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Epatite B cronica, stimolare il sistema immunitario per eliminare il virus

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L’ultima promessa dell’immunoterapia prende di mira l’epatite B. Arriva da un team di ricercatori dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e punta ad aiutare a realizzare quello che finora né il vaccino, sebbene piuttosto efficace, né gli antivirali, sono riusciti a fare: eradicare dal corpo il virus dell’epatite B. 

La sfida contro le infezioni croniche di epatite B

L’epatite B è una malattia di origine virale che può presentarsi in forma acuta e in forma cronica. La forma acuta, più tipica dell’età adulta, dura qualche settimana ed è generalmente debellabile, diversamente da quella cronica. In quest’ultimo caso, si stima che l’infezione avvenga da bambini nel 90% dei pazienti.

Contro l’infezione cronica il vaccino – pur molto efficace – non funziona (anche perché è uno strumento di prevenzione) e l’unica opzione per i pazienti è affidarsi agli antivirali, come ricorda Matteo Iannacone, Direttore della Divisione di Immunologia, Trapianti e Malattie Infettive dell’IRCCS Ospedale San Raffaele e Professore di Patologia Generale all’Università Vita-Salute San Raffaele, a capo dello studio sulle promesse dell’immunoterapia contro l’epatite B: “Gli antivirali inibiscono la replicazione del virus ma non riescono a eradicarlo e devono essere assunti a vita, senza peraltro annullare del tutto il rischio di sviluppare cirrosi e cancro al fegato”. Un rischio reale per le circa 300 milioni di persone che oggi convivono con il virus.

Diversamente a quanto accade nell’epatite C – dove gli antivirali hanno rappresentato una vera e propria rivoluzione nella medicina, grazie a cui è possibile debellare il virus nel giro di qualche settimana – il virus dell’epatite B si riesce a nascondere meglio all’interno delle cellule, va avanti Iannacone: “Il virus dell’epatite B è un virus a Dna, si integra nel genoma e comunque persiste nel nucleo, e questo rende più difficile la sua eradicazione”.

L’immunoterapia per risvegliare i linfociti T contro il virus

L’idea è che accanto a nuovi antivirali, capaci di arrivare lì dove quelli attuali non arrivino, sia necessario anche dell’altro. Magari qualcosa in grado di mimare la risposta del sistema immunitario nel caso dell’infezione acuta. “Nelle forma acuta il nostro sistema immunitario riesce a sconfiggere il virus, nella forma cronica no, e questo perché le cellule deputate a farlo sono disfunzionali, sono per così dire spente, addormentate”. Una situazione, spiega l’esperto, che si verifica quando l’antigene (in questo caso il virus, ndr) persiste all’interno del corpo e che si è evoluta per evitare l’eccessiva attivazione del sistema immunitario: “La nostra idea è stata quella di trovare il modo di risvegliare questi linfociti T, grazie all’immunoterapia”. Per farlo i ricercatori hanno pensato di utilizzare l’interleuchina-2, una citochina in grado di agire sui linfociti T, ma non solo su questi. Il risultato è che se “non guidata” può risultare tossica o addirittura reprimere la risposta immunitaria, spiegano gli esperti. Di qui l’idea di traghettarla solo lì dove serve, ai linfociti T citotossici, in grado cioè di eliminare le cellule infettate.

Eradicare il virus, prove di successo (nei topi)

Per farlo i ricercatori, in collaborazione con la start-up Asher Biotherapeutics, hanno fatto ricorso a un costrutto in cui l’interleuchina-2 viene attaccata a un anticorpo specifico per questi linfociti T, così da risparmiare altre popolazione cellulari. Testata su modelli preclinici di malattia, come i topi, raccontano i ricercatori dalle pagine di Science Translational Medicine, la molecola funziona. Riesce ovvero ad espandere e attivare le popolazioni di linfociti T contro il virus, abbattendo carica e antigeni virali, fino ad eliminare le cellule infettate, aggiunge Iannacone: “Alle dosi utilizzate, e in questa modalità, l’interleuchina-2 agisce solo sui linfociti T che riconoscono gli antigeni dell’epatite B e questo contribuisce ad evitare gli effetti collaterali di un’attivazione diffusa e aspecifica della molecola”. Il team di scienziati ha anche testato il costrutto su cellule umane in vitro e su macachi sani – con molecole umanizzate – dimostrando che riesce effettivamente a espandere, risvegliare, la popolazione di cellule immunitarie di interesse. 

 

Una possibile terapia “one-shot” per eradicare il virus

I dati incoraggianti per ora si fermano ai test preclinici ma la speranza è che si possa arrivare alle sperimentazioni nell’essere umano. “Siamo in attesa dei risultati di una sperimentazione di fase I dove Ia stessa molecola viene testata contro i tumori – conclude il ricercatore – se positivi potrebbero incoraggiare le sperimentazioni anche contro l’epatite B”. Aprendo le porte all’immunoterapia contro il virus: “Potrebbe bastare addirittura una sola somministrazione per eradicare il virus se davvero riuscissimo a mimare, grazie all’immunoterapia, quello che accade nella forma acuta della malattia. E a quel punto – conclude il medico – il trattamento potrebbe diventare appetibile anche per i sistemi sanitari”.



www.repubblica.it 2024-01-11 08:56:43

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