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Giornata mondiale contro il cancro: agire su istruzione ed economia per migliorare la…

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A pochi giorni dall’approvazione in Senato del disegno di legge sull’autonomia differenziata che ha messo in allarme anche gli oncologi, lo slogan ‘Close the care gap’ scelto a livello internazionale per celebrare il 4 febbraio la Giornata mondiale contro il cancro, suona quasi come un monito a ricordare che le disparità nelle cure sono già troppe e bisogna lavorare per ridurle il più possibile: ne va della vita di chi si ammala di tumore. Un quarto delle morti in Italia, infatti, è associato a bassa istruzione, tossicità finanziaria e migrazioni sanitarie da Nord a Sud, ma anche da città a provincia. I dati e le possibili strategie per superare le differenze territoriali sono stati presentati nel corso del convegno nazionale ‘Close the Care Gap’, promosso dall’Istituto Superiore di Sanità, Aiom (Associazione Italiana di Oncologia Medica) e Fondazione Aiom, con l’intervento di Rocco Bellantone, presidente dell’Iss, che ospita l’evento.

 

Bassa scolarità, capacità di reddito e tumori

In Italia circa un quarto delle morti per cancro è riconducibile a bassi livelli di istruzione. Quasi 30mila (29.727) decessi oncologici nel 2019 nel nostro Paese, nella popolazione fra 30 e 84 anni, sono infatti correlabili alla scarsa scolarità (22.271 morti negli uomini e 7456 nelle donne), come evidenziato in uno studio pubblicato sul ‘Journal of Public Health’. Il tasso di scolarizzazione spesso condiziona anche la successiva capacità di reddito. “Le persone con un alto livello di istruzione – afferma Saverio Cinieri, presidente Fondazione Aiom – dispongono di più strumenti per comprendere l’importanza della prevenzione, per interpretare le informazioni utili sui sintomi della malattia e per adottare comportamenti che possono influire sull’efficacia delle terapie. Da qui il tasso di mortalità per cancro più elevato nei cittadini meno istruiti”.

 

La tossicità finanziaria

Chi riceva una diagnosi di cancro deve vedersela anche con questioni di ordine economico e se la situazione di partenza era già delicata la malattia inevitabilmente peggiora le difficoltà economiche dei pazienti. È la cosiddetta tossicità finanziaria, che colpisce il 26% delle persone con neoplasia ed è legata a diversi fattori, tra cui i costi che i malati devono sostenere per recarsi nei luoghi di cura. Basti pensare che, nel 2022, in Italia quasi 28mila pazienti oncologici hanno cambiato Regione per curarsi, in particolare per un intervento chirurgico. “La tossicità finanziaria interessa anche i pazienti di sistemi sanitari universalistici come il nostro – spiega Francesco Perrone, presidente Aiom. Abbiamo già dimostrato, in uno studio su 3.760 cittadini con tumore in Italia, che al momento della diagnosi il 26% deve affrontare problemi di natura economica e il 22,5% peggiora questa condizione di disagio durante il trattamento. Questi ultimi, inoltre, hanno un rischio di morte nei mesi e anni successivi del 20% più alto”.

 

Sedici domande per capire le cause

Servono strumenti per individuare tutte le cause della tossicità finanziaria e proporre alle Istituzioni le soluzioni. Va in questa direzione il primo questionario al mondo messo a punto in Italia e in grado non solo di misurare questa condizione, ma anche di definirne i motivi nel contesto di un servizio sanitario pubblico. Si chiama Proffit (Patient Reported Outcome for Fighting Financial Toxicity) ed è composto da 16 affermazioni sui cui i pazienti sono chiamati ad esprimere o meno il loro assenso. “Negli Stati Uniti – aggiunge Perrone – è stato sviluppato Cost, un questionario composto da 11 affermazioni che esplorano e misurano le conseguenze, prevalentemente psicologiche, della tossicità finanziaria, senza però indagarne le cause, che vengono date per scontate. In Proffit, invece, 9 affermazioni riguardano proprio le cause delle difficoltà economiche e 7 ne misurano le conseguenze”.

 

Quanto pesa la sanità privata

Le 16 affermazioni di Proffit toccano diversi temi, a partire dalla qualità della interazione tra il paziente e gli operatori sanitari e dalla capacità di questi ultimi di parlarsi e costruire una rete di accoglienza, in cui il malato si senta preso in carico, fino alle spese che il sistema non copre. “Alcune uscite – continua il presidente Perrone – riguardano il ricorso più o meno frequente alla sanità privata. Altre toccano farmaci supplementari o integratori, oppure trattamenti aggiuntivi come, ad esempio la fisioterapia che è difficile praticare nel sistema pubblico”.

La migrazione sanitaria

Ma da sempre la nostra sanità soffre della disuguaglianza dell’assistenza sanitaria sul territorio: pesano la distanza tra la casa e il luogo dove si ricevono le cure e le spese di trasporto da sostenere. E questo non solo nei casi estremi di migrazione sanitaria da Sud a Nord. “I problemi – prosegue Perrone – possono nascere per raggiungere dalla provincia i centri specialistici nelle grandi città. Insomma, una serie di determinanti, sui quali vogliamo sensibilizzare i decisori politici e gli amministratori, che possono mettere in campo politiche di cambiamento”.

Il ruolo dell’oncologia per lo sviluppo scientifico e sociale

Il questionario Proffit è a disposizione della comunità scientifica ed è stato validato in lingua inglese per la sua applicazione anche nel Regno Unito. “È importante che nessun cittadino, dalla prevenzione all’accesso alle cure, sia lasciato indietro. Per questo chiediamo più investimenti e più personale, anche per liberare i clinici dai troppi adempimenti burocratici. L’oncologia è un cardine del Servizio Sanitario Nazionale, ma va sostenuta con misure strutturali”, sottolinea Perrone. Ne è convinto anche Mauro Biffoni, direttore Dipartimento Oncologia e medicina molecolare dell’Iss che dichiara: “L’oncologia italiana, se adeguatamente supportata, può affermarsi come un motore di sviluppo in ambito non solo scientifico, ma anche economico e sociale. La qualità del nostro Sistema Sanitario è testimoniata dalla sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi, che presenta tassi più alti rispetto alla media europea nei tumori più frequenti.

Più 18% di sopravvivenza con le reti oncologiche

La ‘Giornata Mondiale contro il Cancro’ vuole evidenziare proprio le differenze nelle cure ed è per questo che per la campagna 2022-2024 è stato scelto lo slogan ‘Close the care gap’. “Anche in Italia vi sono disparità che devono essere superate, perché nessuno rimanga indietro e tutti possano accedere non solo alle terapie più efficaci ma anche ai programmi di screening, indipendentemente dal luogo in cui vivono”, ribadisce Biffoni. Stessa posizione per Adriana Bonifacino, presidente della Fondazione IncontraDonna: “Superare le disuguaglianze nel diritto alla cura del cancro è di fondamentale importanza. Il miglior percorso di diagnosi e cura non può essere relazionabile alla Regione, alla città, al territorio di appartenenza. L’offerta dei centri di eccellenza per la cura del cancro e l’innovazione farmacologica non devono trovare ostacoli. I diritti esigibili e l’equità all’accesso alle cure migliori devono essere garantiti, senza discriminazione alcuna. Realizzare e implementare le reti oncologiche non è più opzionabile. Basti pensare quanto sia fondamentale, solo per il carcinoma mammario, affidarsi ai centri di senologia di eccellenza regionale per poter ottenere un 18% in più in termini di sopravvivenza a 5 anni”.

 

Qualità dell’aria e tumori

In una fase storica in cui l’attenzione ai temi ambientali è molto alta, inevitabile far emergere anche il legame fra inquinamento atmosferico e cancro. “L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha rilasciato ripetuti aggiornamenti delle linee guida per la qualità dell’aria – sottolinea Paolo Vineis, ordinario di Epidemiologia Ambientale all’Imperial College di Londra. I limiti raccomandati per il PM2.5, il particolato fine che è considerato cancerogeno per l’uomo, sono passati da 10 a 5 microgrammi per metro cubo”.

 

La posizione dell’Italia sui valori limite degli inquinanti

Nell’ottobre 2022, la Commissione Europea ha proposto una nuova Direttiva per allinearsi con le linee guida Oms e per raggiungere l’ambizioso obiettivo di ‘inquinamento zero’ fissato dalla Commissione per il 2050, che comporterebbe, tra l’altro, la riduzione del numero di morti premature attribuibili al particolato fine del 55% al 2030, rispetto al 2005. “La norma italiana – prosegue Vineis – prevede attualmente un valore medio massimo annuale per il PM2.5 di 25 microgrammi per metro cubo. Nel 2023 quattro Regioni, tutte nella Pianura Padana, una delle aree più inquinate in Europa, si sono opposte alla revisione della Direttiva europea sulla qualità dell’aria, chiedendo valori limite degli inquinanti meno stringenti rispetto a quanto proposto e una deroga temporale. L’Italia, pertanto, rischia di rimanere indietro nella lotta al cambiamento climatico e all’inquinamento ambientale, avviata dalla Commissione Europea con il Green Deal”.

 

Insistere sugli stili di vita

Nel 2023, in Italia, sono state stimate 395.000 nuove diagnosi di tumore e anche se i dati sulla sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi sono rassicuranti, si può fare di più soprattutto con una buona strategia di prevenzione. “È necessario potenziare le azioni volte a diffondere l’adozione consapevole di uno stile di vita sano e attivo in tutte le età, promuovendo campagne mirate. La sedentarietà disegna un gradiente sociale a svantaggio delle persone con maggiori problemi economici o bassa istruzione, fra le quali raggiunge il 43% rispetto al 25% dei cittadini che non vivono questa condizione. E l’obesità è pari al 17% fra gli individui con svantaggio sociale rispetto al 9% di chi non ne riferisce”, sottolinea Cinieri. Stessa situazione se si pensa al fumo: nel 2022, la prevalenza del fumo fra le persone con molte difficoltà economiche era pari al 37% ed analoga a quanto si osservava nel 2008, mentre fra chi non ha problemi finanziari la quota di fumatori è scesa dal 27% al 22% fra il 2008 e il 2022.



www.repubblica.it 2024-02-02 09:58:09

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