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Influenza, contro i sintomi violenti ancora qualche giorno per vaccinarsi

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Ancora qualche giorno per vaccinarsi contro l’influenza. Il picco non è ancora stato raggiunto – le previsioni indicano ancora un paio di settimane – e visto che la risposta anticorpale arriva in circa quindici giorni siamo ancora in tempo per la vaccinazione. Che poi, aver raggiunto il picco non vuol dire che il pericolo è scampato ma soltanto che le possibilità di contagio si riducono. Non che si annullano. Quindi vaccinarsi, quest’anno è ancora più importante, sottolinea Massimo Ciccozzi, direttore dell’Unità di statistica molecolare e di Epidemiologia del Campus Bio-Medico di Roma.

Professore, lei da mesi si sgola chiedendo di vaccinarsi contro l’influenza. Ma perché è così importante?

“Lo dico da mesi, sì. Perché il ceppo di quest’anno è lo stesso della stagione 2009-2010, H1N1, la famosa influenza suina, che conosciamo bene. Come conosciamo bene i sintomi che dà, molto più violenti rispetto ai ceppi degli anni passati. Non abbiamo attualmente più casi, l’incidenza è più bassa degli anni passati, ma abbiamo sintomi peggiori. Per questo il mio appello è di andare dal medico di medicina generale di corsa per vaccinarsi”.

L’incidenza quindi non è maggiore?

“Con i dati a nostra disposizione non possiamo dire che ci sono più casi rispetto allo stesso periodo degli anni passati. Ma che ci sono sintomi più importanti: febbre molto alta, dolori muscolari molto forti, tosse continua. Per capirci: nell’anno 2017-2018 l’incidenza era 14,73 su mille persone, nel 2009-2010 era di 12,65, ma poiché si trattava di un ceppo virulento, appunto l’H1N1, ci sono stati quattrocentomila morti in tutto il mondo, che sono circa venti volte in più rispetto alle stime che si prevedono per questa stagione. Che non possono essere che stime, visto che la stagione è appena cominciata e abbiamo solo dati preliminari.In ogni caso, quest’anno non c’è nulla che faccia pensare che l’incidenza possa essere superiore”.

Come mai comunque tanti casi di morte nel 2009?

“Per una ragione molto semplice legata al fatto che la stagione arrivò in anticipo e colse alla sprovvista le aziende farmaceutiche che non riuscirono a mettere a punto un vaccino altamente specifico e quindi per aumentarne l’efficacia aggiunsero quantità maggiori di adiuvante, lo squalene. Ne nacque uno psicodramma sullo squalene e non si vaccinò nessuno. Io mi vaccinai, e la presi ma senza sintomi forti, un pò di febbre per qualche giorno”.

Come si fa a stabilire il picco influenzale?

“Ovviamente si può fare solo a fine stagione. Per esempio nel 2009 il picco fu nella quaranteseiesima settimana, nel 2017-2018 nella seconda. Si sa quando è il picco solo quando si è passato, non prima. E poi deve essere chiaro che picco passato non vuol dire pericolo scampato: i contagi ci sono anche quando la curva scende, diminuiscono le probabilità ma ci si può ammalare lo stesso. E quindi – se non ci si è ammalati, cose che conferisce l’immunità più efficace – ci si può vaccinare anche dopo”.

L’appello alla vaccinazione vale per tutti?

“Vale per tutti ma soprattutto per gli anziani e i debilitati. Basta una sosta di ore al pronto soccorso o un ricovero ospedaliero per rischiare una sovra-infezione batterica e una polmonite. E poi cito un dato: nel 2009-2010 l’incidenza più alta, 43,6 su mille, si ebbe nei 14-15 anni, incidenza ben più bassa degli over 65, considerati soggetti a rischio. E sa perché?”.

Perché gli over 65 sono soggetti di campagna di vaccinazione e gli adolescenti no?

“Esatto. E perché i vaccini funzionano”.



www.repubblica.it 2024-01-05 14:53:40

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