Tutte le notizie qui
Backaout
Backaout

Maternità, quel divario fra aspettative e realtà

27

- Advertisement -


Figli si nasce, madri si diventa. Se è vero come è vero che ognuno di noi ha preso forma dentro un ventre di donna, non è scontato che tutte le “proprietarie” di quelle pance si siano poi rivelate mamme perfette, o quantomeno adeguate al ruolo acquisito. Ma, in fondo, che cosa significa essere una madre “adeguata”? Il concetto suona stonato già in partenza. 

La maternità ha un “prima”, un “durante” e un “dopo”

Nel diventare madri, c’è un “prima” che accoglie la spinta emotiva, il desiderio, l’urgenza di concepire e dare alla luce una creatura. Un sentire che è fortissimo in molte, ma che non è presente in ogni persona di sesso femminile. C’è chi non l’ha mai provato e si è tenuta ben lontano da questo scenario, senza sentirsi sminuita nel proprio essere donna, completa e magari anche realizzata.

Le aspettative durante la gravidanza

Maternità significa poi quel “durante”, la fase in cui il desiderio/progetto si mette in moto, con un rapporto sessuale per le coppie più fortunate, o attraverso un complicato, doloroso e costoso percorso per quanti si scoprono in difficoltà nel riuscire a concepire e ricorrono ai metodi di procreazione assistita.

Arriva la gravidanza e assieme ad essa, una montagna di aspettative per colei che porta in grembo la nuova vita. Terreno minatissimo. Perché tutto ciò su cui si è fantasticato, andrà poi a scontrarsi, una volta venuto al mondo il figlio, con una realtà fatta anche di fatica fisica, frustrazione, sensi di colpa, malinconia. Un mix di pesi, ma anche di gioie stratosferiche, certo.

Ed è con quel vortice di sensazioni ambivalenti che si entra nell’ultimo capitolo del percorso: il “dopo”. L’essere ormai madre a tutti gli effetti e per sempre, il doversi confrontare giorno dopo giorno con un essere umano venuto fuori dalla propria carne e da una personalissima scelta. La consapevolezza di rappresentare per qualsiasi platea (famiglia, società, partner), la figura di riferimento principale per quell’essere vivente.

La realtà diversa dall’attesa: in un libro i diversi approcci alla maternità

L’International Journal of Qualitative Studies on Health and Well-being, ha preso in esame cinque diversi studi sul divario fra le aspettative pre-maternità e i comportamenti delle puerpere nella realtà successiva al parto. Sono emerse evidenze di come molte donne avessero sperimentato sensazioni profondamente diverse rispetto alle attese una volta avuto in braccio il nuovo nato.

Alcune si meravigliavano di provare perfino “indifferenza” nei confronti del piccolo. E questo, nonostante il desiderio di arrivare a quel momento, le avesse in precedenza pervase a livelli intensissimi.

La dottoressa Beatrice Corsale, psicologa e psicoterapeuta, docente AIAMC per la specializzazione in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale, ha voluto approfondire il tema del gap fra aspettative e delusioni nell’ambito della maternità. Si è addentrata nei molteplici studi internazionali raccolti facendo un passo in più, dedicandosi cioè all’analisi del complesso percorso delle PMA, nel quale le future mamme sono gravate non soltanto delle incognite legate all’arrivo di un figlio, ma anche appesantite da un senso di fallimento e inadeguatezza per il mancato concepimento per via naturale.

Nel 2021, Corsale ha pubblicato con Erikson, il libro “Invidia del pancione” e sul tema dell’infertilità terrà il 17 novembre a Milano la conferenza dal titolo “Calma e gesso” aperta al pubblico presso il centro Giovani Coppie san Fedele in piazza san Fedele 4. 

Dottoressa Corsale, è possibile che una donna desideri tanto una gravidanza e poi, appena diventata madre, ne rifiuti l’idea?

“Sebbene difficilmente si verifichi un passaggio emotivo così estremo, può capitare che una gravidanza e una maternità a lungo cercate e desiderate siano anche idealizzate, non solo dalla madre ma dal contesto familiare e sociale in cui si trova, come se la maternità fosse caratterizzata esclusivamente da serenità e appagamento. Può accadere perciò che, divenuta madre, la donna si scontri con la realtà non considerata prima, fatta anche di momenti di stanchezza, di assenza di tempo per sé e di stati affettivi non soltanto positivi. In situazioni di difficoltà è bene che la madre e i genitori, in genere, cerchino aiuto e che, a sua volta, famiglia e società siano di supporto alla madre e alla coppia genitoriale, senza giudicarle”.

Da cosa dipendono le principali difficoltà di adattamento al ruolo materno?

“Le difficoltà di adattarsi al ruolo materno sono legate anche all’ambivalenza tra emozioni o interessi contrapposti. Esiste anche nelle madri nei confronti dei propri figli. Sebbene se ne parli poco, madri e padri provano per i figli sia emozioni positive sia emozioni negative. Desiderano trascorrere del tempo con il bambino, ma allo stesso tempo, soprattutto le madri, sentono mancare il tempo per sé. Vogliono bene al figlio, ma a volte si sentono tristi o frustrate per la mancanza della vita che facevano prima della maternità. La coesistenza di sentimenti e di desideri contrastanti per il proprio figlio è talvolta mal tollerata dalle madri in particolare, soprattutto quando hanno specifiche aspettative sulla maternità e aspirano a raggiungere l’ideale della ‘brava mamma’.”

In questa fase che cosa accade nella mente della madre?

“Queste donne talvolta possono chiedersi se diventare madre sia stata la scelta giusta per loro o se, invece, non avrebbero fatto meglio a rinunciare ad avere un figlio, constatando, non senza biasimarsi, di desiderare anche soddisfazioni diverse da quelle di crescere un bambino. La donna può sentire di non essere una ‘brava mamma’ poiché non corrisponde al suo ideale di madre o al modello di madre apprezzato dal contesto in cui ella si trova”.

Le emozioni ambivalenti e in contrasto fra loro nascono in ogni genitore?

“Vivere emozioni talvolta contrastanti e sentirsi ambivalenti rispetto a scelte complesse che sono state fatte è una condizione comune, normale e legittima che nulla toglie all’essere una madre affettuosa, sensibile e adeguata nel rispondere alle necessità del figlio.

Si tratta di una madre reale, che può sentirsi stanca e che può desiderare di avere del tempo per sé. Una mamma con questi desideri è una persona reale, diversa dall’ideale della madre perfetta, sempre felice, appagata dal ruolo materno e mai stanca. La madre perfetta, indicata talvolta dal contesto familiare e socioculturale come modello da emulare, tuttavia, è solo un mito. Una madre che vive momenti di stanchezza e che, ogni tanto, rimpiange la sua vita prima della maternità può sentirsi molto sconfortata e colpevole se si confronta con l’ideale di madre perfetta”.

È salutare per una genitrice analizzare se stessa e auto giudicarsi nel suo ruolo di mamma?

“Quando le emozioni negative passeggere nei confronti del figlio o i fugaci dubbi sulla maternità sono rifiutati o, addirittura, condannati dalla madre stessa o dal contesto familiare o socioculturale in cui vive, la madre può sentirsi isolata e provare un profondo dolore”.

“La spinta ad essere madri perfette porta all’erronea convinzione che le madri non solo debbano essere sempre completamente efficienti nei confronti dei propri figli ma che debbano farlo sentendosi costantemente felici e disponibili a quell’impegno. Al contrario, i possibili e comuni sentimenti di tristezza temporanei, un leggero sconforto o la stanchezza possono essere interpretati dalla madre o dalle persone a lei vicine come un atteggiamento inadeguato, non appropriato per una ‘brava mamma’. Da qui possono nascere sentimenti di colpa, di autosvalutazione e di disprezzo nei propri confronti”.

Quanto incide nell’avvio del rapporto madre-bambino, la depressione post-partum?

“Il modello biopsicosociale della Depressione Post partum descritto dall’équipe di psicologi australiani guidata da Jeanette Milgrom indica che, insieme alle emozioni considerate positive e piacevoli, anche la tristezza e lo scoraggiamento fanno parte delle emozioni che le madri sperimentano comunemente. Quando tali emozioni o il desiderio di avere un po’ di tempo per sé sono considerati inappropriati dalla madre o dal suo contesto familiare o sociale può prendere avvio un circolo vizioso di pensieri ed emozioni negativi da cui la madre ha difficoltà a uscire”.

“Studi internazionali indicano quanto l’aspirazione al modello della madre perfetta e il rifiuto dell’ambivalenza emotiva nei confronti dei figli esponga le madri ad un peggioramento del benessere psicologico. La rigida aspirazione ad essere una madre perfetta da parte della donna, le aspettative scorrette circa la maternità o l’eccessiva pressione verso il modello della ‘brava mamma’ da parte della famiglia o del contesto sociale possono concorrere anche a favorire nella madre l’insorgenza di una psicopatologia tra cui il disturbo post partum o il disturbo ossessivo compulsivo ad esordio posto partum”.

Esistono ancora condizionamenti sociali o familiari nei confronti della donna che è diventata mamma?

“Le donne sono generalmente sottoposte precocemente ad una visione ambivalente della maternità. Da bambine e ragazzine sono spesso incoraggiate a fare giochi con le bambole o in generale instradate a prendersi cura di qualcuno, suggerendo che un giorno potranno prendersi cura del proprio figlio o figlia. Tale messaggio di incoraggiamento alla maternità vira decisamente al contrario quando la ragazzina cresce e la si mette comprensibilmente in guardia da gravidanze premature. Tuttavia sembra che il tempo per le gravidanze premature sia indefinito. Le donne europee e italiane in particolare, diventano madri tardi, biologicamente parlando. È di questi giorni il dato che indica che l’età media delle primipare in Italia è di 33 anni, in costante crescita”.

Come mai questo “ritardo” nello scegliere la via della maternità?

“Molte donne ultratrentenni ritengono che non sia ancora tempo di scegliere se diventare madre o meno, spesso per il timore o per l’impossibilità di trovare un lavoro adeguato. Non si dirà che durante i colloqui di selezione, talvolta svolti da altre donne, la candidata si sente rivolgere domande circa la propria vita privata, l’intenzione di avere figli, se non direttamente il monito a non averne se intende ottenere il posto di lavoro.

Al contesto sociale complesso si aggiunge, come risulta anche da un documento del Ministero della Salute (Progetto Nazionale Fertilità del 2018), una generale sopravvalutazione da parte di uomini e donne dell’età fertile sia maschile sia femminile. Tali convinzioni scorrette possono orientare uomini e donne a compiere scelte sulla genitorialità senza tenere in debito conto la fisiologia e la biologia corrispondente alla propria età”.

Quali conseguenze avrà questo slittamento in avanti delle tempistiche ideali stabilite dalla natura?

“Le donne si trovano sempre più spesso a desiderare un bambino in un’età in cui la fertilità è ridotta. Come spiego nel libro ‘Invidia del pancione’, il sogno della maternità in questa fase è spesso accompagnato da emozioni ambivalenti che comprendono l’impazienza per la maternità, il timore di non diventare madre, la paura dei cambiamenti legati alla maternità e l’invidia per chi è già madre”.

“Quando il desiderio di maternità si realizza, spesso le donne si sentono spinte a fermare tutto: lavoro, impegni personali e gratificazioni diverse da quelle di crescere un figlio. Il paradosso è che fino a pochi anni prima la donna, ora madre, era spinta a privilegiare obiettivi di studio e di carriera, con un invito a rimandare il più possibile una eventuale maternità”.

“Ora che è madre, magari sfiorando i quarant’anni, la donna avverte una pressione affinché si dedichi alla maternità e riservi al figlio ogni amorevole cura, ogni momento del proprio tempo, a costo di notevoli sacrifici. Come se la scelta o il fatto di essere diventata madre negasse d’improvviso alla donna di essere una persona con propri desideri, diritti e emozioni”.

Cambia anche il rapporto della donna-mamma rispetto al lavoro?

“Nel corso della mia attività di terapeuta ho incontrato madri che si sentivano in colpa non solo perché nutrivano ancora legittime aspirazioni nel lavoro o in ruoli differenti da quello di madre ma anche per avere il desiderio di uscire ogni tanto con un’amica, di ballare, di avere un momento per sé anche soltanto di fare una doccia con calma o di leggere un libro. Per molte donne diventa difficile riprendere o investire in una strada lavorativa. Tale difficoltà è accentuata dal fatto che, fino alla vigilia della maternità, la famiglia e la società hanno spinto la donna a impegnarsi e ad affermarsi in ambiti a cui, ora che la donna è diventata madre, il contesto socioculturale non sembra più dare rilievo”.

Per chi osserva dall’esterno la neo-mamma quali segnali deve cercare per capire che quel ruolo è vissuto in modo sereno ed equilibrato?

“Una madre ‘adeguata’ è una donna che fa parte della diade madre-bambino e di un sistema più ampio in cui riceve supporto dall’altro genitore, prima di tutto, e dal sistema familiare e sociale. É bene che ci siano cure rivolte al neonato ma è bene anche che la madre non dimentichi se stessa, come persona. Annullarsi per il proprio figlio porta, un po’ per volta, a non avere risorse né per sé né per il figlio”.

“A questo proposito giova ricordare che le procedure di sicurezza sugli aerei prevedono che, in caso di necessità, sia il genitore a indossare per primo la maschera dell’ossigeno e che, soltanto a quel punto, possa aiutare il figlio a indossare la maschera a sua volta. Questo è solo un esempio per ricordare che per poter prendersi cura di qualcuno bisogna anzitutto avere cura di sé, a partire dalle prime necessità. Una madre che si trascura eccessivamente, nelle necessità personali, può non avere sufficienti risorse per accudire il figlio in modo adeguato”.

Quali possono essere i danni sui figli quando una mamma vive come un peso la sua maternità?

“La maternità, come molte altre condizioni di vita, è caratterizzata da molte sfaccettature emotive e da pensieri e sentimenti talvolta contraddittori, una madre che non si aspetti tale varietà di sensazioni potrebbe finire per credersi inadeguata e incapace di gestire il proprio bambino. Tale senso di inadeguatezza può portare la donna a essere meno responsiva nei confronti del figlio, ad avere difficoltà ad entrare in sintonia con lui o con lei fino a interferire con la sua crescita psicologica, a prendersene cura in modo insufficiente fino a sconfinare nel maltrattamento. Quando il figlio avverte che il genitore non è adeguatamente accudente, si può verificare l’attaccamento invertito, un fenomeno patologico in cui il figlio si responsabilizza e accudisce il genitore, elargendo protezione e cure, pur di sentirsi amato”.

Il non esprimersi al meglio nel ruolo di mamma può dipendere anche dal tipo di figlio che si ha di fronte? 

“Come gli adulti, anche i bambini sono diversi tra loro. Taluni sono più vivaci, altri meno, taluni si adattano più facilmente ai ritmi familiari e altri meno. Quando le caratteristiche del bambino sono più distanti dalle aspettative dei genitori o quando ci si aspetta in modo rigido che il bambino si comporti in un modo o in un altro, si genera un clima di continue incomprensioni che rende più complicata la relazione genitore-figlio. In questi casi i genitori possono trovarsi in difficoltà nel proprio ruolo, soprattutto il genitore che dedica più tempo al figlio. Il temperamento del figlio può influenzare le interazioni madre-figlio. Sebbene sia ovvio che il punto di vista dei bambini è molto distante da quello degli adulti, questa considerazione a volte è dimenticata e gli adulti, a partire da mamma e papà”.

“I genitori a volte interpretano il comportamento del figlio secondo gli schemi di riferimento propri degli adulti. Ricordo un ragazzo che mi riferì di essere rimasto molto dispiaciuto per i rimproveri ricevuti dalla madre quando, all’età di cinque anni, aveva lanciato in aria dei biscotti, in soggiorno, per festeggiare una bella notizia. Si era meravigliato del fatto che la madre non stesse festeggiando con lui allo stesso modo ma lo stesse rimproverando per qualcosa di cui non comprendeva il motivo. Questo è solo un esempio di quanto la visione di una situazione da parte dei bambini e degli adulti possa essere diversa e di quanto possa essere difficile comprendersi trovandosi in posizioni così distanti”.

Entrare dunque in sintonia con il figlio?

“Sebbene un difficile temperamento del figlio sia arduo da gestire, per il genitore potrebbe essere utile sviluppare un atteggiamento aperto e disponibile a comprendere le ragioni del comportamento del figlio. Coltivare l’intelligenza emotiva nel rapporto con i figli può essere un valido modo per favorire l’empatia e per comunicare in modo efficace. Tornando all’esempio, il genitore potrebbe manifestare empatia per il figlio e per il suo desiderio di festeggiare ma potrebbe indicargli un modo più adeguato per farlo”.

Parto gemellare? La madre di due o più bambini venuti al mondo in contemporanea quali difficoltà emotive dovrà gestire?

“Nel caso di gravidanze gemellari non solo il carico della madre è maggiore ma anche la sua possibilità di dare attenzione al singolo bambino si riduce. Tra le difficoltà di una maternità gemellare vi è l’impossibilità di soddisfare le esigenze dei due neonati contemporaneamente e quella di non poter coltivare una relazione esclusiva con ognuno di loro che, anche data la somiglianza fisica, saranno percepiti piuttosto simili”.

“Il senso di inadeguatezza delle madri dei gemelli può essere elevato per le notevoli richieste della situazione, tuttavia le madri possono sentirsi più adeguate nel formulare richieste di aiuto, meno intimorite da un eventuale giudizio negativo, ritenendo che la gestione dei gemelli sia considerata complessa dalla maggior parte delle persone”.

Quanto conta l’avere allattato il neonato nel rapporto madre figlio?

“Sul finire degli anni Cinquanta del secolo scorso, lo psicologo Harlow condusse alcuni studi, divenuti celebri, relativi all’attaccamento madre-figlio. Dai primi studi, condotti sui cuccioli di macaco, agli studi successivi, in cui furono valutati i legami di attaccamento di bambini orfani o abbandonati, fino alle ricerche più attuali, Harlow e colleghi concludono che un buon legame di attaccamento si può instaurare anche tra il neonato ed altre figure di riferimento che non lo nutrono ma che infondono nel bambino un senso di calore e di protezione”.

“In particolare si rileva l’importanza di gesti affettuosi come carezze e coccole che, grazie alla stimolazione sensoriale, favoriscono processi importanti per la crescita e per lo sviluppo del bambino. Perciò una madre che, per i motivi più vari, si trovasse nella condizione di non allattare il proprio figlio, potrebbe tenere presente che può comunque prendendosi cura del neonato in altri modi e farlo sentire accolto, amato e sicuro”.

Quanto conta il rapporto col partner padre del figlio perché una madre dia il meglio di sé?

“Poter contare su un valido supporto affettivo, prima ancora che pratico, è di grande importanza perché la madre possa affrontare con maggiore serenità ed efficacia il proprio ruolo. Una buona comunicazione con il partner, la fiducia reciproca e la consapevolezza di entrambi i genitori che il genitore perfetto non esiste e che occorre darsi un supporto reciproco anche affinché sia la madre sia il padre possano continuare a coltivare, sebbene con meno tempo, anche le proprie sfere di realizzazione personale, al di là della genitorialità. La comprensione e il supporto reciproco permettono di raggiungere e di mantenere un miglior equilibrio in famiglia”.

Una mamma potrà condividere il suo malessere o senso di inadeguatezza col figlio stesso?

“Una madre può indicare al figlio quando si sente stanca o quando ha bisogno di fare una cosa per sé, o quando sta poco bene, naturalmente senza eccedere e scadere in lamentele. Informare il figlio circa le proprie esigenze personali aiuterà il bambino ad avere un adeguato rispetto dei tempi e degli spazi materni, anche nel corso della sua crescita.

Potrà essere anche un buon modello per una bambina che comprende che la madre è disponibile, amorevole e attenta nel prendersi cura di lei ma che, allo stesso tempo, si rispetta come persona e ha diritto di essere rispettata. Una madre che comunica le proprie esigenze potrà inoltre essere un modello prezioso per il futuro della figlia, quando la bambina diverrà a sua volta adulta. Similmente, la comprensione delle esigenze materne potrà aiutare il figlio maschio ad avere rispetto per la propria compagna, un domani”.

Il bambino piccolo o piccolissimo è in grado di avvertire le fragilità della mamma?

“I bambini sono molto sensibili anche ai comportamenti non verbali (tono della voce, gestualità e contatto fisico) per cui possono rendersi conto del disagio di chi si prende cura di loro. Tuttavia i bambini sono anche molto plastici e capaci di recuperare. Al di là delle ovvie cure fisiche e del nutrimento, è importante che percepiscano una condizione di sicurezza e di calore”.  

“D’altra parte è anche vero che talvolta le donne dimenticano che ogni persona ha qualche fragilità e che cimentarsi in un ruolo complesso come quello di madre porta con sé timori e insicurezze. L’invito è quello di prendersi cura di sé, di chiedere supporto, di delegare e se il supporto non si trova, di rivolgersi al consultorio ma in ogni caso di avere fiducia che si troverà una soluzione al disagio o alla presunta fragilità”.



www.repubblica.it 2022-11-15 15:44:05

This website uses cookies to improve your experience. We'll assume you're ok with this, but you can opt-out if you wish. Accept Read More