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Ricerca contro il cancro, Italia sesta per richieste di brevetti

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Come si misura l’innovazione in ambito scientifico? Uno dei metodi per farlo è quello di analizzare quante delle intuizioni e degli studi nati in ambito accademico, all’interno di startup o nelle grandi aziende si sono tramutate in applicazioni brevettabili. Se si restringe il campo per discipline è possibile riuscire ad avere una misura di quanto è progredita la ricerca nei diversi settori. L’Ufficio brevetti europeo (Epo) lo ha fatto per le innovazioni avvenute in campo oncologico dal 1970 a oggi. Da allora ne abbiamo totalizzate più di 140mila, dicono, con una crescita vertiginosa negli ultimissimi anni. A guidarla ci sono le aziende farmaceutiche, soprattutto negli Usa, ma è cresciuto anche il ruolo di università e istituti pubblici.

 

Dai trattamenti alla bioinformatica: cosa serve nella lotta al cancro

Il report presenta un’analisi dettagliata sia dei brevetti collegati all’oncologia (nel documento si parla più propriamente di International patent families – IPF, o famiglia di brevetti internazionali, ovvero una stessa invenzione coperta da brevetti in almeno due paesi). Vengono prese in considerazione innovazioni sviluppate in quattro diversi macrocampi: quello della diagnosi e dell monitoraggio della malattia (dalle tecniche di imaging alle biopsie liquide); quello dei trattamenti (dalla chirurgia alle terapie mediche); quello dei modelli utilizzati per studiare il cancro; quello che abbraccia il vasto campo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) legate ai tumori (dalla bioinformatica all’intelligenza artificiale). Alcune di queste innovazioni, precisa lo stesso report, sono ancora considerate sperimentali: si parla d’altronde di innovazioni brevettabili, per le quali c’è un interesse ad avere una protezione e utilizzo di esclusività, e non sempre di tecnologie entrate già nella pratica clinica. 

Un’impennata di innovazioni a partire dal 2015

Entrando nel merito dei dati, il report sottolinea il fortissimo aumento del numero di brevetti che è avvenuto dal 2015 in poi: erano quasi 8mila nel 2015, sono diventati oltre 13mila nel 2021. A fare da traino sono stati soprattutto l’immunoterapia, la terapia genica, le terapie che sfruttano gli acidi nucleici non codificanti, le biopsie liquide e le tecnologie informatiche. Gli Stati Uniti guidano l’innovazione oncologica (praticamente da sempre: suoi oltre il 50% delle IPF degli ultimi vent’anni), seguiti – con un distacco notevole – dall’Unione Europea, dal Giappone e dalla Cina, che negli ultimi due anni di monitoraggio ha raggiunto e superato l’Europa a 27 nazioni. Nel Vecchio Continente, in cima alla classifica dei paesi più innovatori degli ultimi vent’anni si trovano Germania, Regno Unito e Francia. L’Italia è sesta. 

Non solo le grandi aziende

Ma chi è che chiede queste brevetti? Sono soprattutto le grandi aziende, ma non solo, soprattutto guardando ai trend degli ultimi anni. Sono grandi aziende – non solo dell’industria farmaceutica ma anche tecnologica – otto su dieci delle realtà che hanno guidato l’innovazione contro il cancro tra il 2002 e il 2021. In prima posizione si trova Roche, con oltre 3000 IPF, seguita dall’Università della California e in terza posizione da Novartis. Il sistema dell’Università della California e l’Inserm francese (istituto pubblico) sono le uniche due realtà oltre i giganti dell’industria a comparire in classifica. Con un peso sempre maggiore negli ultimi anni: se infatti si restringe lo sguardo solo agli anni a cavallo tra il 2017 e il 2021, il sistema dell’Università della California guida la classifica, seguito da Roche e poi dall’Inserm. In generale, dal 2002 al 2021 università, ospedali e istituti di ricerca sono stati il motore di un terzo di tutte le innovazioni contro il cancro.



www.repubblica.it 2024-02-12 17:28:43

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