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Dagli abissi marini i possibili antibiotici del futuro

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Si chiama “zona crepuscolare” perché è la colonna d’acqua compresa tra i 200 e i 1000 metri di profondità sotto il livello del mare, dove la luce si fa sempre più debole, così debole da non consentire la fotosintesi delle piante. Ciononostante, brulica di vita: nella zona crepuscolare vivono e prosperano pesci spada, calamari, seppie e molte altre creature. Tra cui degli interessantissimi funghi, come ha appena scoperto un team di ricercatori del Computational Bioscience Research Center (Cbrc) alla King Abdullah University of Science and Technology (Kaust), in Arabia Saudita, del Department of Marine Biology and Oceanography allo Spanish National Research Council (Csic), in Spagna, e di altri istituti: gli scienziati, in particolare, hanno condotto il più ampio sequenziamento mai eseguito finora del Dna delle creature oceaniche, che ha rivelato, per l’appunto, la presenza abbondante di funghi che potrebbero avere caratteristiche molto simili a quelli che producono la penicillina, uno degli antibiotici più noti e importanti della medicina, e che quindi potrebbero rivelarsi degli ottimi candidati per la sintesi di nuovi antibiotici. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Frontiers in Science.

“La penicillina”, ha ricordato in un’intervista al Guardian Fabio Favoretto, biologo marino italiano dello Scripps Institution of Oceanography alla University of California, San Diego, “è un antibiotico che deriva da un fungo chiamato Penicillum, e pensiamo di trovare qualcosa di simile anche nella zona crepuscolare degli oceani: è una regione caratterizzata da alta pressione, scarsa luminosità e temperature basse, ossia un ambiente molto estremo dove i funghi potrebbero aver evoluto caratteristiche adattative uniche. Il che potrebbe potenzialmente portare alla scoperta di nuove specie con proprietà biochimiche mai viste”. Lo studio appena pubblicato è un vero e proprio catalogo che contiene i gruppi genetici relativi a oltre 317 milioni di specie marine, estratti da campioni raccolti in diverse spedizioni: sebbene la presenza di funghi fosse già parzialmente nota, gli autori si sono detti comunque sorpresi di osservarne in quantità così significative.

Un’altra delle sorprese degli scienziati è stata la scoperta del ruolo dei virus rispetto all’“esplosione” della biodiversità sottomarina: “I virus si inseriscono nelle cellule e ‘spostano’ i geni da un organismo all’altro”, ha dichiarato, sempre al Guardian, Carlos Duerte, primo autore dello studio, “In questo modo contribuiscono alla biodiversità genomica e accelerano i processi evolutivi: uno dei risultati di questa accelerazione, per esempio, è la capacità di alcuni organismi di ‘masticare’ la plastica. Molti di essi sono in grado di digerire i polimeri, sostanze presenti da relativamente poco tempo negli oceani: questo ci dà un’idea di quanto sia veloce questo processo evolutivo”.

Ma torniamo ai funghi e alle loro potenzialità. Nel loro lavoro, gli scienziati hanno analizzato il materiale genetico usando un supercomputer e servendosi di algoritmi per “riempire i buchi” nelle sequenze genomiche non recuperate: in questo modo, hanno scoperto che oltre la metà di tutti i gruppi genetici isolati nella zona crepuscolare appartengono a funghi, per l’appunto. E forse da questa incredibile ricchezza di funghi potrà arrivare qualcosa di buono: “I geni e le proteine derivanti dai microbi marini”, ha detto ancora Duerte, “hanno potenzialmente tantissime applicazioni. Potremmo provare a utilizzarli per nuovi antibiotici, o cercare nuovi enzimi per la produzione del cibo. Se sanno quello che stanno cercando, i ricercatori possono usare il nostro ‘atlante’ per cercare l’ago nel pagliaio necessario a risolvere il loro specifico problema”.



www.repubblica.it 2024-01-22 11:35:51

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