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Malattie infiammatorie dell’intestino, metà dei pazienti non riesce a controllare ben…

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La metà dei pazienti con malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI) non riesce a controllare in maniera ottimale la sua patologia con le terapie a disposizione. Lo dimostrano diversi studi in letteratura e lo conferma IBD-Podcast, uno studio osservazionale condotto in 10 Paesi fra cui l’Italia, dove ha coinvolto 220 pazienti con Malattia di Crohn e Colite Ulcerosa: il 54% del primo gruppo di malati e il 49% del secondo gruppo ricade nella definizione di “controllo non ottimale”. Un quadro che è caratterizzato da una qualità di vita non soddisfacente, manifestazioni delle patologie che coinvolgono anche organi diversi dall’intestino e il mancato raggiungimento della guarigione mucosale. Con ripercussioni importanti sulle relazioni e sul benessere emotivo.

Le MICI causano disabilità spesso invisibili e, allo stesso tempo, incidono in maniera molto pesante sulla vita quotidiana dei pazienti: si tratta di patologie che interessano l’apparato gastrointestinale e che alternano periodi di remissione e di riacutizzazione. I sintomi, di differente gravità, possono includere, tra gli altri: diarrea persistente, dolore addominale, perdita di appetito e di peso.

La diagnosi precoce limita l’impatto della malattia

“Si tratta di patologie altamente invalidanti che si manifestano con una sintomatologia che spesso spaventa il paziente e i familiari. Molte diagnosi, infatti, avvengono dopo che il paziente si è recato in pronto soccorso a seguito di sintomi acuti”, dichiara Massimo Fantini, Direttore della Struttura Complessa di Gastroenterologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Cagliari che ospita il Centro per la ricerca, diagnosi e cura delle MICI. “La diagnosi precoce è di fondamentale importanza poiché può limitare l’impatto della malattia sulla vita delle persone, non solo dal punto di vista fisico, ma anche emotivo ed economico”. Dalla comparsa dei primi sintomi alla diagnosi possono passare anche 5 anni, seppur nella maggior parte dei casi, il ritardo diagnostico è oggi inferiore a 6 mesi ed è differente, tra colite ulcerosa (più breve) e Malattia di Crohn (spesso più lungo).

Gli obiettivi della terapia

 

“Oggi, grazie alla ricerca scientifica, gli obiettivi del trattamento si stanno concentrando sulla remissione clinica, sulla ‘guarigione’ della mucosa intestinale, e sull’assenza di disabilità, migliorando la qualità di vita senza dover ricorrere all’intervento chirurgico” sottolinea Alessandro Armuzzi, Responsabile dell’Unità Operativa di IBD – Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali presso IRCCS Istituto Clinico Humanitas. “Negli ultimi dieci anni abbiamo assistito ad una vera e propria rivoluzione nella gestione delle MICI. Dobbiamo continuare a impegnarci nel miglioramento della conoscenza, con particolare riguardo ai campanelli d’allarme che dovrebbero condurre il paziente da uno specialista gastroenterologo”. 

La guarigione della mucosa intestinale

 

La gestione delle MICI sta quindi evolvendo oltre il controllo dei sintomi e la remissione clinica, verso la cosiddetta guarigione mucosale, cioè il ripristino del rivestimento intestinale che in questi pazienti è fortemente lesionato. Gli studi hanno dimostrato che l’assenza di ulcerazioni è associata a migliori esiti clinici e a un minor rischio di ospedalizzazioni e interventi chirurgici. Insomma, è una spia importante dello stato di salute migliorato, al di là del sollievo dei sintomi. Per capire quali siano le condizioni della mucosa è necessario un esame endoscopico ma una volta raggiunta la guarigione la situazione può essere tenuta sotto controllo monitorando dei biomarcatori, come la calprotectina fecale.  

La consapevolezza dei pazienti
 

Nel corso del 2023, l’Associazione AMICI ETS (Associazione Nazionale per le Malattie Infiammatorie Croniche dell’Intestino) ha realizzato un’indagine su più di 1000 pazienti che testimonia la conoscenza di alcuni concetti chiave. Il 95% del campione, per esempio, afferma di sapere che un miglioramento dei sintomi non significa una guarigione mucosale a livello intestinale. Più della metà del campione conosce la differenza tra remissione clinica e remissione endoscopica.  Circa 8 pazienti su 10 ritengono di aver ben compreso la salienza della scelta terapeutica. 

“L’Associazione Pazienti svolge un ruolo chiave nello sviluppo di un «Patient Health Engagement», cioè nel generare consapevolezza della patologia. La maggior parte dei pazienti (+70%) dichiara, infatti, l’importanza dei gruppi di supporto nella gestione e accettazione della malattia – conclude Salvo Leone, Direttore Generale AMICI ETS Associazione Nazionale per le Malattie Infiammatorie Croniche dell’Intestino. L’attenzione deve rimanere focalizzata su diagnosi tempestive, percorsi di cura sempre più appropriati e personalizzati e che tengano conto della condizione di cronicità. E’ quindi fondamentale garantire sostegno, anche quello psicologico, a questa comunità di malati invisibili che hanno diritto alla miglior qualità di vita possibile”.



www.repubblica.it 2024-02-08 19:50:07

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