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Tumore al seno, a rischio il diritto delle donne alla ricostruzione migliore

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Tumore al seno, mastectomia, ricostruzione. C’è un grande paradosso in questo percorso: l’intervento oggi considerato “migliore” per le pazienti, il “gold standard”, e cioè la ricostruzione mammaria immediata in un solo tempo, che permette alle pazienti di uscire dalla sala operatoria con il seno già ricostruito, non è prevista dai sistemi di rimborso nazionale e, di conseguenza, regionali. E quindi rischia di non essere sempre garantito. A denunciarlo sono oggi oltre 70 chirurghe senologhe e ricostruttive di altrettante Breast Unit di tutta Italia, appartenenti al gruppo DonnaxDonna, che nel corso di un convegno al Senato hanno presentato il primo rapporto sul quadro normativo dei rimborsi – DRG (Diagnosis Related Groups) e sul rischio del “mancato diritto delle donne a usufruire delle migliori possibilità di ricostruzione del seno dopo il tumore”.

Regione che vai, rimborso che trovi

La domanda clou che pongono in modo provocatorio le chirurghe è infatti questa: “Gli ospedali, pubblici o convenzionati, scelgono la migliore operazione per singola paziente con le tecniche migliori o sono costretti a praticare soprattutto interventi rimborsabili per non sforare con i costi?”. Il problema non riguarda solo la ricostruzione immediata, ma diverse  tecniche operatorie e alcuni materiali innovativi sono esclusi dai sistemi di rimborsi che le Regioni riconoscono agli ospedali (come le tecniche microchirugiche con l’impiego dei lembi di tessuto autologo). Con grandi disparità tra regione e regione, che – sostiene il gruppo DonnaxDonna – comportano gravi squilibri di garanzie per le pazienti. Si va da un rimborso di 2.838 euro per la mastectomia effettuata in Valle D’Aosta, Liguria e Sardegna fino a 4.168 euro in Veneto. “Nel Lazio, per esempio, non sono previste differenze di costi tra la sola mastectomia e la mastectomia con ricostruzione immediata del seno”, spiega Marzia Salgarello, coordinatrice del gruppo Donna X Donna e Professore associato di chirurgia plastica all’Università Cattolica del Sacro Cuore – Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS di Roma: “Significa che quando effettuiamo la seconda procedura, nei casi in cui vi è l’indicazione, produciamo un ammanco di oltre 1.700 euro”. La ricostruzione del seno dopo il tumore è invece riconosciuta nei DRG quando viene effettuata in un’altra operazione, successiva e distinta da quella demolitiva. Le donne, continua Salgarello, devono così sottoporsi a due interventi chirurgici invece di uno: il primo prevede l’inserimento dell’espansore insieme alla demolizione della mammella, il secondo la ricostruzione con protesi. Ma non solo: “In alcune regioni come il Lazio, le tariffe dei DRG per le ricostruzioni differite riconoscono un rimborso paradossalmente inferiore se si usano tecniche innovative di microchirurgia senza l’uso di protesi, seppure siano interventi che prevedono molte più ore di sala operatoria. anche il rimodellamento della mammella contro laterale, per garantire la simmetria, è rimborsato solo se effettuato in un ulteriore terzo intervento”. Non ci sono regioni virtuose o poco virtuose, ma si assiste a un puzzle di sigle e cifre che non sembrano avere una logica.

Un paradosso nel paradosso

In questi anni ci sono stati dei grandi miglioramenti sul fronte sia delle tecniche che dei materiali, che permetterebbero un risparmio per il sistema sanitario. “Poter effettuare un solo intervento, ovviamente nelle pazienti in cui è indicato, ha una grande importanza per le donne, ma non solo”, aggiunge Viviana Galimberti, Direttore Divisione di Senologia dell’Istituto Europeo Oncologia di Milano: “Le ricadute sono una migliore efficienza organizzativa, una riduzione delle ospedalizzazioni e, quindi, delle liste di attesa e dei costi diretti e indiretti. “Questo è stato il nostro grande sforzo, ma non sempre la politica e le istituzioni stanno al nostro passo e spesso queste innovazioni non vengono valorizzate e remunerate adeguatamente”.

Il problema della mastectomia profilattica

D’altra parte è dal 2009 che i DRG non vengono aggiornati a livello nazionale e da allora le cose sono parecchio cambiate. Un altro paradosso riguarda la mastectomia profilattica nelle donne portatrici di una mutazione che aumenta il rischio di cancro al seno: l’intervento non è nei LEA (livelli essenziali di assistenza) e anche in questo caso c’è una grande variabilità regionale nei rimborsi, che comunque non sono adeguati, sottolineano le esperte. Quanto tutto questo pregiudica il diritto delle donne a essere curate? “Ci tengo a chiarire che nessuna di noi si farà mai influenzare dai conti: faremo sempre in scienza e coscienza la cosa migliore per le pazienti, sulla base di una decisione terapeutica condivisa”, sottolinea Adele Sgarella, Direttore della Struttura Complessa Chirurgia Generale Senologica dell’IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia. “Non subiamo pressioni, ma è indubbio che questo problema di microeconomia è importante e rischia di mettere in difficoltà tante Breast Unit. Noi chiediamo una rivalutazione dei DRG e che ai tavoli tecnici nazionali e regionali si siedano anche dei chirurghi ricostruttivi. Siamo noi che sappiamo quali tecniche e quali materiali vengono oggi utilizzati, per quante ore viene impegnata la sala operatoria, i tempi di degenza e così via. Quello che auspichiamo è un DRG di percorso, più che per tipo di intervento, e una maggiore uniformità tra le regioni che garantisca equità di trattamento per le pazienti”.

 

Meno 7 mila ricostruzione l’anno in Italia

Un cambiamento che non avrebbe un grande impatto sulla borsa del sistema sanitario, secondo DonnaxDonna. Delle circa 55 mila donne che ogni anno ricevono una diagnosi di tumore al seno, vengono effettuate circa 13 mila mastectomie totali e la ricostruzione riguarda più o meno la metà dei casi. Si parla quindi di meno di 7 mila interventi l’anno.  Ad oggi, dai dati raccolti da 14 breast unit afferenti al progetto, nel 2020 le ricostruzioni immediate sono state il 49%, quelle in due tempi con uso di espansore sono state il 45% e le tecniche operatorie di microchirurgia con i lembi prelevati dalla paziente stessa sono state il 5,5%.



www.repubblica.it 2022-09-15 15:58:55

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