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Tumori, i test genomici utilizzati poco e male

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La rivoluzione della medicina di precisione, quella che si basa sulla collaborazione di diversi professionisti riuniti nei Molecular Tumor Board e sull’analisi dei dati che provengono dai test di profilazione genomica, non ha ancora realizzato a pieno le sue promesse. Lo dimostra una ricerca condotta da Cipomo con il contributo di Cergas SDA Bocconi: i board multidisciplinari sono presenti soltanto in 13 Regioni e con una grande variabilità di modelli organizzativi; mentre i test vengono offerti solo alla metà dei pazienti che se ne potrebbero giovare. I dati hanno spinto le 4 principali società scientifiche di oncologia – Cipomo, Aiom, Comu, e Siapec – a formulare 14 statement di indirizzo per rendere omogenea la disponibilità dell’oncologia di precisione su tutto il territorio nazionale. Il documento, pubblicato a inizio novembre sulla rivista dell’ASCO JCO Precision Oncology, è stato uno dei temi al centro della terza edizione del Cipomo Day, meeting virtuale organizzato con il patrocinio di Aiom e Fnomceo. “Coniugare oncologia di precisione, accesso alle cure innovative e umanizzazione rappresenta oggi la sfida degli oncologi italiani per i propri pazienti – commenta Luisa Fioretto, presidente Cipomo e direttore del Dipartimento Oncologico e SOC Oncologia Medica, Azienda USL Toscana Centro -. Il rapido sviluppo tecnologico della diagnostica molecolare e la disponibilità di nuovi farmaci richiedono sempre più frequenti adeguamenti dei percorsi clinici e delle attività in oncologia. Se non governate, dinamiche come l’iper-specializzazione e la frammentazione del percorso, possono interferire con l’integrazione e la continuità della cura, minando la relazione paziente-medico e la percezione sociale della rilevanza dell’assistenza sanitaria”.

Emergenza territorio

È fondamentale appianare le disparita di accesso all’oncologia di precisione e le differenze Regionali. “Nel lavoro appena pubblicato, si evidenzia l’esigenza, non solo di aumentare il numero e la distribuzione omogenea dei MBT, ma anche di standardizzare le procedure, la composizione, le competenze e le prerogative di questi gruppi multidisciplinari”, sottolinea Gianpiero Fasola, direttore del dipartimento di Area Oncologica dell’Azienda sanitaria universitaria Friuli Centrale e primo autore del paper –. “E’ utile che la composizione dei MBT sia funzionale e ragionevolmente agile, tenendo però conto dei diversi contesti. La nostra esperienza inoltre fa emergere il ruolo importante della figura di un project manager, dedicato alla gestione e all’implementazione dell’innovazione organizzativa”.

Oltre ad ampliare l’accesso ai test genomici, gli esperti raccomandano di affidarsi a test che analizzano pannelli di geni (tra i 20 e i 50) sufficienti a soddisfare le esigenze diagnostiche di primo livello, come stabilito dalle linee guida. “Pannelli più grandi potrebbero offrire informazioni ridondanti, inadeguate e confondenti, specialmente in assenza o carenza di professionisti in grado di interpretarne correttamente i risultati – aggiunge Luigi Cavanna, past president Cipomo e primario di oncologia alla Casa di Cura Piacenza –. Allo stesso tempo bisogna mantenere una certa flessibilità per stare al passo con l’innovazione. Per questo i pannelli diagnostici di primo livello dovrebbero essere aggiornati periodicamente da professionisti individuati a livello regionale a secondo del modello di coordinamento sviluppato”.

Il caso del polmone

Negli ultimi anni la terapia del tumore al polmone ha subito una rivoluzione, grazie proprio alla possibilità di individuare mutazioni e poter quindi somministrare dei farmaci mirati. Una possibilità terapeutica che non è garantita però in maniera uniforme sul territorio. “In Italia c’è una distribuzione a macchia di leopardo della profilazione genetica completa con NGS (Next Generation Sequencing), nel senso che molti centri, soprattutto più periferici, non eseguono il sequenziamento genetico completo del paziente metastatico con tumore al polmone non a piccole cellule, ma hanno una profilazione di 4-5 geni”, spiega Antonio Lugini, responsabile oncologia toracica Azienda Ospedaliera San Giovanni Addolorata, Roma. “È necessario organizzare una rete territoriale con degli hub a cui poter indirizzare il tessuto che è stato asportato durante l’operazione chirurgica; è in questi centri specializzati che avverrà la profilazione. I risultati – conclude – dovrebbero poi essere discussi dal MTB in modo che, anche se il paziente non è in cura in un centro ad alta specializzazione, può comunque avere la migliore cura possibile”.



www.repubblica.it 2023-12-12 13:58:02

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