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Adolescenti, casi di tentato suicidio aumentati del 75% 

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Anche uno può essere un numero da capogiro, se si parla di un adolescente o pre-adolescente che tenta il suicidio. Uno al giorno per la precisione, solo guardando entro i confini del nostro Paese. E moltiplicando uno per 365 viene fuori un aumento del 75% dei casi rispetto a soltanto due anni fa. Non solo: “Sono 100mila i giovanissimi che hanno preso la strada della morte sociale, i cosiddetti hikikomori, isolati nella loro stanza, in fuga dall’interazione col mondo, travolti dalla paura del giudizio, soli”, dice Antonio D’Avino, presidente della Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP) durante la seconda giornata del sedicesimo Congresso Scientifico Nazionale dei pediatri di famiglia, in corso a Riva del Garda.

Un urlo silenzioso

Colpa della pandemia? Che abbia giocato un ruolo decisivo lo sostengono molti specialisti. “Una bomba atomica dal punto di vista sociale per i giovanissimi”, la definisce Silvia Zecca, co-referente nazionale FIMP Gruppo Abuso e maltrattamento dei minori. Tutte le misure più o meno drastiche di distanziamento sociale volte a prevenire il contagio avrebbero contribuito, secondo Zecca, a creare una situazione di forte disagio, “un urlo silenzioso di cui ci siamo accorti nei nostri studi e dai dati raccolti nei Pronto Soccorso”.

Richieste di aiuto aumentate di 40 volte

E a far girare la testa non è solo l’aumento nel numero di richieste di consulenze neuropsichiatriche per stati ansiosi o depressivi e di quelle effettuate in urgenza per tentato suicidio e comportamenti autolesivi, ma anche la fascia di età interessata, come sottolinea Anna Latino, co-referente del gruppo di lavoro: “Le richieste sono lievitate di quasi 40 volte, in particolare nei giovani tra i 9 e i 17 anni. Vogliamo porre l’accento sulla forbice che riguarda l’età di questi casi: sempre più ampia”. Il Pediatra di Famiglia viene quindi ad essere un riferimento per genitori e ragazzi.

L’isolamento sociale degli hikikomori

Anche il fenomeno degli hikikomori interesserebbe i ragazzi e le ragazze appartenenti a questa fascia di età, con i primi segnali che si manifesterebbero a partire da un’età media di 15 anni. “Si tratta – spiega Marco Crepaldi, psicologo e presidente fondatore di Hikikomori Italia – di una pulsione all’isolamento fisico, continuativa nel tempo, che si innesca come reazione alle eccessive pressioni di realizzazione sociale, tipiche della società capitalistiche economicamente sviluppate”. Un fenomeno che sembrerebbe interessare principalmente i maschi, anche se, secondo Crepaldi, il numero di femmine coinvolte potrebbe essere sottostimato. La durata di questo ritiro sociale tende a prolungarsi oltre i tre anni e sono due le fasi identificate: la prima caratterizzata dall’abbandono della scuola e dall’allontanamento di quasi tutti i contatti sociali diretti, tranne quelli con i familiari stretti; la seconda contraddistinta dall’allontanamento persino dei genitori e dall’evitamento anche delle relazioni virtuali. Questo secondo stadio, prosegue Crepaldi, riguarda solo una minoranza della popolazione, che ha verosimilmente sviluppato una qualche forma psicopatologica associata al ritiro. L’esperto precisa che la dipendenza da Internet non sembra costituire la causa del disagio, ma piuttosto un effetto e rappresenta anche l’unica forma di interazione accettata durante questa forma di isolamento. “La fragilità relazionale – prosegue – è molto difficile da affrontare. Si innesca quando ci sentiamo pressati a una corsa per il successo personale, che si tratti di scuola, sport, sessualità”. L’abuso dei social media e all’importanza, specialmente per i più giovani, di ricevere riscontri positivi per quanto riguarda la propria immagine, è sicuramente un tema centrale. “Vince chi molla” – dice l’esperto – “ma gli hikikomori non lo sanno”.

Il ruolo del pediatra di famiglia

Altri temi delicati e complessi sono quelli del lutto nel contesto familiare e del percorso che accompagna la decisione di cambiare sesso. Temi che “bussano alla porta dei nostri studi sempre più spesso e che non vogliamo eludere”, dice D’Avino: “Il pediatra di famiglia è infatti la prima sentinella in grado di intercettare il disagio e dovrebbe quindi avere a disposizione tutti gli strumenti conoscitivi necessari per poter accompagnare e sostenere i propri pazienti durante il passaggio all’età adulta. Occorre – conclude il medico – mettere in campo politiche specifiche per l’infanzia e l’adolescenza, che coinvolgano tutti gli attori che concorrono alla salute mentale dei giovani, come neuropsichiatri infantili, psichiatri, psicologi, servizi educativi e rappresentanti del terzo settore”.



www.repubblica.it 2022-10-13 11:30:02

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