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Perché nelle donne il by-pass coronarico può dare più complicanze

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In genere vengono operate in età più avanzata rispetto agli uomini. Dai tre ai cinque anni di più. Così, in circa quattro casi su 10, giungono al tavolo operatorio sopra i 70 anni. Ma non basta. Più facilmente soffrono di diabete, ipertensione e di altre problematiche cardiovascolari.

Aggiungete che più spesso possono avere sintomi più sfumati di sofferenza ischemica (con possibile ritardo nella diagnosi e quindi nel trattamento) e che l’anatomia tende ad essere più complessa, visto che i vasi sanguigni possono essere più piccoli, coronarie comprese. Ma soprattutto, metteteci che il by-pass coronarico, l’intervento che permette di ridare sangue ad un’area del cuore, creando un “ponte” che supera il blocco al flusso del sangue stesso all’interno di un’arteria che irrora il muscolo cardiaco, è stato sostanzialmente studiato per anni nei maschi.

Sommando questi fattori, ci si accorge che le donne, dopo un intervento, hanno un rischio maggiore di morte e di complicanze, anche serie. E ci si interroga sull’importanza di una cardiochirurgia di genere. Lo fa in un ampio servizio il New York Times, che trae spunto da una ricerca coordinata da Mario Gaudino dell’Università Weill Cornell, pubblicata su JAMA Surgery. Lo studio, che ha preso in esame quasi 1.300.000 persone (poco meno di uno su quattro di genere femminile) in 10 anni di osservazione mostra chiaramente un dato: le donne hanno un maggior rischio di decesso in sala operatoria e di complicazioni rispetto agli uomini.

Quanto i rischi sono maggiori per la donna

Lo studio è stato condotto analizzando i dati sul by-pass coronarico isolato di 10 anni (dal 2011 al 2020) nei centri che afferiscono alla banca dati della Society of Thoracic Surgeons americana. Il tasso di mortalità per l’intervento è globalmente basso, ma comunque appare più alto nelle donne (2,8%) rispetto agli uomini (1,7%). Non solo. Considerando anche le complicazioni come, ictus, insufficienza renale, reintervento, infezione profonda della ferita sternale, ventilazione meccanica prolungata e protrarsi del ricovero, le donne hanno fatto osservare un’incidenza complessiva di problemi nel 22,9% dei casi, contro il 16,7% degli uomini. Nel tempo, va detto, la situazione sta migliorando.

Ma rimane una discrepanza che – scrivono gli studiosi – richiederà una rivisitazione multifattoriale delle indicazioni alla rivascolarizzazione per le donne rispetto agli uomini a causa delle differenze nei processi e nella malattia coronarica. “Le donne sottoposte a by-pass coronarico sperimentano una mortalità operatoria significativamente più elevata rispetto agli uomini e corrono un rischio maggiore di eventi avversi postoperatori maggiori, tra cui infarto miocardico e ictus – ricorda al quotidiano americano lo stesso Gaudino”.

Uno studio su misura

Anche in Italia si osserva una tendenza simile. Lo conferma Mauro Rinaldi, direttore della Cardiochirurgia presso l’Ospedale Molinette di Torino e docente all’Università torinese, che assieme al centro di Gaudino ed altre strutture sta conducendo uno studio mirato a migliorare gli esiti dell’intervento nelle donne. Lo studio si chiama Roma Women Trial.

“Con questa ricerca vogliamo valutare se si possono avere risultati migliori effettuando il by-pass con arterie piuttosto che con vene, considerando che più spesso le donne hanno vene varicose rispetto agli uomini e, quindi, potenzialmente meno efficienti in caso di by-pass – spiega Rinaldi -. Attendiamo i risultati di questa sperimentazione tra qualche anno”.

In ogni caso, l’esperienza italiana conferma quanto emerge negli USA. “Ci sono due elementi che contano quando si deve effettuare una rivascolarizzazione, sia essa con by-pass o per via interventistica, che possono rendere più complesso l’intervento nella donna – conferma l’esperto -. Oltre alle dimensioni dei vasi, che sono più piccoli nelle donne, conta anche la maggior tendenza delle arterie femminili a sviluppare vasospasmi. Inoltre esiste un microcircolo che più facilmente va incontro a disfunzione, per malattia dei piccoli vasi, che può incidere negativamente sui risultati del trattamento”.

Anche questo elemento, insomma, si lega alla maggiore complessità della condizione vascolare femminile. Il problema in questo caso si chiama MINOCA. In pratica, si tratta di una forma di infarto che si verifica anche con coronarie apparentemente indenni. Questa condizione interessa soprattutto il genere femminile e rappresenta un elemento in più da considerare nella prognosi.



www.repubblica.it 2024-01-25 08:29:42

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