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Allo studio un test delle urine per la diagnosi precoce del cancro al polmone

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Un inalatore o nebulizzatore a cui accostare naso e bocca e da cui respirare. E dopo qualche ora, l’analisi delle urine. Tanto potrebbe bastare, in futuro, per lo screening e la diagnosi precoce del tumore al polmone. Tutto grazie a una tecnologia appena sviluppata da un gruppo di scienziati del Massachusetts Institute of Technology (Mit) di Boston, che ne danno contezza sulle pagine della rivista Science Advances: sostanzialmente, si tratta di nanosensori che, per l’appunto, possono essere erogati da un inalatore o un nebulizzatore – simile alla macchina per l’aerosol – e respirati dal paziente; se incontrano, nelle vie aeree, proteine collegate alla presenza di tumore al polmone, producono un segnale chimico che si accumula nelle urine e che può essere rilevato tramite un semplice test.

 

La diagnosi precoce oggi e la speranza per il futuro

Va detto che fino a non molto tempo fa la diagnosi precoce per questa neoplasia è stata una chimera e che sono serviti tre grandi trial clinici internazionale per dimostrare la validità dell’attuale gold standard per la diagnosi del cancro al polmone, cioè la tac spirale a basso dosaggio di radazioni (attualmente in fase di attuazione anche in Italia come screening per i grandi fumatori). Questa metodica si è rivelata l’unica in grado di ridurre la mortalità per tumore del polmone, ma ovviamente ha alcuni limiti. per esempio richiede una grande expertise per minizzare i falsi positivi. La speranza dei ricercatori è che, se il nuovo test dovesse essere validato (e serviranno ulteriori studi), quest’approccio possa sostituire la tac a basso dosaggio, in particolare nei paesi a basso e medio reddito con carenza di macchinari per la diagnostica.

Come funziona il nuovo test

“Il cancro sta diventando sempre più diffuso in tutto il mondo, compresi i paesi a medio e basso reddito – ha commentato Sangeeta Bhatia, professoressa e bioingegnere all’Institute for Medical Engineering and Science and Electrical Engineering and Computer Science (Eecs) del Mit, una degli autori dell’articolo – L’epidemiologia del cancro al polmone, a livello globale, è legata in modo particolare al fumo e all’inquinamento; quindi ci aspettiamo che questi paesi saranno quelli in cui la nostra tecnologia avrà un impatto più significativo”. Bhatia e colleghi stanno lavorando da diversi anni allo sviluppo di nanosensori per la diagnosi del cancro e di altre malattie, e ne avevano già studiati di simili per il tumore delle ovaie e del fegato, da somministrare però per via endovenosa: quelli appena messi a punto, che possono essere invece inalati (una scelta naturale, visto che in questo caso si parla di tumore al polmone), sono costituiti da particelle polimeriche rivestite da una specie di “codice a barre” stampato sul Dna che ha la caratteristica di staccarsi quando incontra specifici enzimi, chiamati proteasi, che spesso sono iperattivi nei tumori. I “codici a barre”, infine, si raccolgono nelle urine e vengono escreti dal corpo.

Lo studio e gli sviluppi futuri

“Quando abbiamo sviluppato questa tecnologia – spiega Qian Zhong, un altro degli autori del lavoro – il nostro obiettivo era quello di mettere a punto un sistema per rilevare il cancro con elevata specificità e sensibilità, ma anche di abbassare la soglia dell’accessibilità allo strumento, per ridurre la disparità e l’iniquità nell’accesso alla diagnosi precoce”. I nanosensori sono stati sviluppati in due formulazioni: una soluzione liquida, da usare con una macchina per l’aerosol, e una polvere secca, da somministrare con un inalatore. Il sistema è stato testato su topi modificati geneticamente in modo da sviluppare forme di tumore al polmone simili a quelle che si osservano negli esseri umani. Nell’esperimento, gli animali hanno inalato 20 diversi tipi di sensori circa sette settimane e mezzo dopo la formazione del tumore, un tempo equivalente a un tumore umano in stadio 1 o 2; incrociando i risultati dell’analisi delle urine, i ricercatori hanno isolato i 4 sensori che portavano alla maggiore accuratezza diagnostica. L’idea è ora di provare a ripetere l’esperimento su tumori umani, servendosi di campioni provenienti da biopsie polmonari, e in un secondo momento, se i risultati dovessero essere soddisfacenti, di avviare un trial clinico per testare l’efficacia dell’approccio su pazienti reali. 



www.repubblica.it 2024-01-10 13:18:01

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