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Con un esame del sangue potrai sapere l’età dei tuoi organi

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In un futuro non così lontano potremo sapere tutto sulla nostra salute con un semplice prelievo di sangue. Al vaglio dei ricercatori ci sono screening di ogni tipo che, grazie all’ausilio dell’intelligenza artificiale, puntano anche a stimare la “data di scadenza” del nostro organismo. Ebbene sì, un modo edulcorato per dire che si arriverà a prevedere la data della nostra morte. E per quanto potrebbe sembrare distopico, proprio in questa direzione va il nuovo esame del sangue sperimentato dai ricercatori della Stanford University che hanno trovato un modo per misurare l’età dei nostri organi interni e monitorarne l’invecchiamento, prevedendo quello che “cederà per primo”. Il lato positivo? Sapere a cosa dovremmo stare più attenti e quali interventi terapeutici sono più efficaci, ben prima che si manifestino sintomi.

Calcolare l’età degli organi umani

Calcolare l’età esatta degli organi umani permette di analizzare i cambiamenti funzionali dovuti al loro utilizzo o all’invecchiamento, prevedendo così il rischio di malattie o disfunzioni, ma anche l’efficacia di una terapia rispetto a un’altra. E poter contare su un test semplice come un esame del sangue può fare una grande differenza sia nella medicina personalizzata che in quella predittiva. Nello studio pubblicato su Nature, il team di ricerca coordinato dal professor Tony Wyss-Coray, neurologo alla direzione dellla Phil and Penny Knight Initiative for Brain Resilience, ha sperimentato la conta delle proteine del sangue per determinare, utilizzando anche modelli di apprendimento automatico, l’età di ciascun organo di 5678 persone.

L’indagine ha già rivelato che una persona ragionevolmente sana su 5, di età pari o superiore a 50 anni, va in giro con almeno un organo che invecchia a un ritmo fortemente accelerato, cosa che può aumentare il rischio di morte e indicare la presenza di malattie organo-specifiche. Ad esempio, l’invecchiamento accelerato del cervello o dei vasi sanguigni potrebbe potenzialmente prevedere il morbo di Alzheimer prima della formazione delle placche amiloidi. L’obiettivo ora è allargare il campione di studio e validare il test di laboratorio, per metterlo a disposizione di tutti. Ma è ancora presto anche solo per stimarne il costo, anche se dovrebbe essere contenuto.

Gli effetti dell’invecchiamento

“L’invecchiamento provoca il deterioramento delle strutture e della funzione dei tessuti e aumenta drasticamente il rischio della maggior parte delle malattie croniche. Ma varia da individuo a individuo nonché da un organo all’altro – spiega il neurologo di Stanford -. Abbiamo utilizzato i livelli di proteine del plasma sanguigno umano provenienti da undici organi, dal cuore al pancreas, per misurare le differenze di età organo-specifiche e scoperto che l’invecchiamento accelerato degli organi conferisce un rischio di mortalità più elevato del 20-50% e di malattie croniche entro 15 anni”.

Una persona su 60 nello studio mostrava almeno due organi invecchiati precocemente, e questo, sottolinea Wyss-Coray  “ha aumentato di 6,5 volte il loro rischio di mortalità”. Aggiungendo: “Abbiamo anche appurato che gli individui con un invecchiamento accelerato del cuore hanno un rischio di insufficienza cardiaca aumentato del 250% mentre l’invecchiamento accelerato del cervello e dei vasi predice l’Alzheimer indipendentemente dalla presenza di pTau, che ad oggi è considerato il biomarcatore più affidabile”. Cosa che rappresenta una svolta nella diagnosi precoce della patologia neurodegenerativa.

L’algoritmo che predice “il futuro”

Utilizzando tecnologie già disponibili in commercio e un algoritmo di loro progettazione, i ricercatori americani hanno dovuto analizzare i livelli di migliaia di proteine nel sangue e ne scovando 858 nuovi biomarcatori affidatili, in grado di stabilirne la funzionalità di ogni singolo organo. Fatto questo, hanno addestrato un algoritmo di apprendimento automatico in grado di predire l’età e lo stato di invecchiamento in base ai livelli di quelle proteine. E hanno scoperto che, anche se c’era una modesta sincronia tra i diversi organi del corpo di una persona, i singoli organi seguivano in gran parte strade separate lungo il percorso dell’invecchiamento.

L’unico a non poter essere monitorato con efficacia risulta essere l’intestino. Ma è ancora presto per cantar vittoria. “Se riusciamo a convalidare questa scoperta su almeno 100 mila volontari – sottolinea Wyss-Coray – significa che presto potremo contare su un esame del sangue minimamente invasivo in grado di monitorare la salute di persone apparentemente sane, predire gli organi che manifesteranno dei problemi e curarle ancor prima che si ammalino”.

Si può sapere la data di morte?

Al momento le loro analisi sono in grado di tenere sotto controllo lo stato di salute di arterie, cervello, cuore, tessuto immunitario, tessuto adiposo, intestino, reni, fegato, polmoni, muscoli e pancreas. “Abbiamo anche addestrato un modello di invecchiamento “organistico”, utilizzando le 3.907 proteine plasmatiche non specifiche per organo come input per confrontare una firma di invecchiamento generalizzata dell’organismo rispetto all’età reale del paziente”, conclude il professore. Questo non ha ancora permesso di arrivare a ipotizzare una data di morte, ma comunque potrà diventare un metodo di valutazione dell’aspettativa di vita decisamente più preciso rispetto a quelli su cui possiamo contare oggi. Ma siamo sicuri di volerlo davvero sapere?



www.repubblica.it 2023-12-07 09:59:20

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