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Cane contro peluche 10 a zero: e adesso lo dimostra anche la scienza

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Accarezzare un cucciolo non è solo un piacere sensoriale ma provoca delle alterazioni anche a livello cerebrale. Lo conferma uno studio coordinato dall’Università svizzera di Basilea e pubblicato su Plos One. I ricercatori hanno coinvolto 21 volontari per cercare di misurare l’impatto della vicinanza e dell’accarezzamento di un cane, paragonandolo poi agli stessi comportamenti che però avevano come protagonista un animale di pezza, riscaldato e con lo stesso peso dell’animale vero. Grazie a una tecnologia non invasiva a infrarossi, gli scienziati hanno osservato l’attività della corteccia prefrontale in differenti situazioni: quando le persone vedevano gli animali, quando si sedevano accanto a loro e quando li accarezzavano. I tre scenari sono stati ripetuti con il pelouche.

Un aumento dell’attività della corteccia prefrontale

Si è osservato che le interazioni con l’animale aumentavano l’attività della corteccia prefrontale, che aiuta a gestire e regolare i rapporti sociali ed emotivi. In particolare, l’attività era più intensa mentre si accarezzava il cucciolo e permaneva anche quando il cane veniva fatto uscire. Al contrario, la vicinanza con l’animale finto suscitava un modesto cambiamento nella stessa porzione cerebrale. 

La relazione con l’animale è insostituibile

Lo studio conferma che il contatto con l’animale incide anche sulla condizione neurofisiologica della persona. “Mentre l’accarezzamento di un pelouche agisce solo a livello di tatto, il rapporto con il cane garantisce una stimolazione globale. Il cane ti guarda, ti annusa, ti lecca, manifesta affetto, crea un coinvolgimento totale. È un essere senziente e produce una quantità enorme di stimoli – ci spiega Lino Cavedon, psicologo, psicoterapeuta, formatore nel campo degli Interventi Assistiti con gli Animali (Iaa) e direttore della collana di Erickson dedicata agli Iaa – Il contatto può produrre effetti straordinari. Chi è affetto da Alzheimer riesce a trattenere per un tempo più lungo la memoria di alcuni termini, perché il rapporto con il cane è emozionante, apre la mente, che poi riesce a conservare le parole in modo più incisivo. Un cucciolo aiuta anche a gestire lo stress, l’ansia e la depressione, grazie al flusso di stimoli che ci manifesta”.

La storia di Sofia e degli altri

Il rapporto con il quattrozampe può essere di grande beneficio per persone che hanno deficit di apprendimento: “Vorrei portare l’esempio di Sofia, 4 anni. Non riusciva a comunicare con la parola né ad apprendere tramite imitazione. Durante la prima seduta di intervento assistito con un cane, la piccola ha allungato un braccio per afferrare una crocchetta da dare all’animale, proprio come aveva visto fare alla mia collega che stava gestendo la sessione di terapia – spiega lo psicologo – Stesso beneficio possono avere i bambini con Adhd, che tramite il rapporto con il cane abbassano la loro soglia di attivazione e recuperano una maggiore capacità di attenzione. Gli interventi assistiti hanno ottenuto riscontri importanti anche nei casi di bambini oncologici, disabili e con disturbi del comportamento. Il piccolo si identifica con il cane, non lo considera inferiore a sé. Attraverso il rapporto con l’animale acquisisce competenze che poi applica nelle interazioni con i suoi pari”.

Il beneficio negli anziani

Per gli anziani un cucciolo può essere un antidepressivo straordinario. “Senza contare – sottolinea Cavedon – l’aiuto sul piano motorio e di socializzazione. Il quattrozampe induce a fare passeggiate frequenti e a interagire con gli altri proprietari di cani”.

 

  

 



www.repubblica.it 2022-10-06 08:39:03

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