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Pronta la mappa delle varianti genetiche dannose per il cuore

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È pronta la mappa delle varianti genetiche che mettono a rischio la salute del cuore: una nuova tecnica ha infatti rivelato che le alterazione genetiche in particolare nelle cellule che rivestono i vasi sanguigni sono determinanti per le malattie coronariche, o coronaropatie, cioè tutte quelle alterazioni a carico delle arterie che portano il sangue al cuore, che rappresentano, ad oggi, la prima causa di morte.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature e guidato da Brigham and Women’s Hospital di Boston e Università di Stanford, pone le basi per diagnosi precoci e per progettare farmaci mirati.

La relazione tra varianti genetiche e rischio di infarto

Negli ultimi anni sono state identificate centinaia di regioni del Dna associate al rischio di infarto, ma spesso mancano metodi efficaci per capire i meccanismi biologici che influenzano, intralciando così gli sforzi per sviluppare terapie efficaci. I ricercatori coordinati da Rajat Gupta del Bwh e Jesse Engreitz di Stanford hanno quindi sviluppato una tecnica innovativa che permette proprio di mappare la relazione tra varianti genetiche e funzionamento delle cellule: per fare ciò, hanno sequenziato 215.000 cellule che rivestono i vasi sanguigni, cancellando uno alla volta 2.300 geni associati a malattie coronariche e studiando come queste ‘eliminazionì influenzano l’espressione di altri 20.000 geni in ogni cellula.

Non solo infarto

Gli autori dello studio hanno così scoperto che 43 delle 306 varianti legate a coronaropatie giocano un ruolo importante anche in una rara patologia nota come ‘malformazione cavernosa cerebrale’, che colpisce i vasi sanguigni del cervello: una coincidenza che apre a possibili trattamenti anche per questo grave disturbo.

“È notevole che questo approccio ci abbia indirizzato subito verso nuovi geni e percorsi che erano finora sfuggiti all’attenzione”, commenta Engreitz. “Questa tecnica sarà un potente strumento – conclude il ricercatore – per studiare molte altre malattie i cui fattori di rischio genetici sono ancora sconosciuti”.



www.repubblica.it 2024-02-07 16:00:14

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