8 per cento del prodotto interno lordo (Pil). Eppure, spulciando tra i documenti che riassumono le intenzioni dei leader candidati alle elezioni del 25 settembre, non è semplice capire come i politici intendano amministrare le risorse, organizzare le aziende e gestire il personale chiamato a prendersi cura degli italiani.

Tanti buoni propositi

I manifesti sono pieni di buoni propositi. Non potrebbe essere altrimenti, d’altra parte, considerando il peso che la gestione della sanità ha sul bilancio dello Stato e la sfida che è chiamato a compiere il prossimo governo: tradurre in azioni concrete la lunga lista di obbiettivi di cui è pieno il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr). E che toccano tutte le tematiche più urgenti: dalla gestione della pandemia alla presa in carico dei pazienti con problemi di salute mentale, dal diritto a una vecchiaia in salute alla necessità di aggiornare il Piano oncologico nazionale. Senza trascurare le ferite delle cure di emergenza e urgenza, con i pronto soccorso in debito di ossigeno e sempre meno attrattivi per i professionisti. E il sempiterno problema – soprattutto nelle Regioni meridionali – delle liste di attesa.

Tutte voci che – aspetto emerso con l’arrivo della pandemia e ancora al centro del dibattito – non possono prescindere da una profonda revisione della medicina territoriale.

La realtà dei fatti, però, è che in Italia mancherebbero all’appello oltre ottantamila unità: tra medici e infermieri. Professionisti senza i quali diventa difficile compiere la rivoluzione prevista dalla missione 6 del Pnrr, con lo stanziamento di quasi 20 miliardi di euro per dare un altro volto alla sanità di prossimità e innovare l’offerta sanitaria nazionale: puntando sulla ricerca e sulla digitalizzazione delle cure.

Il tema del reclutamento di nuovi professionisti è dunque il primo che dovrà affrontare il nuovo governo, valutando se rimuovere o meno lo sbarramento del numero chiuso dall’accesso al corso di laurea in medicina e chirurgia e continuando lungo il solco aperto dal ministro uscente Roberto Speranza: fautore di un primo aumento delle borse di specializzazione, ma comunque insufficiente ad azzerare le difficoltà in corsia nei prossimi 3-4 anni. Poi verranno tutti gli altri, più legati alle singole specialità.

Di questi abbiamo deciso di occuparci in un viaggio a tappe nei programmi elettorali dei leader politici italiani. Cosa hanno intenzione di fare – da destra a sinistra: da Giorgia Meloni a Enrico Letta – per proteggere l’integrità e i princìpi (universalità, uguaglianza, equità) del nostro sistema sanitario nazionale e fare in modo che la sua efficacia continui a determinare uno dei tassi di mortalità più bassi nel Vecchio Continente? Proveremo a raccontarvelo spulciando tra i manifesti e le dichiarazioni rese nella – breve, ma intensa – marcia di avvicinamento al 25 settembre. La prima puntata sarà dedicata alla salute mentale, ma parleremo anche di medicina territoriale, gestione della pandemia, aborto. Buon viaggio. E – soprattutto – buon voto.

Twitter @fabioditodaro



www.repubblica.it 2022-09-07 15:11:19

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