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Tumore al seno, in Lombardia 8 pazienti su 10 accedono ai test genomici

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Otto pazienti con un tumore al seno su dieci che vivono in Lombardia accedono gratuitamente ai test genomici, qualora sia necessario eseguirli. Parliamo di test che, in alcuni casi specifici, possono aiutare i medici a capire se la chemioterapia è necessaria o evitabile. Si stima che nel corso del 2022 in Lombardia ne saranno eseguiti in tutto circa 1.500 sui 1.800 potenzialmente rimborsabili, ossia oltre l’80%. E questa percentuale fa della Lombardia un esempio da seguire da parte di altre regioni in cui, invece, il sistema ancora non riesce a sfruttare a pieno i fondi stanziati proprio per garantire l’accesso ai test genomici: in media, in Italia, la percentuale è del 40%. I numeri emergono dal convegno “Oncotype DX Test: un punto fermo nell’evoluzione del sistema sanitario”, che si è tenuto ieri a Milano nel palazzo della Regione, a cui hanno partecipato rappresentanti dei clinici e delle associazioni di pazienti.

Il primato della Lombardia

Il primato della Lombardia si deve a diversi fattori a partire dal fatto che la Regione ha reso gratuiti i test fin dal 2019. “La Lombardia è stata la prima Regione del nostro Paese che ha rimborsato i test genomici ben prima della creazione del fondo nazionale istituto a fine 2020 – afferma Daniele Generali, Direttore della Struttura complessa Multidisciplinare di Patologia Mammaria e Ricerca Traslazionale dell’ASST di Cremona: “Si tratta di un esempio virtuoso di welfare regionale che ha un impatto positivo sulla vita di migliaia di donne e famiglie”.

I test genomici

Il test genomico è indicato per le pazienti con un tumore al seno in stadio iniziale che sia responsivo agli ormoni femminili (che rappresenta circa il 60% dei casi di cancro al seno) e che sia considerato a “rischio intermedio” di ripresentarsi o dare metastasi. Per loro, la chemioterapia non è sempre necessaria: “In questi casi, la scelta di una terapia adiuvante appropriata è una sfida particolarmente difficile”, spiega Giancarlo Pruneri, Direttore del Dipartimento di Patologia – Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano: “Noi anatomo-patologi possiamo aiutare il team multidisciplinare a scegliere la cura migliore possibile per ciascuna paziente, e che presenta minori effetti collaterali. I tradizionali parametri clinico-patologici non sempre si rivelano adeguati per identificare quelle donne che possono realmente beneficiare della chemioterapia. I test genomici diventano quindi uno strumento di lavoro efficace, affidabile e che presenta grandi benefici per tutti. Ogni giorno perso equivale a chemioterapie fatte inutilmente”.

Fino al 75% di chemioterapie in meno

Secondo gli esperti, ottimizzare e personalizzare i trattamenti anti-cancro devono essere due priorità: “Con i test genomici possiamo ridurre fino al 75% il ricorso alla chemioterapia adiuvante, limitando così tossicità alle malate e costi per le terapie ai vari sistemi sanitari regionali”, sottolinea Alberto Zambelli, professore associato di Oncologia medica all’Humanitas University: “Nonostante questi dati importanti, l’utilizzo dei test genomici è ancora basso, soprattutto in alcune Regioni. In totale sono oltre 10mila le pazienti in tutta la Penisola che potrebbero usufruire dei test, mentre attualmente ne sono stati svolti poco più di 4.000”.

Il nostro sistema sanitario nazionale – prosegue Zambelli – è arrivato in grande ritardo all’uso dei test genomici. In diversi Paesi occidentali, infatti, sono introdotti da oltre dieci anni. E far rientrare i test genomici nei LEA (Livelli essenziali di assistenza) sarebbe auspicabile. Esiste poi un’inerzia del sistema che deve essere superata, conclude il medico: “Per far arrivare tempestivamente l’esito dell’esame è possibile ricorrere a soluzioni e procedure in grado di accelerare i tempi di attesa. E’ il caso della richiesta standardizzata del test genomico, che deve essere avviata in base al giudizio multidisciplinare”.



www.repubblica.it 2022-10-25 11:11:15

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