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Poche proteine (e vegetali), tante verdure: la salute dei reni comincia a tavola

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Più che dai farmaci che assumiamo, il mantenimento di una buona salute dei reni dipende da ciò che portiamo a tavola. Alimenti e bevande sono coinvolti tanto nella prevenzione delle malattie renali quanto soprattutto nella terapia conservativa dell’insufficienza renale cronica. “Non una malattia, come la polmonite o l’epatite – chiarisce Piergiorgio Messa, già direttore dell’unità operativa complessa di nefrologia, dialisi e trapianto renale al Policlinico di Milano -. Ma un grande contenitore di cui fanno parte tutte le malattie renali che, se non risolte nella fase acuta, sono destinate ad accompagnarci per tutta la vita”. Per queste ragioni la dieta occupa un posto di primo piano nella gestione di queste condizioni.

La prevenzione delle malattie renali parte dalla tavola

Sul fronte della prevenzione, le regole da seguire a tavola per proteggere i reni sono quelle che vengono applicate di fatto nei confronti di tutte le malattie croniche. La dieta – è quanto ripetuto dagli specialisti durante il congresso della Società Italiana di Nefrologia, appena conclusosi a Rimini – deve essere varia ed equilibrata. I rischi – indipendentemente da quelle che possono essere le conseguenze: dalla calcolosi renale alle forme più gravi di insufficienza renale cronica – possono essere contenuti riducendo l’apporto di proteine animali, zuccheri semplici e sale. E bevendo almeno due litri di acqua al giorno (da evitare le bevande gassate e zuccherate). “La dieta migliore per prevenire la formazione dei calcoli è quella mediterranea, che prevede un abbondante apporto di frutta e verdure fresche, legumi, cereali integrali e un adeguato apporto di alimenti contenenti calcio”, aggiunge Messa.

Le abitudini di tre gruppi

L’ultima conferma, in questo senso, è giunta da uno studio pubblicato nel 2020 sull’American Journal of Clinical Nutrition. In quella occasione i ricercatori del Policlinico Gemelli di Roma e delle università di Verona e di Harvard controllarono quelle che erano state per oltre tre decenni le abitudini dietetiche di tre grandi gruppi di persone coinvolte in altrettanti studi statunitensi. Potendo contare anche sui dati di incidenza della calcolosi renale, gli autori conclusero che il rischio di sviluppare nuovi calcoli era risultato inferiore (-28 per cento, in media) nelle persone più avvezze a seguire una dieta in cui erano frequenti i consumi di frutta, verdura, legumi, carboidrati complessi, pesce e olio extravergine di oliva.  

Il legame tra obesità e malattia renale cronica

A ciò occorre aggiungere che l’aderenza alla dieta mediterranea facilita il controllo del peso corporeo che, se eccessivo, può favorire l’insorgenza della calcolosi renale. Per lo stesso motivo, praticare regolarmente attività fisica è un altro consiglio che viene dato sia in chiave preventiva sia a chi ha già ricevuto una diagnosi di calcolosi renale. “L’obesità implica peraltro un sovraccarico di lavoro per i reni che può portare nel tempo a una progressiva riduzione della funzione renale complessiva – rimarca lo specialista -. Inoltre, il paziente obeso è più a rischio di sviluppare diabete e ipertensione, tra le prime cause di malattia renale cronica”. Il legame tra obesità e precaria salute renale è strettissimo. “Il diabete, che è quasi sempre associato a un eccesso di peso, è una delle prime cause di malattia renale cronica. Questo perché i diabetici sviluppano più di frequente malattie cardiovascolari e infettive che concorrono allo sviluppo di malattie renali”.  

Una dieta ipoproteica per chi ha già una malattia renale

Più che per la prevenzione, però, la nutrizione ha un ruolo importante nella gestione della malattia renale cronica. Assieme all’utilizzo di alcuni farmaci, la dieta è infatti considerata una vera e propria terapia nell’approccio che punta alla conservazione del rene. Ovvero in tutti quei pazienti con un’insufficienza conclamata, ma non ancora grave al punto da richiedere la dialisi o il trapianto dell’organo. Procedure sostitutive che è possibile rimandare anche di diversi anni o rendere meno frequenti – nel caso della dialisi – grazie a un’opportuna correzione delle abitudini alimentari. “La dieta va cucita su misura del paziente affetto da una malattia renale e adattata nel corso del tempo”, spiega Stefano Bianchi, già direttore dell’unità operativa complessa di nefrologia e dialisi della Asl Toscana Nordovest e appena eletto alla guida della Società Italiana di Nefrologia.

Dieta quasi vegetariana

“Nella terapia conservativa, occorre seguire un regime alimentare tendente al vegetarianesimo, ipoproteico (con un apporto di 0,3-0,7 grammi di proteine per chilo di peso corporeo, ndr) e a basso contenuto di sodio e di fosforo”. Gli alimenti di origine animale, ricordano gli esperti, vanno consumati con moderazione. Pesce e carni bianche sono eventualmente da preferire alle carni rosse. Più spazio va lasciato invece al macronutriente di origine vegetale: a partire dai legumi, con la soia in cima alla lista per l’alto valore biologico delle sue proteine. Per ridurne l’apporto complessivo, anche le fonti di carboidrati devono essere modificate. Via biscotti, pane, pasta, cracker e farine tradizionali a vantaggio dei prodotti aproteici, acquistabili in farmacia (sebbene con meccanismi di rimborsabilità differenti da una Regione all’altra).

Dai vegetali più benefici che rischi per la salute dei reni

Se c’è unanimità nella gestione delle fonti proteiche, la gestione della dieta in questi pazienti risulta più difficile per quel che riguarda i consumi di frutta e verdura. Da un lato da incentivare, poiché lo schema da seguire è quello mediterraneo: più spinto verso il vegetarianesimo. Dall’altro occorre tenere in conto la necessità di ridurre al minimo l’apporto di alcuni minerali – fosforo e potassio – che abbondano soprattutto nei prodotti vegetali.

Parliamo di cibi e non di veleni

Come conciliare allora le due esigenze? “Ai pazienti amo ripetere che parliamo sempre di cibi e mai di veleni – afferma Adamasco Cupisti, responsabile del programma di diagnosi e trattamento delle alterazioni metabolico-nutrizionali nella malattia renale cronica dell’azienda ospedaliero-universitaria di Pisa -. Questo vuol dire che anche l’alimento più rischioso, come in questo caso potrebbero essere le carni rosse e il parmigiano, può essere consumato in maniera occasionale senza particolari conseguenze. Considerando la necessità di dover limitare l’apporto di alimenti di origine animale, negli anni abbiamo trovato la formula per garantire un consumo adeguato di vegetali: in grado di garantire un adeguato stato di nutrizione, senza mettere a rischio i reni”.

Per ridurre l’intake di potassio – di cui sono ricchi tanto la frutta (kiwi, avocado, banana, ribes), quanto gli ortaggi (spinaci, cavolini di Bruxelles, finocchi, carciofi, indivia) e i legumi secchi (soprattutto fagioli, lenticchie e ceci) – è sufficiente lavare questi alimenti (soprattutto quelli che si desidera mangiare crudi), tagliarli a pezzetti e lasciarle in ammollo per qualche decina di minuti. Tra i vegetali, invece, il fosforo abbonda nella frutta secca e nei legumi. “Ma in quest’ultimo caso il fosforo lo troviamo sotto forma di fitato: così è molto meno assorbibile rispetto a quello che si trova nella carne”, aggiunge l’esperto. Molto importanti sono anche la conservazione e la cottura degli alimenti, grazie a cui è possibile decurtare del 30-40 per cento gli apporti di sodio, fosforo e potassio. “A questi pazienti si raccomanda il consumo di legumi e verdure perlopiù bolliti, al fine di ridurre l’apporto di sodio, potassio e fosforo dal piatto”, conclude Cupisti. Senza, naturalmente, recuperare l’acqua di cottura.



www.repubblica.it 2022-10-15 05:40:48

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