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Fibrodisplasia ossificante progressiva, ecco come si comporta la malattia

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È stato pubblicato su Genetics in Medicine il primo studio clinico che ha seguito per tre anni un gruppo di pazienti malati di fibrodisplasia ossificante progressiva, una malattia che colpisce il sistema scheletrico e causa la crescita incontrollata di tessuto osseo fuori sede. Si tratta della prima valutazione clinica globale della malattia per un periodo di tempo così lungo, e ha lo scopo di comprendere meglio come evolvono i sintomi, come progredisce in tutte le fasce d’età, e quali sono le conseguenze sulla vita e sulla disabilità dei pazienti. I risultati hanno mostrato che la malattia non si arresta lungo tutto il corso della vita ed è altamente invalidante, ma la maggior incidenza di nuove ossificazioni avviene durante l’infanzia e la prima età adulta. 

Cos’è la fibrodisplasia ossificante progressiva

La fibrodisplasia ossificante progressiva è una malattia genetica ultra-rara che colpisce poco più di una persona ogni milione di individui. Compare in età infantile, infatti l’età media alla diagnosi è 5 anni, ed è una malattia progressiva che può condurre a invalidità e ridurre anche di molto le aspettative di vita di chi ne soffre. In generale si manifesta con delle crescite ossee fuori dal sistema scheletrico, sia nelle articolazioni che nei tessuti molli (ossificazioni eterotopiche), dolorose, irreversibili e che possono riacutizzarsi nel tempo. Gli episodi di riacutizzazione, in cui si presentano nuovamente almeno due sintomi fra dolore, gonfiore, arrossamento, calore, rigidità articolare e riduzione dell’ampiezza di movimento, contribuiscono alla formazione di nuove ossificazioni. La maggior parte dei pazienti necessita della sedia a rotelle entro i 20 anni e non è autonomo nelle attività di tutti i giorni.

 

Tre anni di progressione della malattia

Allo studio hanno partecipato 114 persone fra i quattro e i 56 anni, divise in otto centri internazionali. L’età media era 15 anni, erano prevalentemente maschi e per 33 di loro è stato possibile completare tutto il periodo di 36 mesi di osservazione. Tutti i partecipanti presentavano malformazioni dell’alluce e circa la metà aveva malformazioni del pollice all’inizio dello studio, e due terzi (66,7%) ha riportato almeno un episodio di riacutizzazione durante il monitoraggio. “Gli studi di storia naturale sono fondamentali per la comprensione delle malattie ultra-rare con elevati bisogni non soddisfatti, come la fibrodisplasia ossificante progressiva, e ci consentono di approfondire la conoscenza dello sviluppo della malattia, della diagnosi, delle tecniche di monitoraggio, dei potenziali biomarcatori e dei parametri di misurazione dei risultati”, spiega Robert Pignolo, Professore di Medicina Geriatrica alla Mayo Clinic, negli Stati uniti. “È il primo studio di questo tipo che segue la progressione della fibrodisplasia ossificante progressiva per tre anni. Questi risultati confermano l’impatto significativo della malattia sulle persone che ne sono colpite. Inoltre, faciliterà la valutazione degli obiettivi significativi da utilizzare nello sviluppo delle nuove terapie, fortemente necessarie per i pazienti”.

Durante il periodo, la progressione delle ossificazioni eterotropiche è stata valutata attraverso la tomografia computerizzata total body al momento dell’arruolamento, e in seguito a 12, 24, e 36 mesi. Nei pazienti che hanno riportato almeno due sintomi riconducibili a riacutizzazioni (fra quelli elencati sopra), lo studio prevedeva anche una valutazione clinica mediante una tomografia computerizzata o una radiografia il giorno stesso e circa 12 settimane dopo, per valutare se l’estensione delle ossificazioni fosse cambiata nell’area colpita.

La malattia progredisce di più fra i più giovani

I risultati hanno dimostrato che, dopo 36 mesi, i pazienti studiati riportavano 2,6 nuove ossificazioni in media: di più (circa 3,9) se avevano un’età compresa tra i 2 e gli 8 anni, e un po’ meno (1,5) tra i 25 e i 65 anni. Indipendentemente dall’età, comunque, il 70% dei pazienti ha continuato ad accumulare nuove ossificazioni per tutta la durata dello studio. Questi dati confermano la natura progressiva della malattia, che procede accumulando ossificazioni a partire dalla zona superiore del corpo (spalle e busto), per poi estendersi nelle zone inferiori (nelle anche e nelle gambe).

Anche le riacutizzazioni sembrano essere più probabili durante l’infanzia, fra i 2 e gli 8 anni. In generale, comunque, sono stati registrati 229 casi in 82 persone, più comunemente nella parte alta della schiena (17,9%), nell’anca (14,8%) e nella spalla (10,9%). Tra coloro che hanno sviluppato riacutizzazioni i sintomi più comuni sono stati dolore e gonfiore dei tessuti molli, e gli esami di imaging hanno rivelato la presenza di ossificazioni al momento della comparsa dei sintomi, e nella maggior parte dei casi anche durante le 12 settimane seguenti.

Conseguenze nella vita di tutti i giorni

Oltre alla progressione della malattia, lo studio si è anche concentrato nel valutare i cambiamenti nella funzionalità delle articolazioni colpite dalle ossificazioni, l’aumento della necessità di assistenza e il bisogno di avere dispositivi di assistenza e adattamento. Tutte queste condizioni hanno mostrato di aggravarsi in corrispondenza dell’aumento di ossificazioni, e nove persone su dieci hanno avuto bisogno di nuovi dispositivi di assistenza durante lo studio. I dati di tomografia computerizzata total body eseguiti nel corso dei tre anni hanno confermato che il volume di nuove ossificazioni per anno è un parametro clinicamente significativo che può essere utilizzato negli studi clinici interventistici. “Essendo la fibrodisplasia ossificante progressiva una malattia ultra-rara, dobbiamo ancora comprendere molto della sua natura e della progressione”, dichiara Howard Mayer, a capo del dipartimento di ricerca e sviluppo dell’azienda biofarmaceutica Ipsen, che ha collaborato allo studio. “Questo primo studio, realizzato in un periodo di 3 anni, ci ha aiutato a progredire nella conoscenza delle caratteristiche importanti della malattia, inclusa la probabilità del verificarsi di nuove ossificazioni in relazione all’età e la loro progressione nel tempo, oltre comprendere meglio la relazione tra l’utilizzo di dispositivi di assistenza e adattamento e la mobilità articolare dei pazienti. Siamo grati al numero significativo di persone colpite da fibrodisplasia ossificante progressiva che hanno partecipato a questo importante studio”.



www.repubblica.it 2022-10-17 15:34:23

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