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La mappa dei ricordi, il segreto per far durare i momenti preziosi

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La memoria non è una fotografia, ma un dipinto, in cui l’interpretazione gioca un ruolo fondamentale, in cui dettagli straordinari si aggiungono di giorno in giorno, ovviamente interpretati. Come fare perché eventi bellissimi vissuti durino nella nostra memoria? Il segreto lo svela Charan Ranganath, neuroscienziato, professore di Psicologia e neuroscienze all’Università della California Davis (Usa), nel suo libro “Why we remember”. “Di certo – dice – la memoria è molto più che una testimonianza del passato”.

Identità costruita sulla sabbia mobile

La premessa di Ranganath è questa: “Se i nostri ricordi costituiscono il fondamento di ciò che siamo – spiega -, questi a loro volta si basano su un presupposto molto semplice: è successo questo”. Ma le cose non sono così lineari.  “Aggiorniamo i nostri ricordi attraverso l’atto di ricordare – aggiunge Ranganath -. Ed esso crea strani pregiudizi, si infiltra nel nostro processo decisionale, colpisce il nostro senso di chi siamo. Piuttosto che essere depositi fotoaccurati di esperienze passate i nostri ricordi funzionano più come interpreti attivi, lavorando per aiutarci a navigare nel presente e nel futuro”. La conseguenza? L’esperto non ha dubbi: “Le nostre identità sono costruite sulla sabbia mobile”.

Perdiamo due terzi dei dati imparati in un giorno

Quello che va capito, e che lo stesso professore rimarca, arriva da un esempio: “Nel 1880, il pioniere della ricerca tedesca sulla memoria Hermann Ebbinghaus condusse studi che suggerivano che le persone, entro un giorno, perdono quasi due terzi delle informazioni appena apprese – ricorda Ranganath -. Questo si somma ad un malinteso, al fatto che la memoria debba essere un archivio del passato. Ci aspettiamo di essere in grado di riprodurre nelle nostre teste il passato come un film, ma in realtà non riproduciamo gli eventi così come sono accaduti, semmai li elaboriamo attraverso una lente di interpretazione e immaginazione.

E qui entrano in gioco due definizioni importanti per accertare cosa e quanto possiamo ricordare: la memoria episodica, che indica la memoria delle esperienze di vita, e quella semantica, termine utilizzato per la memoria dei fatti e della conoscenza del mondo.

Quanto possiamo ricordare?

“È estremamente difficile rispondere alla domanda – dice Ranganath -. Possiamo ricordare una quantità straordinaria di dettagli che a volte ci possono far sentire come se avessimo una memoria fotografica. Siamo capaci di queste imprese. Direi che siamo tutti esperti di memoria quotidiana, perché abbiamo una memoria semantica eccezionale, che è l’impalcatura per quella episodica”.

A questo punto si fa strada un’altra domanda: se i ricordi sono malleabili, quali sono le implicazioni sul modo in cui comprendiamo il nostro “vero” sé? “Il nodo della questione è rappresentato da uno scopo importante della memoria, ovvero darci un’illusione di stabilità in un mondo in continua evoluzione – sottolinea l’esperto -. Perché se cerchiamo i ricordi, li rimodelleremo nelle nostre convinzioni su ciò che sta accadendo in questo momento. Saremo di parte nella misura in cui campioneremo il passato. Abbiamo queste illusioni di stabilità, ma in realtà viviamo un continuo cambiamento. E a seconda dei ricordi a cui attingiamo, quelle narrazioni di vita possono mutare”.

Attenti all’illusione

È come se il nostro cervello si creasse illusioni su ciò che dovrebbe avvenire. “Abbiamo l’illusione che gran parte del mondo sia causa ed effetto – prosegue il neuroscienziato – . Ma la ragione di tutto ciò è che il nostro cervello cerca costantemente di trovare degli schemi. Una cosa che rende il cervello umano così sofisticato è che abbiamo una linea temporale più lunga in cui possiamo integrare le informazioni rispetto a molte altre specie. Questo ci dà la capacità di dire che, stando alle nostre conoscenze, ad un evento ne corrisponderà un altro. Come se fosse una predizione del futuro quotidiana. Abbiamo appunto l’illusione di sapere esattamente cosa succederà, ma il fatto è che non lo sappiamo, perché la memoria può esagerare”.

La verità del ricordo

Ma se ciò che ricordiamo, o il tenore emotivo di ciò che ricordiamo, è dettato da come pensiamo in un momento presente, cosa possiamo veramente dire sulla verità di un ricordo? È sempre Ranganath a parlare: “Penso alla memoria più come un dipinto che come una fotografia. Ci sono spesso aspetti fotorealistici di un dipinto, ma c’è anche l’interpretazione. Man mano che un pittore si evolve, potrebbe rivisitare lo stesso soggetto più e più volte e dipingere in modo diverso in base a chi è ora. Siamo capaci di ricordare le cose con dettagli straordinari, ma diamo significato a ciò che ricordiamo. Siamo progettati per estrarre significato dal passato e quel significato dovrebbe contenere verità. Ma possiede anche conoscenza, immaginazione e, talvolta, saggezza. Penso che tutti abbiano ricordi apparentemente inspiegabili che restano impressi in noi. Uno per me è, una vita fa, seduto durante uno stage e incrociando gli occhi con una persona dall’altra parte della stanza, con cui non ho mai parlato. Questa interazione di due secondi ce l’ho ancora in testa 20 anni dopo”.

Un’ipotesi su cos’è importante

Secondo lo scienziato quel “dipinto” che ci rappresentiamo nella mente fermato in un ricordo, in sostanza la memoria, “spesso è un’ipotesi formulata dal cervello su ciò che è importante”. E cos’è allora importante? “Cose che fanno paura, cose che stimolano il desiderio, cose sorprendenti”, risponde l’esperto. E dal punto di vista più intenzionale, ci sono cose che potremmo essere in grado di fare in un dato momento perché gli eventi durino nella nostra memoria? “Si tratta di essere consapevoli – sottolinea Ranganath -. Se si vuole formare un nuovo ricordo, bisogna concentrarsi sugli aspetti dell’esperienza che si vogliono portare con sè. Se ci si trova con il proprio figlio al parco bisogna concentrarsi sulle parti che sono fantastiche, non su quelle che sono un po’ fastidiose: su ciò che si vede, sui suoni, sugli odori, perché quelli forniranno ricchi dettagli in seguito, quando li si ricorderà. Ma questo non ammette distrazioni, non ammette telefono o posta elettronica da controllare. La tecnologia può essere utile per la memoria, ma di solito non nel modo in cui la usiamo. Non sei realmente lì se scatti foto senza pensarci, perché quello prende il sopravvento sull’esperienza”.

Bloccati nel passato

Infine un fenomeno comune: quelli che rimangono bloccati nei ricordi, siano essi traumatici o più benignamente negativi. In quali modi possono sbloccarsi? “È molto difficile – risponde Ranganath – . Sappiamo che le persone adattano il loro messaggio a chi ascolta, aggiornano i ricordi. Quando andiamo avanti e indietro con la mente, aggiorniamo la memoria su qualcosa che poi non è più nostro”.

Ed esiste un nucleo immutabile del sé? O è solo questo fluente assemblaggio di interpretazioni di ricordi che danno senso al presente? “Alcune parti lo sono – evidenzia il neuroscienziato -. La memoria ci dà il potere di cambiare il nostro senso di chi siamo. Se si crede di essere un fallimento, gran parte del potere del pensare positivo sta nel ricordare quei momenti in cui non lo si è stato ed essere in grado di integrare quelle convinzioni”. Cosa fare dei ricorsi negativi? “Io metto le cose in piccoli scomparti, dentro di me – conclude -. Quando mi sento male, quei ricordi sono lì. È un continuo indossare il cappello giusto al momento giusto”.



www.repubblica.it 2024-02-28 02:00:00

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