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Il nuovo antibiotico? Arriva dalla patata

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La resistenza agli antibiotici è una delle sfide sanitarie più impattanti degli ultimi anni. Da quando Fleming ha scoperto la penicillina nel 1928, i batteri hanno iniziato a sviluppare nuove strategie per resistere agli effetti dei farmaci. Una tendenza che sta portando tutti gli antibiotici attualmente conosciuti a diventare inefficaci, tanto che, dati alla mano, entro il 2050 i microrganismi multiresistenti potrebbero diventare la prima causa di morte mondiale. L’aderenza alle cure, così come la creazione di nuove molecole, sono l’unica strada percorribile. Ecco perché ogni volta che viene scoperto un antibiotico – non così di frequente, purtroppo – la notizia viene accolta con grande entusiasmo.

La nuova speranza arriva dalla solanimicina

La prossima speranza si chiama solanimicina, è stata scoperta da un team di microbiologi dell’Università di Cambridge e del Consejo Superior de Investigaciones Científicas di Granada e pare essere efficace contro un’ampia gamma di funghi sia a livello agricolo che umano, a partire dalla Candida albicans. Sì, perché la nuova molecola è stata sintetizzata da un batterio che infesta le patate, il Dickeya solani, appartenente al gruppo dei Gram-negativi, che ha un’elevata aggressività e capacità infettiva, e sembra essere prodotta da un ampio spettro di batteri fitopatogeni correlati.

Urgenti buovi antibiotici, in medicina e agricoltura

“Molti importanti farmaci per il trattamento delle infezioni microbiche derivano da prodotti naturali prodotti da microrganismi – spiega la dottoressa Rita Monson del Churchill College di Cambridge – . In un’era di crescente resistenza antimicrobica, è urgente la scoperta di nuovi antibiotici da utilizzare in medicina e agricoltura. La maggior parte degli antibiotici terapeutici attualmente utilizzati derivano dai microbi del suolo, ma questa scoperta evidenzia anche il potenziale dei microrganismi di origine vegetale per la produzione dei farmaci”.

Efficacia testata in laboratorio

La Candida albicans è la principale causa della candidosi umana che colpisce i genitali femminili e maschili, così come il cavo orale e la pelle. I funghi patogeni rappresentano poi una grave minaccia mondiale per l’agricoltura così come per la sicurezza alimentare globale, che è accentuata del difficile trattamento di queste infezioni. E in laboratorio la solanimicina si è dimostrata altamente efficace. I risultati della ricerca sono stati appena pubblicati sulla rivista scientifica mBio dell’America Society for Microbiology, ma non è scontato che approderà in farmacia: la strada per la produzione di un farmaco vero e proprio è ancora lunga.

Il microbo che ci sta aiutando a scoprire nuovi antibiotici

Il Dickeya solani è stato identificato per la prima volta più di 15 anni fa. I ricercatori del laboratorio del microbiologo molecolare George Salmond dell’Università di Cambridge hanno iniziato a studiare il suo potenziale antibiotico circa un decennio fa. E la solanimicina non è il primo antibiotico scoperto grazie a questo microbo. In un lavoro precedente, i ricercatori hanno isolato dallo stesso patogeno un altro antibiotico chiamato Oocydin A, che è altamente attivo contro più patogeni delle piante. Quelle scoperte precedenti, insieme all’analisi del genoma del batterio, hanno suggerito che avrebbe potuto sintetizzare antibiotici grazie ad un ambiente a ph acido come quello di una patata.

Verso la sperimentazione clinica

“Questo antifungino viene prodotto dai batteri solo in risposta a condizioni acide. Sembra quasi un meccanismo protettivo intelligente che utilizza per preservarsi – prosegue Monson – . Il rilevamento e la risposta al ph ambientale è un importante segnale regolatorio utilizzato dai batteri per modulare l’espressione genica. Ad esempio, il ph acido è un requisito fondamentale per la virulenza anche della Salmonella enterica”. Ora i prossimi passi da intraprendere per arrivare alla somministrazione umana passano dal brevetto del farmaco in una struttura molecolare stabile e dalla sperimentazione clinica. “Attualmente stiamo studiando la struttura chimica della solanimicina e iniziando a capire i possibili collegamenti tra la diversità genomica e la potenziale diversità chimica, sottolinea  Miguel Matilla, ricercatore dell’Estación Experimental del Zaidín di Granada, coautore della ricerca. E aggiunge che a stretto giro partiranno le sperimentazioni sulle piante per valutare “l’utilizzo di questo antimicotico su larga scala”.

Le nuove specie fungine invasive

“La necessità di nuovi antimicotici è aumentata poiché i medicinali esistenti sono diventati meno efficaci ed emergono nuove specie fungine invasive – aggiunge -. Inoltre, l’aumento delle infezioni fungine delle colture agricole, degli ecosistemi vegetali e del bestiame fornisce un ulteriore incentivo per identificare nuove molecole antimicotiche. Dal punto di vista farmaceutico e agricolo, la solanimicina può rappresentare una scoperta potenzialmente entusiasmante e questo studio conferma l’opinione che i microbi associati al suolo e alle piante rappresentano un serbatoio sottoesplorato di metaboliti bioattivi”. Insomma, conclude, per combattere questa battaglia impari “dobbiamo aprirci all’esplorazione di tutto ciò che è là fuori per trovare nuovi antibiotici efficaci”.



www.repubblica.it 2022-10-10 16:14:39

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