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Reni, ci sono acque migliori di altre per prevenire i calcoli?

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Bere e bere tanto. Contro i calcoli renali è la raccomandazione d’oro. Ma ci sono acque migliori di altre? O, per la precisione: ci sono acque che aiutano a scongiurare più di altre il rischio di calcoli? Sul tema ci si interroga da tempo per capire come ottimizzare la prevenzione: non solo bevendo tanto, ma bevendo bene, e cercando di comprendere cosa sia meglio evitare o cosa invece non faccia poi così tanto la differenza. E’ questo il caso, a quanto pare, delle acque alcaline: acque con un pH basico, ritenute da alcuni utili per la salute, anche quella renale, ma che in realtà non aiuterebbero a scongiurare la comparsa dei calcoli, secondo uno studio da poco condotto negli Stati Uniti.

Acque alcaline contro i calcoli: lo studio

Così afferma infatti il team di ricercatori del Dipertimento di Urologia dell’Università della California di Irvine (Colorado) dalle pagine del Journal of Urology: le acque alcaline – almeno quelle da loro prese in considerazione – non sarebbero migliori di quella dei loro rubinetti nel ridurre il rischio di calcoli, soprattutto dei calcoli formati da acido urico e cistina.

L’ipotesi che le acque alcaline possano essere d’aiuto nella lotta ai calcoli non è però del tutto campata in aria, racconta a Salute Giuseppe Grandaliano, direttore della Unità operativa complessa di Nefrologia del Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS (tra gli “Ospedali di eccellenza”): “Si crede infatti che acque ricche di bicarbonati, producendo alcalinizzazione, possano scongiurare la formazione di alcuni calcoli favoriti da ambienti acidi, proprio come quelli di acido urico e di cistina”.

Il problema, però, è che le acque analizzate hanno sì un pH basico (tra 8 e 10), ma hanno un contenuto di sostanza alcaline trascurabile, non tale da modificare l’acidità delle urine e influenzare così il rischio di calcoli, come spiega Roshan M. Patel, a capo dello studio. Più facile ipotizzare che il ruolo benefico associato a queste acque – continuano gli autori – sia dovuto al fatto che hanno un sapore più buono dell’acqua del rubinetto, e possano dunque indurre a bere di più, con tutti i benefici del caso.

Meglio acque ricche o povere di calcio?

Contro i calcoli, infatti, il volume di acqua introdotto e la diuresi sono senza dubbio gli aspetti più importanti, riprende Grandaliano. Bere tanto – almeno due litri, meglio tre nelle persone a rischio di calcolosi – aiuta a diluire le urine, scongiurando la precipitazione delle sostanze che costituiscono i calcoli. “Un alto volume di liquidi vale come strategie di prevenzione generale per tutti. Ma se questa è la regola principale, alcune accortezze nella scelta di cosa bere aiutano a proteggersi ulteriormente”.

Poiché la maggior parte dei calcoli è costituita da calcio, una credenza diffusa è che le acque ricche di questo minerale siano sconsigliate e che siano da preferire quelle che ne sono povere. “In realtà, però, i calcoli sono costituiti da ossalato di calcio, dove la sostanza problematica è proprio l’ossalato, e il calcio aiuta a ridurne l’assorbimento”. Infatti a livello dell’intestino – riassume una recente review sul tema – l’ossalato, combinandosi con il calcio, diventa insolubile e viene espulso con le feci o viene degradato da alcuni batteri, riducendo la quota di quello che può arrivare al plasma e quindi ai reni. “Per questo le acque ricche di calcio, che possono essere anche quelle del rubinetto, non sono da evitare ma sono persino raccomandate. E meglio ancora se assunte in prossimità dei pasti, quando si introducono gli ossalati, che si trovano in tantissimi alimenti: dal cioccolato alle verdure, alla frutta secca, al tè”.

Attenzione a tè e bevande gassate

Anche il tè, dunque, andrebbe consumato con moderazione nelle persone a rischio calcolosi. Discorso identico per le bevande gassate: “Molte di queste bevande sono ricche di fruttosio, che da ultimo può favorire la produzione di acido urico – riprende l’esperto – Alcune, inoltre, apportano anche elevate quantità di acido ortofosforico, che facilita l’acidificazione e la precipitazione dei calcoli a pH basso, come quelli di acido urico o di cistina”. I liquidi che introduciamo con la dieta non sono tutti uguali, puntualizza Grandaliano, e non è la stessa cosa favorire la diuresi con l’acqua o altre bevande.

 

E le acque con poco sodio?

Infine l’esperto ricorda come, nel mare magnum delle offerte di acque minerali – pur considerando quella del rubinetto di qualità mediamente buona – d’aiuto possano essere anche le acque a ridotto contenuto di sodio, purché abbinate a una dieta povera di sodio. Perché “la maggior parte del sodio che assumiamo arriva dal cibo: bere acque iposodiche, se si introducono grandi quantità di sodio con la dieta, è semplicemente inutile”. 



www.repubblica.it 2024-03-05 14:23:38

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