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Sindrome di Brugada: che succede se si spengono i segnali elettrici “sbagliati”

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“Per un pugno di cellule”. Viene da dirlo, parafrasando il titolo di un celebre western, in riferimento al cuore. Perché c’è una centralina, invisibile ma rintracciabile grazie ad un medicinale che fa da “spia”, capace di scatenare la fibrillazione ventricolare in chi soffre della sindrome di Brugada. Si trova sulla superficie del cuore, ovvero sull’epicardio. E’ stata definita substrato aritmico ed è stato identificata dal gruppo di ricerca di Carlo Pappone, Direttore dell’Unità operativa di Elettrofisiologia e Aritmologia dell’Irccs Policlinico San Donato. Quel gruppo di cellule in grado di esprimere potenziali elettrici anomali va a formare un’area che si associa alla modalità di presentazione clinica della malattia e al rischio di soffrire di una forma di malattia più aggressiva, quella associata allo sviluppo di aritmie ventricolari maligne, che mettono a rischio di arresto cardiaco.

Un passo in più della ricerca

Oggi la ricerca fa un passo in più. Perché non solo dimostra una volta di più il ruolo di questa invisibile struttura cellulare, ma fa vedere anche che andando a “silenziare” proprio quelle cellule con un trattamento su misura, l’ablazione epicardica con radiofrequenza, si può ottenere un potenziale controllo stabile e duraturo della situazione. Il trattamento, infatti, dimostra di poter eliminare i segnali elettrici anomali che nascono appunto sulla superficie cardiaca. Non solo. Si conferma anche il ruolo di un “esploratore” farmacologico della parete del cuore. Si chiama aimalina e consente di slatentizzare le anomalie elettriche latenti, segnando così la strada per erogare il trattamento mirato con radiofrequenze. Ad offrire tutte queste informazioni e a disegnare importanti prospettive future per questa patologia è una ricerca dello stesso gruppo (Carlo Pappone, Giuseppe Ciconte, Gabriele Vicedomini, Luigi Anastasia e Vincenzo Santinelli) dello stesso Dipartimento di Aritmologia, apparsa sulla rivista EP Europace.

Cosa dice la ricerca

Lo studio ha preso in esame 257 pazienti con Sindrome di Brugada sintomatica nei quali è stato impiantato un defibrillatore. 206 sono stati sottoposti ad ablazione epicardica con radiofrequenza, mentre un secondo gruppo di 51 pazienti ha ricevuto solo l’impianto del defibrillatore ed ha rifiutato l’ablazione. Nel gruppo trattato con l’ablazione, ovviamente si è prima proceduto a identificare le “centraline anomale” da trattare sulla superficie dell’epicardio del ventricolo destro, utilizzando la strategie di ricerca sopradescritta. Prima del trattamento, con un’osservazione mediana di circa 27 mesi, si sono registrati episodi di fibrillazione in 53 pazienti. Nel periodo di monitoraggio (40 mesi) in seguito ad ablazione, invece il gruppo sottoposto a questa terapia ha mostrato risultati superiori rispetto al gruppo di controllo. Il tutto, va ricordato, senza complicazioni rilevanti legate alla procedura. Lo studio, quindi, fa sperare che l’ablazione della Sindrome di Brugada possa arrivare a liberare i pazienti da una malattia che può insidiare la loro vita ogni giorno. Inoltre, non si esclude nel prossimo futuro che questa tecnica terapeutica possa rappresentare una valida alternativa all’impianto di un defibrillatore, che ovviamente pur essendo un salvavita può avere pesanti influenze sulla vita di ogni giorno. Si attendono per ulteriori conferme gli studi in corso, alcuni dei quali prossimi alla pubblicazione.

Cos’è la sindrome di Brugada

La malattia ha origine genetica e può determinare diverse forme di aritmie. Si chiama così dagli scopritori del quadro, Josep e Pedro Brugada. La patologia può portare ad una fibrillazione ventricolare maligna che compare anche nei giovani e negli adolescenti, con conseguente aumento del rischio di morte improvvisa. Le aritmie possono esordire a qualsiasi età, anche se si manifestano più frequentemente durante l’età adulta, tra i 25-45 anni. Cosa succede quando in chi è portatore del quadro si scatena la fibrillazione ventricolare? il ventricolo sinistro si contrae anche centinaia di volte al minuto in maniera del tutto autonoma rispetto all’atrio soprastante, che invece mantiene il suo normale ritmo. Questa situazione emodinamica porta rapidamente ad uno sconvolgimento nella circolazione del sangue. Infatti le contrazioni “impazzite” del ventricolo sono del tutto inutili, perché ogni volta il sangue immesso nell’aorta è di gran lunga inferiore rispetto alle necessità dell’organismo. In pochi secondi, quindi si può verificare uno stato di grave ischemia al cuore stesso, al cervello e agli altri organi.

 

 



www.repubblica.it 2024-02-07 10:37:26

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