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Disturbi da uso di sostanze tra i pazienti oncologici. Quali sono i più frequenti

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Che sostanze come il fumo o l’alcol siano correlate allo sviluppo dei tumori è noto da tempo, ma forse non tutti sanno che è vero anche il contrario: chi ha una diagnosi di cancro può sviluppare anche un disturbo da uso di sostanze (Dus, una condizione psicofisica complessa che comporta l’uso incontrollato di una sostanza e che implica la perdita della capacità di controllarne l’assunzione nonostante il rischio di danno a sé stessi o agli altri). E ora una nuova ricerca pubblicata su Jama Oncology e condotta negli Usa mostra che la correlazione cambia in base al tipo di cancro.

I 5 tumori per cui è più frequente il Dus

Katie F. Jones del Veterans Affairs Boston Healthcare System e colleghi di altre università, autori del lavoro su Jama, hanno utilizzato i dati di oltre 6 mila persone con diagnosi di cancro – un campione composto soprattutto da anziani e donne – a cui dal 2015 al 2020 è stato somministrato annualmente un questionario nel contesto del National Survey on Drug Use and Health. Dall’analisi emerge che tra questi pazienti oncologici la percentuale di chi ha un disturbo da uso di sostanze è del 3,83%, e che il disturbo più diffuso è legato all’alcol (2,8%). I cinque tumori con la più alta prevalenza di Dus sono: il cancro della testa e del collo, compresi quelli del cavo orale, della lingua, delle labbra, della gola e della faringe (9%), il cancro esofageo (9%), il carcinoma gastrico (9%), il cancro della cervice uterina (6%) e il melanoma (6%).

Il Dus legato all’alcol è il più comune tra pazienti con cancro della testa e del collo, della cervice uterina e con melanoma, mentre quello legato alla cannabis è il più diffuso nei pazienti con tumori esofagei e gastrici. Secondo i ricercatori è molto importante “comprendere meglio le sfide che si presentano lì dove si intersecano cancro e Dus, in modo da poter progettare interventi e programmi per supportare meglio sia i pazienti che gestiscono contemporaneamente tumore e dipendenza, sia i medici che si prendono cura di loro”.

La situazione in Italia

Poiché stiamo parlando di una ricerca realizzata su una popolazione con abitudini e stile di vita diversi dai nostri, ci si chiede se i risultati ottenuti oltreoceano possano essere “importati” nel nostro Paese, se non in termini quantitativi almeno come tema di riflessione. “In Italia non abbiamo dati specifici sull’abuso di sostanze tra le persone con diagnosi di cancro, abbiamo però un paio di lavori interessanti pubblicati nel 2015 e nel 2019 da Sebastiano Mercadante e Giampiero Porzio – dice a Oncoline Nicola Silvestris, segretario nazionale dell’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) e ordinario di oncologia all’Università di Messina – Da queste due pubblicazioni emerge che il fenomeno dell’abuso di alcol non è trascurabile tra i nostri pazienti oncologici, specialmente tra quelli in trattamento attivo, cioè tra le persone mentre seguono una cura contro il cancro”.

L’alcol – spiega l’esperto – è una sostanza tossica che può interferire con il metabolismo dei farmaci antitumorali in due modi: o riducendone l’efficacia o aumentandone la tossicità. Per questa ragione è importante individuare i pazienti che ne fanno uso e informarli sul rischio associato alla loro abitudine. Una cosa che non è sempre facile fare. “Può non esserlo, è vero – conferma l’oncologo – perché i pazienti possono avere la tendenza a sottovalutare il loro rapporto con l’alcol, o anche a nasconderlo. Ma agli oncologi e ai medici è chiesto di prendersi cura di queste persone cogliendo anche il loro non detto, e informarli sul possibile impatto dell’alcol o di altre sostanze da abuso sulle cure”.



www.repubblica.it 2024-01-16 15:01:41

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