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Diabete di tipo 2, così si scopre chi rischia di più infarto e ictus

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Che il diabete di tipo 2 sia un fattore di rischio cardiovascolare è noto a tutti. Chi soffre di questa patologia deve tenere sotto controllo al meglio la glicemia anche per limitare i rischi di problemi alle arterie che possono incrementare il pericolo di andare incontro ad infarto o ictus cerebrale. Non solo: la diagnosi precoce del diabete, specie se sono presenti altri fattori di rischio cardiovascolare come ipertensione, sovrappeso e aumento del colesterolo LDL, rappresenta un fattore chiave nella lotta ai rischi per cuore e vasi. In questa sorta di “prevenzione generalizzata”, in ogni caso, sarebbe importante capire quanto e come una persona con diabete sia a rischio di infarto ed ictus.

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Ovvero capire se oltre alla glicemia e all’emoglobina glicata (ed ovviamente alla valutazione del rischio cardiovascolare globale) ci sono parametri specifici per il singolo individuo che informino su un maggior pericolo, consentendo quindi una prevenzione mirata. Ebbene, ci sarebbero 13 biomarcatori in grado di indirizzare gli sforzi sui soggetti a rischio più elevato di sviluppare infarti ed ictus in presenza di diabete di tipo 2. Uno di questi, il peptide natriuretico di tipo b N-terminale pro (NT-proBNP), sarebbe particolarmente significativo in questo senso. A dirlo è una ricerca condotta da 23 esperti provenienti da 11 paesi, coordinata dagli studiosi dell’Università Johns Hopkins, dell’Università Cinese di Hong Kong e dell’ateneo di Lund, in Svezia. Lo studio è stato pubblicato su Communications Medicine.

Un’analisi approfondita

Le statistiche dicono che le persone con diabete di tipo 2 presentano un sostanziale raddoppiamento delle probabilità di sviluppare malattie cardiovascolari rispetto a quelle che non presentano la patologia metabolica. Ma al momento appare difficile sapere quali indicatori specifici possono rivelare i pericoli legati alla malattia. Per questo lo studio, che ha preso in esame e analizzato ricerche specifiche sul tema delle differenze tra le persone con diabete di tipo 2 che hanno avuto malattie cardiovascolari rispetto a chi non le ha avute, propone una serie di segnalazioni davvero interessanti, anche considerando le diversità tra le varie popolazioni. 

“Il nostro obiettivo era identificare marcatori promettenti che potessero migliorare la previsione del rischio cardiovascolare nelle persone con diabete di tipo 2 – rivela in una nota dell’ateneo Nestoras Mathioudakis, del Johns Hopkins Medicine Diabetes Prevention & Education Program e docente all’Università omonima. L’obiettivo è stato osservare le informazioni oltre i tradizionali fattori prognostici come l’ipertensione e il fumo.” Dalla revisione e dall’analisi della letteratura medica, gli studiosi hanno tratto informazioni su ben 321 biomarcatori, per giungere alla conclusione 13 sono risultati significativamente associata al rischio di sviluppare infarti ed ictus nei soggetti con diabete di tipo 2.

I test da considerare

Sul fronte della capacità predittiva, il  punteggio più elevato in etrmini di significatività è stato raggiunto dal peptide natriuretico di tipo b N-terminale pro (NT-proBNP), che ha mostrato un’evidenza elevata. Questo esame viene attualmente utilizzato per monitorare lo stato di insufficienza cardiaca nei pazienti. Dall’analisi di diversi trial disponibili in letteratura emerge che nelle persone con diabete di tipo 2 valori più elevati di NT-proBNP nel corpo erano correlati a un rischio più elevato di malattie cardiovascolari.

Addirittura un’indagine su 16.000 pazienti ha rilevato un aumento del tasso di rischio del 64% per ogni aumento della deviazione standard di NT-proBNP. Tra gli altri test che hanno mostrato un’evidenza moderata di correlazione con il rischio cardiovascolare nei soggetti con diabete vanno segnalati l’analisi della troponina-T, il rapporto tra glicemia e trigliceridemia che può rappresentare un indicatore surrogato di insulino-resistenza, la valutazione del rischio genetico di malattia coronarica, la velocità dell’onda del polso.

Appaiono utili anche l’angiografia con TC delle arterie coronariche, la stessa Tomografia computerizzata a emissione di fotone singolo, la velocità dell’onda del polso o la valutazione dei valori della proteina C-reattiva. Meno significativi, in chiave di definizione del rischio di infarto ed ictus nella persona con diabete di tipo 2, sarebbero invece altre misurazioni, come quella della valutazione del calcio nell’arteria coronarica, della placca carotidea, di fattori specifici di crescita e di parametri come la galectina-3 o la troponina-I. Ora, la ricerca deve andare avanti. I 13 biomarcatori, in particolare NT-proBNP, dovranno confermare il loro potenziale con studi su misura.



www.repubblica.it 2024-02-01 02:00:13

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