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Alzheimer, così si indagano le cause nelle prime fasi di vita

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In quel mistero che è ancora per molti aspetti il cervello umano, sono in tanti a cercare di mettere insieme le tessere del puzzle per avere un quadro completo di malattie ancora senza una cura, come l’Alzheimer. Ora uno studio coordinato da Michela Matteoli, professoressa ordinaria di Farmacologia in Humanitas University e direttrice del Programma di Neuroscienze di Humanitas, mostra come alcune proteine implicate nei disturbi neurodegenerativi abbiano un ruolo importante già durante i primi anni di vita.

“In un certo senso – spiega Matteoli a Salute – è come se i primi semi di queste disfunzioni fossero presenti nei neuroni già dall’età dello sviluppo, quella fase che va da poco prima del parto ai due anni dopo la nascita”. Niente che possa aiutarci a predire nell’infanzia un aumento di rischio di ammalarsi in futuro, sottolinea la studiosa, ma certamente un altro tassello che va a colmare una lacuna. E che mostra, ancora una volta, come nel cervello lo sviluppo e l’invecchiamento siano due facce di una stessa medaglia. Lo studio è stato svolto in collaborazione con il gruppo di Simona Lodato, a capo del Laboratorio di Neurosviluppo di Humanitas e docente di Istologia ed Embriologia di Humanitas University, Katia Cortese dell’Università di Genova e Rafael Arguello del CNRS di Marsiglia.

Come un cespuglio di sinapsi da potare

Per capire il senso del lavoro portato avanti dal gruppo di Matteoli è necessario ricorrere a una metafora vegetale. “Immaginiamo un cespuglio a primavera che cresce rigoglioso con i suoi germogli. Un’esplosione di disordinata vitalità, che potrebbe impensierire un eventuale giardiniere, pronto a dare una sfoltita qui e là, tagliando i rami più deboli per mettere un po’ di ordine nell’intrico della vegetazione. Ebbene, nell’età dello sviluppo questo è un po’ quello che succede al cervello, umano ma non solo. Si tratta di un momento particolarmente importante per la formazione delle sinapsi, ovvero i punti di contatto che permettono il passaggio di informazione da un neurone all’altro. Ma, come in un cespuglio, in questa fase si formano sinapsi in eccesso che devono essere eliminate”.

 

Il ruolo delle cellule immunitarie nel cervello

A svolgere il ruolo di giardiniere armato di forbici da pota sono le cellule microgliali. “Si tratta di una popolazione di cellule immunitarie localizzata nel cervello, che si attiva in presenza di una lesione o di un danno”, spiega Matteoli. Queste cellule sono quindi come dei controllori che, in caso di emergenza, si muovono verso la regione del danno e aiutano a ripararlo. Hanno infatti una capacità fagocitica: il loro scopo è quello di “mangiare” detriti cellulari ed eliminarli. In una situazione fisiologica non patologica, dunque, il loro ruolo è quello di eliminare l’eccesso di sinapsi che si forma durante lo sviluppo.

Il ruolo della proteina Trem 2 nello sviluppo del cervello

A mediare questo processo di sfoltimento è la proteina TREM 2, espressa nella microglia. Si tratta, aggiunge la studiosa, di un fattore importante perché ha delle implicazioni per tutte le malattie neurodegenerative. In assenza di TREM 2, infatti, la microglia non riesce a eliminare bene i detriti presenti nel cervello, in particolar modo la proteina amiloide, quella che si accumula e provoca la malattia di Alzheimer. “Noi però – aggiunge Matteoli – abbiamo voluto studiare una finestra temporale diversa, quella appunto dello sviluppo, dove le cellule microgliali svolgono un ruolo di sfoltimento eliminando le sinapsi che funzionano meno o che non vengono utilizzate. In assenza di questa proteina si ha dunque un eccesso di sinapsi, proprio come un cespuglio che non cresce nella maniera corretta”.

Nel lavoro appena pubblicato, i ricercatori guidati da Matteoli sono quindi andati a valutare, in un modello murino, cosa accade nel cervello subito dopo la nascita quando TREM 2 non funziona correttamente. “Poiché questa proteina è espressa solo nella microglia, ci aspettavamo di trovare un malfunzionamento in queste cellule. Invece abbiamo trovato che l’assenza di TREM 2 nella microglia altera in modo importante il metabolismo dei neuroni”, aggiunge la studiosa. Non solo: questa distruzione del metabolismo neuronale riguarda in modo particolare una regione dell’ippocampo, ovvero la struttura che regola l’apprendimento e la memoria nei mammiferi. Si tratta della regione CA1, che non a caso è la prima area coinvolta durante la malattia di Alzheimer sin dalle primissime fasi.

 

Le scoperte

Questo lavoro dimostra quindi due cose, conclude Matteoli. La prima è che il metabolismo del neurone non è autoregolato, come abbiamo sempre immaginato, ma dipende dalla microglia attraverso la proteina TREM 2. “L’altro aspetto che io trovo molto interessante – aggiunge la studiosa – riguarda la possibilità che una mutazione di TREM 2 associata all’Alzheimer possa essere già attiva nella fase dello sviluppo”. Questo comporterebbe avere già neuroni metabolicamente poco funzionali che con ulteriori danni derivanti dall’invecchiamento o dall’infiammazione, risulterebbero più suscettibili alla neurodegenerazione. Il meccanismo che lega le versioni difettose di TREM2 all’insorgenza dell’Alzheimer è ancora oggetto di studio: scoprirlo potrebbe aprire la strada allo sviluppo di nuovi approcci terapeutici per una malattia ancora orfana di cure efficaci.



www.repubblica.it 2024-01-15 16:54:29

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