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Al via la campagna “Do more 4 ME – Be part of the MIGRAINE voice!”, per dar voce alle…

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In questi giorni è in corso una “protesta silenziosa”. Visitando l’Ara Pacis potrete imbattervi in sagome senza voce e senza volto. Chi rappresentano? Gli oltre 6 milioni di persone che in Italia soffrono di emicrania, una malattia ancora molto sottovalutata. Proprio da questa protesta parte la nuova campagna “DoMore4Me – be part of the MIGRANE voice” promossa da Lundbeck Italia, che invita a mantenere alta l’attenzione su questi pazienti, promuovendo una evoluzione del quadro normativo e della loro presa in carico, dalla diagnosi precoce ai percorsi di cura. La manifestazione è silenziosa perché il rumore ha un peso enorme per chi convive con l’emicrania. Nel silenzio delle sagome, però, dobbiamo ritrovare le loro grida, rappresentate dalle frasi che stringono tra le mani. E dobbiamo immaginare la pace che non trovano a causa della malattia. Anche l’assenza dei volti ha un significato: simboleggia una sofferenza non vista. La solitudine è uno dei sentimenti riportati più spesso dalle persone con emicrania.

La campagna DOMore4MegrainE!

La campagna DOMore4MegrainE! è stata presentata in un evento a Roma il 13 settembre (è possibile vederlo su YouTube, a questo link) e il suo obiettivo è proprio raccontare l’emicrania in maniera emozionale ed esperienziale, per farne comprendere l’impatto fisico, psicologico, sociale e funzionale. Ecco perché, subito dopo la protesta, si apre un percorso esperienziale per far “sperimentare” alcuni dei sintomi più caratteristici – come il dolore scatenato da suoni normalmente non fastidiosi (fonofobia) o dalla luce (fotofobia) – e far capire cosa significhi vivere con l’emicrania. Tutti possono contribuire ad alzare il volume di questa campagna. Come? Condividendo via social gli hashtag #doMore4Me, #bePartOfMigraineVoice e #emicrania, per schierarsi al fianco di chi convive con la patologia. 

Una legge a metà

DOMore4MegrainE! parte a due anni dall’approvazione del DDL che riconosce la cefalea primaria cronica come malattia sociale (Legge 81 del 14 Luglio 2020): un traguardo importante per i pazienti, a lungo rincorso. Peccato che manchi ancora il decreto attuativo del ministero della Salute (che avrebbe dovuto essere implementato entro 180 giorni). Un passo indispensabile per sperimentare metodi innovativi di presa in carico e per regolare eventuali esenzioni per i farmaci e la possibilità di assentarsi dal posto di lavoro. Basti pensare che, secondo le stime dell’Istituto Superiore di Sanità, ogni paziente perde in media 4 giornate di lavoro ogni 3 mesi a causa dell’emicrania.

“L’emicrania cronica è una patologia invalidante: è la prima causa di invalidità nella popolazione femminile sotto i 50 anni”, ha ricordato Giorgio Palù, Presidente dell’Agenzia italiana del Farmaco (AIFA), all’apertura del convegno: “La sua gestione è anche una missione dell’Agenzia.Oggi la medicina moderna guarda tanto al determinismo genetico quanto ai determinanti psicologici e sociali che spesso sono una causa eziologica diretta delle malattie. Bisogna avanzare in entrambe le direzioni e anche le istituzioni devono tenere in stretta considerazione l’impatto dell’emicrania sulla società. Auspico che si riprenda il percorso iniziato sul riconoscimento dell’emicrania come malattia sociale e che si mettano in atto investimenti in ricerca, perché il nostro Paese ha bisogno di rinnovare la sua industria farmaceutica”.

Mancano i percorsi di presa in carico

Per la corretta gestione dei pazienti emicranici mancano prima di tutto i percorsi di presa in carico. Troppi arrivano alla diagnosi dopo aver fatto esami inutili, come la risonanza magnetica, e dopo aver tentato trattamenti non appropriati. “La diagnosi precoce, che può evitare la cronicizzazione e l’uso eccessivo di farmaci sintomatici, resta ancora oggi un problema”, conferma Fabrizio Vernieri, Responsabile Cefalee e Neurologia del Campus Bio-Medico di Roma: “Per questo sono necessari interventi ad hoc. Non solo: sono disponibili nuove opzioni terapeutiche, come gli anticorpi monoclonali, che hanno rivoluzionato il trattamento dell’emicrania e che possono consentire l’ottimizzazione del trattamento del paziente. Tuttavia non sempre consentono un trattamento ottimale. Alcuni pazienti mostrano un beneficio ritardato, dopo più di tre mesi dall’inizio della terapia, e c’è una percentuale che non risponde in maniera soddisfacente. Ecco perché occorrono nuove alternative efficaci”.

 

L’impatto economico dell’emicrania

Qual è l’impatto economico di una gestione non corretta dell’emicrania cronica? “Si attesta intorno ai 20 miliardi di Euro l’anno, il 10% riguarda costi diretti, mentre il 90% riguarda costi indiretti e sociali”, risponde Francesco Mennini, Presidente SIHTA (Società Italiana di Health Technology Assessment): “Ciò dovrebbe fornire la motivazione affinché politica e istituzioni si attivino, prendendo decisioni sul modello assistenziale e sulle risorse da destinare a percorsi di cura adeguati e alla presa in carico precoce dei pazienti. Se non affrontata per tempo e con le terapie adeguate, questa patologia determinerà un ulteriore incremento dei costi e degli anni vissuti con disabilità, con conseguenze negative per il sistema di Welfare, per i pazienti ed i caregiver”.

Non dite “è solo un mal di testa”

Ma come è possibile che ben sei milioni di persone non riescano a far sentire la loro voce? “La consapevolezza sull’emicrania come malattia ad alto impatto va aumentata con determinazione”, sottolinea Lara Merighi, coordinatore laico dell’Associazione Alleanza Cefalalgici – AI.Ce. Group Italia: “Noi pazienti ci sentiamo malati invisibili. Viviamo nel timore costante di un attacco, che può essere scatenato anche da un semplice profumo, ma non solo. Viviamo nel timore di essere visti come una categoria di persone ‘svogliate’ o fragili. Chiediamo che venga emanato il decreto attuativo della legge 81 e che l’emicrania sia inserita tra i Lea. Inoltre, abbiamo bisogno di un sostegno psicologico, per ricevere la giusta comprensione e imparare a gestire i momenti più complessi”. Molto praticamente, “è necessario rafforzare i centri diagnostici e di cura su tutto il territorio; incrementare la formazione dei medici di medicina generale, affinché i segnali della malattia; garantire l’accesso anche alle terapie più innovative, in grado non solo di intervenire con maggior efficacia, ma spesso anche di prevenire i sintomi”, aggiunge Maria Vitale dell’Agenzia di Valutazione Civica di Cittadinanzattiva.

 

La storia di Giulia

A raccontare le difficoltà quotidiane di chi convive con l’emicrania è Giulia, una ragazza di 19 anni appena uscita dall’esame di maturità con un bel 100. Un traguardo che vale molto più di quel numero, perché la strada per arrivarci non è stata semplice. Giulia, infatti, ha avuto i suoi primi attacchi quando di anni ne aveva appena 8. “Le maestre delle elementari non mi credevano, nessuno mi aveva detto che avevo una malattia”, spiega: “Ero catalogata come una bambina eccessivamente ansiosa, e questo ha generato in me un grande senso di colpa. Ho nascosto a lungo il dolore che provavo, finché ho potuto. Alle superiori, però, ho cominciato ad avere forti crisi in classe. È difficile spiegare cosa significhi avere l’aurea e non riuscire a leggere, le fitte, le tempie che vanno in fiamme. L’emicrania è una malattia che ti fa sentire molto solo e il suo impatto è ancora fortemente sottovalutato”.

 L'intervento dell'On. Giuditta Pini

 L’intervento dell’On. Giuditta Pini 

Il ruolo della politica

Ora che si avvicinano le elezioni per un nuovo governo, la richiesta di rendere effettiva la legge per il riconoscimento della cefalea primaria cronica come malattia sociale. L’iter è stato lungo e ha attraversato già tre legislature. “Il tentativo iniziale era quello di inserire il riconoscimento della cefalea e dell’emicrania all’interno dei LEA, ma i pochi dati a supporto ed i costi per il SSN hanno impedito il raggiungimento di questo obiettivo”, spiega ’On. Giuditta Pini, promotrice e firmataria nel 2020 del DDL sulla cefalea cronica: “Successivamente all’approvazione della Legge, la risposta che il Ministero ha dato è stata assolutamente contraria anche allo stesso parere favorevole che lo stesso Ministero aveva inizialmente espresso sulla medesima legge nel corso dell’ultima legislatura. Una risposta politicamente e tecnicamente non corretta. Un tema, questo, che inevitabilmente dovrà essere discusso nella prossima legislatura”.





“Rinnoviamo l’impegno politico per l’emicrania”, assicura On. Fabiola Bologna: “Stiamo valutando la possibilità di individuare nuovi metodi di presa in carico delle persone affette da emicrania nell’ambito dei LEA, per assicurare anche la provvista finanziaria non prevista dalla legge 81. Si sta discutendo anche di un maggior coinvolgimento dei medici di famiglia e delle farmacie dei servizi che, grazie alla capillarità sul territorio, possono rivestire un ruolo strategico nel suggerire il consulto con uno specialista. L’obiettivo è scendere in campo con quante più azioni concrete possibile per affrontare la sofferenza legata all’emicrania e al suo impatto sulla quotidianità”.

 

Testimonial d’eccezione di DoMore4ME è l’ex ministro della salute Beatrice Lorenzin, intervenuta in chiusura del convegno in qualità di persona con emicrania. “Conciliare gli impegni politici con la malattia non è stato semplice – racconta – “Bisogna continuare a lavorare su due fronti: togliere lo stigma e non far sentire le persone in difficoltà o in difetto perché soffrono di cefalea a grappolo o emicrania e bisogna reclamare le cose per cui abbiamo dato la legge. Portare l’attuazione di tutti gli aspetti della norma nella vita dei cittadini. Questo sarà il nostro compito nella prossima legislatura”.



www.repubblica.it 2022-09-23 21:59:59

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