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Ipertensione post-partum, quando compare e cosa rischia la donna

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Mai abbassare la guardia. E, soprattutto, non aver fretta di smettere di controllare i valori della pressione arteriosa nella donna che ha partorito. Perché la classica ipertensione post-partum, che si verifica nelle donne che mai prima della gravidanza avevano avuto problemi pressori, inganna. E non si presenta sempre al momento della nascita o pochi giorni dopo, ma può arrivare anche a settimane di distanza, quando i controlli sulla madre si sono rarefatti.

A mettere in guardia è una ricerca su poco meno di 2500 donne pubblicata su Hypertension e condotta dall’equipe coordinata da Samantha Parker della Scuola di Sanità Pubblica dell’Università di Boston. Stando ai risultati dell’indagine, quasi una donna su dieci viene diagnosticata come ipertesa nell’anno che fa seguito al parto, a riprova delle modificazioni nei sistemi di controllo pressori legati alla gravidanza.

Ma c’è di più. In questa specifica popolazione, in più del 20% dei casi l’ipertensione viene individuata a distanza oltre le sei settimane dal parto, quando i controlli da parte del ginecologo tendono a farsi meno frequenti.

Cosa dice la ricerca e chi è più a rischio

Lo studio ha esaminato donne maggiorenni, in oltre un caso su due di colore e in quasi un caso su cinque latino americane, senza alcuna storia di ipertensione.

L’ipertensione post partum di nuova insorgenza è stata definita come pressione arteriosa sistolica di 140 millimetri di mercurio e di diastolica superiore a 90. Si è considerata ipertensione grave con massima superiore a 160 e/o minima sopra i 110 millimetri di mercurio.

Dall’analisi dei dati raccolti anche nell’anno successivo dopo la nascita del piccolo si è visto che il 12,1% delle donne senza precedenti di ipertensione arteriosa ha sviluppato ipertensione nell’anno successivo al parto. Ma c’è di più: se nella maggior parte dei casi l’elevazione patologica della pressione è comparsa subito dopo il parto, in oltre una donna su cinque l’ipertensione è stata riconosciuta più di sei settimane dopo.

I fattori di rischio per questa condizione, stando a quanto emerge dall’analisi, sarebbero l’età, con la donna che supera i 35 anni, il parto con taglio cesareo e il fumo di sigaretta. In chi aveva tutte e tre queste caratteristiche il rischio di sviluppare ipertensione dopo la gravidanza è risultato aumentato del 29%.

Perché è una situazione pericolosa

Secondo quanto segnala Parker, quanto emerge dalla ricerca deve mettere in guardia chi assiste le donne che non presentano alcun segno d’ipertensione ma poi possono avere la pressione alta dopo il parto. L’indagine rileva con sorpresa come in molti casi l’ipertensione si renda manifesta ben oltre i classici periodi di monitoraggio immediato del post-partum e come sia necessario controllare a cadenze fisse, anche mesi dopo la nascita del bebè, il rischio cardiovascolare femminile.

Va detto che nelle sue forme più serie l’ipertensione post partum è associata a complicazioni potenzialmente molto gravi, dallo scompenso cardiaco fino all’insorgenza di ictus o deficit della funzione renale. Ma soprattutto si rischia di non individuarla, specie nelle fasce maggiormente fragili socialmente della popolazione. Lo studio prende in esame non tanto le donne che hanno già ipertensione in gravidanza, ma quelle che la manifestano successivamente e che possono essere comunque a rischio cardiovascolare, magari non identificato.

Necessari percorsi su misura

“Lo studio ci permette di sottolineare come non solo l’ipertensione gravidica, ovvero la comparsa di ipertensione nell’ultimo trimestre di gravidanza sia un fattore di rischio per lo sviluppo di ipertensione successiva, ma che dobbiamo prestare attenzione anche alla possibile comparsa di valori pressori elevati o comunque superiori alla soglia ammessa dalle linee guida a distanza dal parto – commenta Savina Nodari, docente di Malattie dell’Apparato Cardiovascolare all’Università di Brescia”.

Importante, a detta dell’esperta, è anche rilevare come siano stati identificati profili di rischio in base all’età, alle modalità del parto e al fumo che possono aiutare a identificare le donne da seguire con maggior attenzione anche a distanza. “È vero che si tratta di uno studio retrospettivo che andrebbe riconfermato anche da studi prospettici, tuttavia i dati si riferiscono ad una ampia casistica di circa 2500 donne senza precedente storia di ipertensione – conclude Nodari. Penso che offra un grande stimolo a generare dei percorsi di screening dell’ipertensione post partum, fattore di rischio che spesso passa inosservato o viene casualmente diagnosticato e quindi trattato a settimane di distanza dalla sua comparsa esponendo la donna ad un aumentato rischio di eventi cardiovascolari”.



www.repubblica.it 2022-11-25 06:32:13

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