Tutte le notizie qui
Backaout
Backaout

Un biomateriale per rigenerare la cartilagine

38

- Advertisement -


Un biomateriale che contiene cellule staminali e che, se stimolato con ultrasuoni, favorisce la loro differenziazione in cellule del tessuto cartilagineo. L’idea è di un gruppo di ricerca guidato da Leonardo Ricotti, docente di bioingegneria presso il Sant’Anna di Pisa, che ha messo a punto il nuovo biomateriale all’interno di un progetto di ricerca europeo. L’obiettivo è migliorare il trattamento dell’osteoartrosi, una malattia degenerativa che colpisce circa la metà delle persone di età superiore ai 50 anni. Nei casi più gravi, oggi l’unica soluzione è l’impianto di una protesi: un intervento invasivo che può dare complicanze.

La ricerca

Per il momento il biomateriale è stato testato in studi pre-clinici, ossia attraverso esperimenti condotti in vitro e su modelli animali. L’ultimo, che ne ha mostrato l’eccellente profilo di sicurezza negli animali da laboratorio, è stato pubblicato su ACS Nano. Prima di potere essere utilizzato nella pratica clinica, però, il sistema dovrà dimostrarsi efficace e sicuro anche negli studi clinici sui pazienti.

Quattro ingredienti principali

Il biomateriale, la cui composizione è protetta da brevetto, contiene quattro ingredienti fondamentali, racconta Ricotti a Salute: “Le cellule staminali, ottenute a partire dal tessuto adiposo del paziente (prelevato attraverso una semplice liposuzione del grasso addominale, ndr.), un polimero che serve a intrappolare i vari componenti all’interno di una matrice semi-solida, e due nanomateriali che agiscono come potenziatori per la differenziazione delle cellule staminali in cellule del tessuto cartilagineo. Uno – prosegue il ricercatore – è l’ossido di grafene, a base di carbonio, e l’altro, quello principale, è il titanato di bario, un materiale piezoelettrico”. Quest’ultimo risponde a stimoli meccanici (che nel caso del presente studio sono costituiti dalle onde degli ultrasuoni) generando micro-cariche elettriche, che a loro volta danno uno stimolo alle staminali per differenziarsi in tessuto cartilagineo, spiega ancora Ricotti: “Questa era la nostra ipotesi iniziale, che abbiamo verificato con l’ultimo studio che abbiamo pubblicato”.

Gli effetti sulle cellule

Il fatto che un impulso elettrico possa favorire la differenziazione di cellule staminali in un determinato tipo di cellule specializzate è noto a livello empirico, grazie alla letteratura scientifica pubblicata nel corso degli anni. Nel caso specifico non è però immediato comprendere come questo tipo di stimolo sia in grado di favorire la loro differenziazione selettiva in cellule del tessuto cartilagineo e non in altri tipi di cellule. L’effetto, spiega Ricotti, è probabilmente dovuto a un insieme piuttosto complesso di fattori. Dallo studio è infatti emerso che le micro-cariche elettriche generate dal sistema alterano l’equilibrio interno delle cellule staminali e attivano una serie di pathway (vie metaboli, ndr.) collegati soprattutto con la polimerizzazione dell’actina, una proteina che insieme alla tubulina costituisce il citoscheletro, ossia una sorta di “impalcatura” intracellulare deputata al mantenimento della forma e della struttura delle cellule. “L’effetto sulla differenziazione – sottolinea il docente – è molto evidente, e di molto superiore rispetto ad altri metodi che si trovano in letteratura”.

Completata la fase preclinica

Il biomateriale risulta quindi promettente sotto diversi aspetti. Innanzitutto si basa su tecniche poco invasive, sia per quanto riguarda l’ottenimento delle cellule staminali di partenza, sia per quanto riguarda l’utilizzo degli ultrasuoni come stimolo per l’attivazione del sistema. Questi ultimi, tra l’altro, tendono anche ad abbassare i livelli di infiammazione locale, il che costituisce già di per sé un vantaggio, visto il ruolo che i processi infiammatori giocano nell’osteoartrosi. Inoltre, come anticipato, i test di sicurezza effettuati sugli animali da laboratorio hanno dato ottimi risultati: “La sicurezza del materiale è risultata eccellente. Non ha generato alcun tipo di tossicità o risposta infiammatoria negli animali – prosegue Ricotti – Abbiamo in realtà anche già effettuato i test di efficacia su un modello animale, ma i risultati non sono ancora stati pubblicati. Con questi ultimi abbiamo completato la fase pre-clinica”.

Necessari nuovi finanziamenti per gli step futuri

Per gli studi clinici, sottolinea il ricercatore, serviranno ulteriori fondi, dato che il progetto di ricerca, finanziato dal programma Horizon 2020 dell’Unione Europea, terminava con i test sugli animali. “Stiamo attualmente scrivendo delle proposte di progetto per provare ad ottenerli – conclude – Se le fasi successive della ricerca verranno finanziate, passeremo a testare il biomateriale sui pazienti. Prima che la possibile soluzione commerciale diventi accessibile a tutti potrebbero essere necessari ancora diversi anni”.



www.repubblica.it 2024-01-26 15:52:59

This website uses cookies to improve your experience. We'll assume you're ok with this, but you can opt-out if you wish. Accept Read More