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Alzheimer, così la dieta influenza il rischio di demenza

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Quali cibi bisognerebbe portare a tavola per tenere lontane malattie neurodegenerative come l’Alzheimer? E quali sono quelli che ne aumenterebbero il rischio di insorgenza? Un nuovo studio sul ruolo della dieta nel rischio di sviluppare demenza ha identificato nel consumo regolare di frutta, legumi, noci, acidi grassi omega-3, verdure e cereali integrali il modello dietetico ideale per contrastare la demenza. Al contrario il rischio aumenta per diete ricche di cibi processati, ricchi di grassi e zuccheri. Una conferma, l’ennesima, del valore della dieta mediterranea e del fatto che esistono fattori, come l’obesità e il diabete, su cui è possibile intervenire per contrastare le demenze. I dati arrivano dall’analisi pubblicata dal Journal of Alzheimer’s Disease.

Modelli di dieta a confronto

Gli autori di questo nuovo studio (una revisione sul tema), Wiliam B. Grant del Sunlight, Nutrition and Health Research Center di San Francisco, e Steven M. Blake della Mau Memory Clinic di Wailuku, nelle Hawaii, si sono basati su studi osservazionali che hanno messo a confronto diversi modelli alimentari. Quattro i gruppi principali considerati: quello cosiddetto occidentale (in cui il 70% delle calorie proviene da alimenti di origine animale, oli, grassi e dolcificanti), la DASH Diet (Dietary Approaches to Stop Hypertension ricca di cereali integrali, frutta, verdura, oli vegetali, legumi, latticini magri, noci, pesce, pollame e quantità molto piccole o nulle di carne rossa), la MedDI (dieta mediterranea ricca di olio di oliva, pesce, pane e cereali, frutta, verdura, legumi, quantità moderate di latticini e pollame, e piccole quantità di carne rossa) e la MIND (basata sulle diete Mediterranea e DASH). 

Ne è emerso che diete come DASH e MIND – largamente ispirate dunque alla dieta mediterranea – sarebbero in grado di ridurre il rischio di insorgenza dell’Alzheimer del 40-50% rispetto alla dieta occidentale. Un modello alimentare basato su verdure, pesce, legumi, cereali, frutta e carne prevalentemente bianca, tipico delle nostre zone e di alcuni paesi asiatici quali Cina, Giappone e India, svolgerebbe infatti un’azione protettiva, tanto da contrastare anche l’avanzamento del declino cognitivo. Ma abbasserebbe anche, inoltre, il rischio di contrarre comorbidità, prime fra tutte diabete e obesità. 

Quando la malattia progredisce con un certo tipo di dieta

Dagli studi analizzati è emerso che quando aumenta il consumo di carne, zuccheri e grassi, il rischio di demenza aumenta invece. Uno di questi studi ha infatti rilevato come in Giappone tra il 1985 e il 2010 l’incidenza della demenza sia cresciuta dopo un consumo maggior di alcol, carne e prodotti animali (con una correlazione più forte nell’intervallo 15-25 anni), passando dall’1% nel 1985 al 7% nel 2008.

Dieta e Alzheimer: fattori di rischio 

Ma quali sono i meccanismi biologici su cui incidono le diete associate a un rischio più elevato di sviluppare Alzheimer? Sono tanti e diversi, come raccontano nel dettaglio gli autori, e il primo in ordine di importanza riguarda l’obesità. L’adipe in eccesso, che aumenta la produzione di radicali liberi, può infatti provocare la rottura della barriera emato-encefalica. Quando questo accade, tossine e patogeni possono causare un’infiammazione del sistema nervoso centrale e danneggiare i neuroni. Da un recente studio del Montreal Neurological Institute Hospital della McGill University è inoltre emerso come i cambiamenti neuronali nelle persone obese non siano tanto diversi da quelli che avvengono in chi soffre di Alzheimer. Entrambe le malattie sarebbero infatti in grado di atrofizzare il cervello in maniera simile, influenzando l’assottigliamento corticale della materia grigia. E visto che i tassi di obesità a livello globale continuano a crescere, Blake e Grant evidenziano come proprio questa patologia possa essere un indicatore utile a predire l’incidenza della demenza.

Ci sono poi il diabete e l’insulino-resistenza. Quest’ultima, tipicamente associata al consumo smodato di carboidrati raffinati e di zuccheri, diminuisce la capacità delle cellule cerebrali di rispondere all’insulina (ormone fondamentale per l’assorbimento del glucosio), alterando così la sopravvivenza e la funzionalità dei neuroni. Anche quantità eccessive di rame, ferro e zinco (contenuti in grosse quantità nella carne) favorirebbero accumuli di beta-amiloide nel cervello. Altri fattori di rischio sono l’iperomocisteinemia (la concentrazione elevata nel sangue dell’omocisteina, amminoacido che deriva dalla trasformazione enzimatica della metionina contenuta negli alimenti proteici), che può causare coaguli e danneggiare i tessuti del cervello, e l’alta concentrazione di prodotti finali della glicazione avanzata (molecole prodotte dall’interazione tra zuccheri, gruppi di proteine, acidi nucleici e lipidi che possono impedire ai neuroni di funzionare correttamente contribuendo alla formazione di placche amiloidi) presenti, per esempio, sulle superfici abbrustolite dei cibi fritti. Infine, tra i fattori di rischio sono incluse anche le alte concentrazioni di trimetilammina N-ossido (metabolita che deriva dal microbiota intestinale), indicatore di una dieta troppo ricca di alimenti animali, che, secondo gli esperti, può provocare l’aggregazione della proteina tau e beta-amiloide. 

Mangiare bene costa

Ma se è vero che una dieta più ricca di fibre, vitamine e minerali può aiutare ad abbassare il rischio di sviluppare demenza, è altrettanto vero che cambiare abitudini non è sempre facile. E soprattutto che seguire rigorosamente questo modello dietetico è decisamente costoso e fuori dalla portata per le persone a basso reddito, specialmente in alcune regioni del mondo. Lo è sicuramente di più rispetto alla dieta occidentale: ragione per cui, come scrivono gli autori dello studio, chi non se lo può permettere è più esposto al rischio di andare incontro ad Alzheimer. Si tratta di una diseguaglianza sociale che, sottolineano ancora gli esperti, richiederebbe una presa di posizione e l’intervento da parte delle autorità governative e del mondo dell’industria.



www.repubblica.it 2023-12-28 08:40:42

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