Tutte le notizie qui
Backaout
Backaout

In futuro reinventeremo cibi e sapori

29

- Advertisement -


C’è chi, guardando al domani, vede un po’ di ieri. Ingredienti del passato conditi di tecnologia. Questa studiosa è Sara Roversi, fondatrice e presidente del Future Food Institute che, dal 2014, fa dell’innovazione alimentare uno strumento chiave per le sfide degli anni a venire. “Sulla tavola del futuro non immagino pillole, beveroni, insetti e carne sintetica”, dice. “Preferisco pensare a una tavola con meno alimenti trasformati e più prodotti genuini”.

Le coltivazioni di qualità

Tornare a vivere come i nostri nonni? “No, è impensabile”, specifica Roversi. “Per quanto sia importante studiare gli stili di vita dei centenari per farne tesoro, la tradizione deve allearsi con la tecnologia. Dobbiamo cambiare punto di vista: non mirare solo alle alternative e al prodotto, ma ripensare i metodi di produzione di ciò che abbiamo già a disposizione. Per questo, credo che l’agricoltura rigenerativa sia il futuro”. Si tratta di una pratica che punta a ripristinare la salute del suolo per aumentarne la fertilità, con la riduzione dei prodotti chimici, la rotazione delle colture e la diminuzione degli sprechi.

Rappresenta un modello innovativo e circolare, che può dare una risposta ai molteplici problemi di oggi. La sua efficacia risiede non solo nella capacità di incrementare la fertilità del suolo, promuovere la biodiversità e ridurre le emissioni, ma di stimolare uno sviluppo ecologico integrale delle comunità”, spiega la presidente del FFI.

“L’agricoltura rigenerativa potenzia la resilienza economica attraverso la diversificazione delle colture e la riduzione della vulnerabilità a malattie o variazioni di mercato e rafforza i legami tra agricoltori e consumatori, perché questi ultimi diventano più consapevoli di come viene prodotto il cibo e, di conseguenza, più attenti nelle scelte. Per essere davvero efficace, però, l’agricoltura rigenerativa deve affidarsi e fidarsi delle nuove tecnologie”.

Cosa offre il Cilento: il Paideia Campus

Un esempio? “Immagini satellitari per rilevare lo stato di salute delle colture, strumenti che permettono all’agricoltore di misurare la capacità del terreno di sequestrare carbonio dall’atmosfera; così come una logistica che trasporti i prodotti in modo sostenibile. Oggi la mia Mecca dell’agricoltura rigenerativa nel Mediterraneo è il Cilento”.

È in questa area della Campania che il Future Food Institute, in collaborazione con il Comune di Pollica, sperimenta il modello della città del futuro con il Paideia Campus. Il borgo è trasformato in un laboratorio di innovazione: sono stati rimessi in coltura i terreni abbandonati, è nato un progetto per misurare gli effetti benefici del vivere mediterraneo sulla salute, è stata avviata la costruzione di un impianto per la produzione di energia green a partire dall’alga posidonia spiaggiata e dal rifiuto umido, che darà energia a 500 famiglie.

Modelli agricoli studiati in tutto il mondo

“Gli agricoltori ospitano visitatori da tutto il mondo, che arrivano per studiare i loro modelli agricoli e rimangono stupiti dalla quantità di biodiversità nei campi”, fa sapere Roversi. “Perché, al di là delle alghe e degli insetti, che sono alimenti appartenenti ad altre culture che confluiranno sempre di più nella nostra, in futuro dovranno tornare sulle nostre tavole le biodiversità del passato”.

In 70 anni, con l’affermarsi di un modello agricolo più industrializzato, molte varietà ortofrutticole sono state abbandonate. Un po’ perché alcune aree di coltura si sono popolate e, quindi, sono diminuite le zone per la coltivazione, un po’ perché le sementi commerciali, più produttive e lucrose, hanno sostituito le sementi tradizionali.

La biodiversità degli ortaggi

Anche se il collegamento non è immediato, la biodiversità degli ortaggi, così come quella dei prodotti del mare, è connessa con la salute umana: i regimi alimentari moderni si riducono spesso a un numero di limitato di specie vegetali, ma seguire una dieta monotona porta ad assumere sempre gli stessi nutrienti. Tutte le verdure contengono acqua e fibre, c’è però una parte, quella dei cosiddetti composti secondari (molecole bioattive per la maggior parte antiossidanti), in cui sono differenti l’una dall’altra: mangiare varietà diverse significa esporsi a una vasta gamma di sostanze buone, che contribuiscono, ognuna in modo unico, alla salute.

“Parlare del legame tra alimentazione e salute è cruciale: è impressionante – conferma Roversi – quanto la dieta incida sui nostri parametri, in primis la fertilità. Secondo i dati del progetto EcoFoodFertility, nato in Campania per studiare l’impatto alimentare e ambientale sulla riproduttività maschile, negli ultimi 45-50 anni gli spermatozoi si sono ridotti di oltre il 50% nel mondo”.

Le analisi del coordinatore del progetto, l’urologo e andrologo Luigi Montano, hanno dimostrato alterazioni e danni nella fertilità di ragazzi e uomini che vivono nelle aree più inquinate e anche il fatto che modificare la dieta e lo stile di vita possono determinare un miglioramento.

In uno studio, pubblicato sulla rivista European Urology Focus, Montano e il suo team hanno seguito due gruppi di uomini sani: per quattro mesi, il primo gruppo ha adottato la dieta mediterranea e un programma di attività fisica moderata, il secondo non ha modificato il proprio stile di vita. Al termine del test i parametri di fertilità del primo gruppo hanno mostrato un significativo miglioramento.

Alternative proteiche e molto altro

Insomma, parlare del futuro della tavola non significa solo discutere delle alternative proteiche. “Bisogna riflettere su tanti aspetti”, riprende l’esperta. “Quando il FFI è nato, 10 anni fa, iniziavano le prime sperimentazioni di carne vegetale, stampata e coltivata: all’Università di Stanford il biologo Joseph D. Puglisi realizzava il primo hamburger vegetale, mentre a Maastricht il fisiologo Mark Post creava la carne artificiale a partire da cellule staminali animali.

Allora li coinvolgemmo per capirne di più e solo oggi queste novità sono alla portata di chiunque. Dunque, è ancora più necessario porsi delle domande sui modelli di produzione. Capire se è conveniente adottare un’innovazione dal punto di vista nutrizionale, ambientale e sociale in un determinato luogo. Così come è importante sperimentare per comprendere al meglio l’impatto di un prodotto sulla salute”.

I rischi dei prodotti nati da colture cellulari

Per ora, un rapporto della Fao e dell’Oms spiega che i rischi dei prodotti realizzati a partire da colture cellulari in laboratorio sarebbero per lo più paragonabili a quelli dei cibi tradizionali. Tra le sfide di domani, intanto, c’è la riduzione degli sprechi nell’agroalimentare, dove diventa basilare il riutilizzo degli scarti. Diverse aziende si rivolgono per questo al Future Food Institute, che con un team di “food alchemist”, scienziati ma anche gastronomi, designer ed esperti di nutrizione, studia come uno scarto possa diventare un nuovo prodotto.

“Dagli avanzi della birra sono state realizzate farine ad alto contenuto di proteine e fibre e da qui è nata una pasta; oppure è stato formulato un ragù a partire dagli scarti della banana”, racconta la presidente. “Altre aziende, invece, ci chiedono come ridurre zuccheri, sale e grassi dai prodotti per renderli più sani”. La diminuzione di questi nutrienti influirà sul benessere futuro più di quanto si immagini, dato che i tassi di obesità infantile sono sempre più alti.

Un ultimo auspicio? “Che si continui a cucinare”, conclude Roversi. “Le giornate sono frenetiche e abbiamo bisogno di mangiare rapidamente, ma ritagliarsi del tempo e connettersi con il cibo è un’azione a cui non dovremmo mai rinunciare, perché legata al benessere psicofisico”.



www.repubblica.it 2024-02-22 06:47:04

This website uses cookies to improve your experience. We'll assume you're ok with this, but you can opt-out if you wish. Accept Read More