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Assistenza oncologica, forti disparità fra Regioni

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Toscana, Emilia-Romagna, Piemonte/Valle d’Aosta, Veneto e Liguria da una parte, Calabria, Molise, Sardegna, Umbria, Basilicata e Abruzzo dall’altra. Le prime sono le Regioni che riescono a mettere in campo una ottima presa in carico dei pazienti oncologici grazie all’organizzazione che si sono date e alla governance della rete territoriale; le seconde sono quelle che – nelle parole di Agenas – devono ancora essere aiutare nella definizione della rete e nella sua successiva crescita. La fotografia precisa di come viene assicurata l’assistenza oncologica in Italia viene scattata da Agenas nel suo Rapporto sulle reti oncologiche, arrivato alla sua quinta edizione. I dati, presentati oggi, riguardano i servizi erogati nel 2022.

I criteri di valutazione

La valutazione finale è composta da due elementi: un questionario di autovalutazione che ogni Regione e provincia autonoma ha compilato e lo studio di una serie di indicatori riguardanti le sette patologie oncologiche maggiori (mammella, colon, retto, polmone, prostata, ovaio ed utero). In particolare, gli esperti di Agenas sono andati a guardare la percentuale dei ricoveri di pazienti residenti con diagnosi per cancro in strutture della rete oncologica regionale, con distinzione per patologia; il cosiddetto indice di fuga, cioè la percentuale di ricoveri di pazienti presso struttura della rete fuori dalla rispettiva Regione o provincia autonoma di residenza; i tempi di attesa, cioè la percentuale di ricoveri in strutture della rete regionale entro 30 giorni dalla data di prenotazione, con distinzione per patologia.

 

Ebbene, messi insieme i due elementi di valutazione, l’Agenzia ha messo a punto l’Indice Sintetico Complessivo di valutazione (ISCO) che ha permesso di evidenziare come ci siano Regioni totalmente performanti anche in accordo con la loro organizzazione e governance di rete (Toscana, Emilia-Romagna, Piemonte/Valle d’Aosta, Veneto e Liguria) ed altre in cui la buona performance è legata soprattutto alla produttività di singoli centri che attraggono molti pazienti sia internamente alla Regione sia esternamente ma che comunque hanno necessità di implementare un’efficace sistema di rete (Lombardia, Friuli Venezia Giulia e Lazio). “Va notato il progresso di alcune Regioni o provincie (Campania, Puglia, Sicilia, Marche, provincia autonoma di Trento e provincia autonoma di Bolzano) che essendo partite da una riorganizzazione della rete stanno mostrando un crescente impatto favorevole sugli esiti. Infine, rimangono da supportare nella definizione della rete e nella sua successiva crescita le Regioni (Calabria, Molise, Sardegna, Umbria, Basilicata e Abruzzo) in cui appare evidente dalla mobilità, dall’indice di fuga e dalla scarsa risposta al soddisfacimento della domanda dei pazienti residenti in Regione, l’inefficacia dei processi di base della rete”, ha spiegato Manuela Tamburo de Bella, Responsabile UOS Reti Cliniche Ospedaliere e Monitoraggio DM70/2015 Coordinatore dell’Osservatorio per il Monitoraggio delle Reti Oncologiche Regionali AGENAS.

 

Indice di bacino

 

Uno dei fattori valutati dal Rapporto è l’indice di bacino, cioè la vicinanza delle strutture dove i pazienti si devono recare per fare chemio o radioterapia. Anche guardando a questo specifico indicatore si nota una differenza marcata fra Regioni, con zone della Sicilia, Sardegna e Calabria dove l’assistenza di prossimità è praticamente assente. Quella della prossimità o della facilità con cui i pazienti oncologici possono raggiungere il luogo di cura, perlatro, è uno dei fattori che pesa sulla tossicità finanziaria della malattia oncologica, come spiegato da Franco Perrone, presidente dell’Associazione Italiana Oncologia Medica, che ha presentato anche l’indice messo a punto dal suo gruppo di ricerca per la valutazione proprio di questo elemento che non può essere sottovalutato se si vuole migliorare la presa in carico globale dei pazienti.



www.repubblica.it 2023-12-13 11:14:29

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