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Così il virus Epstein-Barr potrebbe aiutare a scatenare la malattia

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Le infezioni da virus Epstein-Barr (EPV) contribuiscono allo sviluppo della sclerosi multipla. Le evidenze del ruolo, a lungo sospettato, del virus nella malattia sono storia recente: solo un paio di anni fa, infatti, il team dell’italiano Alberto Ascherio della Harvard T.H. Chan School of Public Health mostrava su Science come EPV fosse necessario, sebbene non sufficiente, a causare la sclerosi multipla. Oggi, grazie al lavoro pubblicato sulle pagine di Pnas, sappiamo qualcosa in più su come il virus si lega alla malattia: a giocare un ruolo chiave potrebbe essere la risposta dei linfociti T contro EBV.

Lo studio di per sé riguarda un piccolo campione di persone con SM, ma è interessante perché si concentra su pazienti ancora in fase di diagnosi, quindi nelle fasi iniziali della malattia. A condurlo è stato un team di ricercatori guidati da Assaf Gottlieb e J. William Lindsey dell’Health Science Center di Houston (Università del Texas), che ha analizzato il fluido cerebrospinale di otto pazienti. Il liquido cerebrospinale scorre nel sistema nervoso centrale e contribuisce a proteggerlo e a sostenerlo. Può però essere anche una finestra relativamente facile cui accedere (con una puntura lombare per esempio), scrivono gli autori, per capire come sta il sistema nervoso centrale, e in questo caso cosa accade nelle prime fasi della malattia.

L’idea, nel dettaglio, è stata quella di comprendere verso quali “nemici” (da EBV, a quelli dell’influenza, o della candida) rispondesse in maniera particolare il sistema immunitario delle persone che stavano ricevendo la diagnosi di sclerosi multipla. Per farlo hanno prelevato dei campioni di liquido cerebrospinale e di sangue dai pazienti, hanno stimolato le loro cellule con diversi antigeni, ed eseguito dei sequenziamenti per capire appunto le risposte dei linfociti T. I risultati hanno così mostrato che i linfociti T dei pazienti con SM sono particolarmente pronti a rispondere ai linfociti B infettati da EBV derivanti dallo stesso paziente (che colpisce di preferenza queste cellule) più di quanto lo siano nei confronti degli altri patogeni testati, spiegano gli autori. E questo valeva tanto per i campioni di sangue che per quelli del liquido cerebrospinale. 

La marcata presenza di cellule immunitarie specifiche per i linfociti infettati da EBV nelle fasi iniziali della malattia potrebbe essere ricollegabile alla patogenesi della malattia, si legge nello studio, e allo stravolgimento immunitario che la caratterizza. E contribuirebbe a spiegare perché EBV sia così strettamente correlato alla sclerosi multipla, anche se serviranno ulteriori ricerche per comprendere meglio la natura di questa relazione.



www.repubblica.it 2024-01-09 09:05:38

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