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Tumore del rene: Aifa approva una nuova associazione

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Ora i pazienti con un carcinoma a cellule renali avanzato (aRCC) possono contare su un’altra chance di cura. L’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) ha, infatti, approvato la rimborsabilità dell’associazione di nivolumab e cabozantinib per il trattamento in prima linea di pazienti adulti con carcinoma a cellule renali avanzato. L’associazione di un farmaco immunoncologico (nivolumab) con una terapia mirata (cabozantinib) diventa così disponibile in questa neoplasia nel nostro Paese. Nel nostro paese, attualmente, la sopravvivenza mediana a 5 anni per questa patologia neoplastica per tutti gli stadi è del 70% e circa 144.000 persone convivono con una diagnosi di carcinoma a cellule renali avanzato.

Bassa sopravvivenza nella malattia metastatica

Ad aprile 2021 la Commissione Europea aveva approvato questo nuovo regime in base ai risultati dello studio di fase III CheckMate-9ER, che ha dimostrato la superiore efficacia dell’associazione rispetto a sunitinib per i tre endpoint chiave: la sopravvivenza globale, la sopravvivenza libera da progressione e il tasso di risposta obiettiva. “L’introduzione di innovative terapie mediche ha migliorato radicalmente il trattamento del carcinoma renale nell’ultimo decennio”, spiega Carmine Pinto, direttore dell’Oncologia Medica, Comprehensive Cancer Centre, AUSL-IRCCS di Reggio Emilia e Presidente della Federation of Italian Cooperative Oncology Groups (FICOG). Purtroppo, nella malattia metastatica la percentuale di sopravvivenza a 5 anni si attesta al 12-15%; in questo contesto, studi clinici e ricerche traslazionali, che combinano immunoterapia con farmaci biologici, stanno producendo rilevanti risultati finalizzati sia ad una modulazione del trattamento sulla base di caratteristiche biologiche e cliniche che ad un aumento dell’attività del trattamento, che vuole tradursi insieme in un miglioramento della sopravvivenza e della qualità di vita. Abbiamo ora a disposizione una nuova opzione terapeutica che, come dimostrato dallo studio CheckMate-9ER, oltre ai positivi risultati in termini di efficacia (OS, PFS e ORR), riduce il rischio di deterioramento della qualità di vita nei pazienti trattati”.

Il bisogno di nuove terapie

L’approvazione si basa sui dati dello studio di fase 3 CheckMate-9ER, pubblicati sul New England Journal of Medicine. I dati dello studio indicano che cabozantinib in associazione con nivolumab ha raddoppiato il tasso di sopravvivenza libera da progressione mediana e ha significativamente migliorato il tasso di sopravvivenza globale e la probabilità di ottenere un controllo della malattia. “È continuo il bisogno di nuove terapie che mostrino un beneficio in diversi sottogruppi di pazienti con carcinoma a cellule renali avanzato – spiega Giuseppe Procopio, Responsabile Oncologia Medica Genitourinaria Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano -. Nel tumore renale la chemioterapia e la radioterapia sono risultate, da sempre, poco efficaci e il loro utilizzo è scarso. Il trattamento di elezione per la malattia localizzata è rappresentato dalla chirurgia, conservativa quando possibile. Oltre il 50% dei pazienti con malattia in fase precoce guarisce. Però il 30% arriva alla diagnosi già in stadio avanzato e, in un terzo, la malattia può recidivare in forma metastatica dopo l’intervento chirurgico. Storicamente, la sopravvivenza a 5 anni nella malattia avanzata o metastatica non superava il 13%”.

Lo studio CheckMate-9ER

CheckMate-9ER è uno studio in aperto, randomizzato, multicentrico, di fase 3, che ha valutato pazienti con carcinoma a cellule renali avanzato (aRCC) o metastatico non precedentemente trattato con una terapia sistemica. In totale, 651 pazienti (23% a rischio favorevole, 58% a rischio intermedio, 20% a rischio sfavorevole; 25% con PD-L1≥1%) sono stati randomizzati a ricevere nivolumab più cabozantinib (n=323) oppure sunitinib (n=328). L’endpoint primario dello studio è la sopravvivenza libera da progressione (PFS). “Nello studio CheckMate -9ER nivolumab in associazione con cabozantinib, un inibitore tirosin-chinasico, a un follow up mediano di due anni, ha ridotto il rischio di morte del 30% rispetto a sunitinib – continua Procopio. Inoltre, la sopravvivenza libera da progressione mediana, endpoint primario dello studio, è raddoppiata rispetto ai pazienti che hanno ricevuto solo sunitinib (17 mesi vs 8,3 mesi), così come il tasso di risposta oggettiva (55,7% vs 28,4%). In un’analisi esplorativa, l’associazione è stata correlata a un tasso di controllo della malattia, che includeva risposta completa, risposta parziale e malattia stabile, dell’88,2% rispetto al 69,9% con sunitinib”.

La tollerabilità

Un altro elemento fondamentale è il buon profilo di tollerabilità di questa terapia di associazione. “Cabozantinib crea un microambiente tumorale che rende più efficace l’azione dell’immunoterapia, consentendo un’attività antitumorale sinergica in associazione con nivolumab. I dati di CheckMate -9ER contribuiscono a rafforzare il valore dell’associazione di nivolumab e cabozantinib in prima linea per i pazienti per cui viene scelto il regime costituito dall’immunoterapia con un inibitore di tirosin-chinasi”, aggiunge Procopio.

ll punto di vista dei pazienti

Il carcinoma a cellule renali (RCC) è il più comune tipo di tumore del rene negli adulti, che conta più di 431.000 nuovi casi e 179.000 morti nel mondo ogni anno. Il carcinoma a cellule renali è circa due volte più comune negli uomini che nelle donne, con i più alti tassi di malattia in Nord America e in Europa. “Siamo felicissimi che l’Ente regolatorio abbia finalmente approvato la rimborsabilità di questa nuova opzione terapeutica in prima linea che si va ad aggiungere a quelle recentemente approvate e che ampliano di molto il panorama delle possibilità di cura per il carcinoma a cellule renali avanzato”, commenta Tonia Cinquegrana, Presidente ANTURE (Associazione Nazionale tumore del rene). “Per questi risultati, dobbiamo ringraziare la ricerca scientifica, ma anche tutti i pazienti che accettano di partecipare ai trials, per sé stessi e per gli altri. Sono però ancora numerose le sfide da affrontare per migliorare le prospettive di cura, a cominciare dalla necessità di incrementare le diagnosi precoci. Vi è poi un problema di qualità di vita, durante e dopo le cure, che deve essere sempre garantita. È molto importante per noi sapere che i pazienti, trattati con l’associazione nivolumab e cabozantinib, abbiano riportato, oltre ad un prolungamento della sopravvivenza, miglioramenti significativi della loro qualità di vita”.

 

 

 



www.repubblica.it 2022-11-07 15:14:52

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