Tutte le notizie qui
Backaout
Backaout

Medicina personalizzata e Big data, le due vie per la sostenibilità

20

- Advertisement -


L’emergenza pandemica ha lasciato il segno, nei comportamenti individuali e sociali. E anche le parole hanno assunto nuovi significati. E’ il caso di un termine usato ed abusato, sostenibilità, che alla luce degli ultimi due anni è stato declinato in modo differente nei diversi ambiti. “Il concetto di sostenibilità riferito al sistema salute ha subito una trasformazione profonda, soprattutto quando viene coniugato con quello di innovazione”, dice infatti Francesco Frattini, Segretario generale di Fondazione Roche, intervenendo alla presentazione dello Human Report di AdStore, a Parma nei giorni scorsi.

Prove di sostenibilità, dal “pay per performance” al “risk sharing”

All’inizio del Duemila, i due termini sembravano inconciliabili. “E’ accaduto quando sono emerse soluzioni terapeutiche fortemente innovative, come gli anticorpi monoclonali, farmaci destinati ai bisogni medici insoddisfatti in settori della medicina come l’oncologia, le malattie croniche neurodegenerative e così via”, continua Frattini. Farmaci che cominciavano a pesare sui sistemi sanitari, soprattutto in Italia dove il Servizio pubblico fornisce gratuitamente al cittadino i medicinali essenziali. Così, l’ingresso di queste nuove classi di farmaci ha cominciato a mettere sotto stress i conti. Ma si tratta davvero di concetti antinomici? “Era necessario trovare un punto di incontro: il settore pubblico e quello privato, cioè il pagatore da una parte e l’industria dall’altro, dovevano trovare un modo di conciliare i due mondi. Perché l’innovazione è necessaria per rispondere ai bisogni del cittadino, ma deve essere sostenibile. Per questo – continua il Segretario Generale di Fondazione Roche – l’industria ha sviluppato, di concerto con le agenzie regolatorie nazionali, dei modelli per rendere l’innovazione più sostenibile. Parlo per esempio degli accordi di pay per performance, di risk sharing, sistemi in grado di suddividere equamente il peso dell’innovazione sulle spalle del servizio sanitario nazionale, ma anche su quelle dell’industria”.

La via della medicina personalizzata per ridurre i costi

Inutile nascondersi, dice Frattini, che l’inconciliabilità tra i due concetti potrebbe acuirsi dato l’invecchiamento della popolazione e i costi crescenti dell’innovazione prodotta dall’industria: un futuro cui dobbiamo arrivare preparati. E la parola chiave è medicina personalizzata. Questa, continua, è l’unica strada per ridurre gli sprechi del Servizio Sanitario nazionale, garantendo che al paziente venga prescritto e somministrato un farmaco in grado di rispondere al suo bisogno terapeutico e al suo quadro patologico. Se fino a qualche anno fa questo era solo un obiettivo, oggi in campo oncologico questo approccio è una realtà, grazie ai progressi della diagnostica. Recentemente, anche nel settore delle neuroscienze si stanno facendo progressi in questo senso, individuando marker e recettori che permetteranno all’industria di disegnare il farmaco più adatto ai diversi bisogni.

Il futuro nei Big data

Il ruolo di una fondazione d’impresa come Fondazione Roche è allora quello di contribuire alla creazione di un ecosistema che favorisca il progresso verso l’obiettivo della medicina personalizzata, per esempio cercando di favorire al massimo la collaborazione pubblico/privato. “E’ ormai chiaro che per trovare i “magic bullets”, in grado di agire in modo mirato sulla malattia del paziente, sono necessarie molte e variegate conoscenze: non soltanto quelle prodotte dall’industria, ma anche quelle prodotte dal Servizio Sanitario Nazionale. Sono quelle relative ai dati di salute, i cosiddetti Big Data”, spiega il Segretario Generale di Fondazione Roche. Una gigantesca miniera di informazioni presenti sulle piattaforme degli ospedali e delle aziende sanitarie, che se fossero messe a disposizione di chi fa ricerca, sia nel pubblico che nel privato, consentirebbero grandi passi avanti nella comprensione delle malattie e nella definizione di nuove strategie terapeutiche. “L’accesso ai Big Data consentirebbe di unire i modelli teorici prodotti dall’industria alle evidenze del real world, cioè all’esperienza del paziente trattato”, dice Frattini. Un accesso che però è limitato dai vincoli della privacy. Limiti che si potrebbero superare, come dimostra l’esperienza di Israele durante la pandemia: a fronte della fornitura di vaccini a condizioni vantaggiose, il Governo ha messo a disposizione i dati alle aziende che li avevano sviluppati.

Collaborazioni pubblico-privato: il ruolo delle fondazioni d’impresa

“Implementare il rapporto tra il settore pubblico e l’industria è al centro dell’Agenda di Fondazione: alla fine dello scorso anno, ricorda Frattini, insieme alla Federazione delle Associazioni dei Dirigenti Ospedalieri Internisti (FADOI) abbiamo prodotto un libro bianco sulla collaborazione in ricerca biomedica, per testimoniare che se c’è la volontà si possono vincere difficoltà e pregiudizi”. E’ vero, la pandemia ha spinto il piede sull’acceleratore: “Insieme all’agenzia regolatoria AIFA, abbiamo sviluppato a tempo di record uno studio clinico per testare l’efficacia di un farmaco in grado di controllare la fase acuta dell’infiammazione. Ma servono ulteriori passi in avanti: a breve pubblicheremo un volume sul futuro ruolo dei dati in sanità, esplorando il tema da tutte le possibili angolature: privacy, etica, diritto e uno sguardo alle esperienze virtuose di altri paesi. Questo è il nostro ruolo in quanto fondazione d’impresa: parlare di innovazione e sostenibilità significa offrire strumenti e conoscenza”.



www.repubblica.it 2022-11-04 16:37:23

This website uses cookies to improve your experience. We'll assume you're ok with this, but you can opt-out if you wish. Accept Read More