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Gli effetti dello stress in gravidanza possono anticipare la pubertà delle primogenit…

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Lo stato emotivo di una donna, durante la gravidanza, può ripercuotersi in modo duraturo sulla vita dei suoi figli, in particolare su quella delle primogenite. Secondo uno studio dell’Università della California, Los Angeles, pubblicato sulla rivista Psychoneuroendocrinology, elevati livelli di stress in gravidanza possono anticipare la pubertà surrenale delle primogenite. Questo significa che possono manifestarsi, prima del tempo, una serie di cambiamenti come ad esempio la comparsa dei primi peli e brufoli sul corpo, e la maturazione di alcuni aspetti cognitivi. Nello studio non sono inclusi lo sviluppo del seno e l’inizio delle mestruazioni.

Lo stress della mamma

“Questa ricerca conferma che l’esposizione ambientale in gravidanza, che comprende anche i fattori emotivi, può avere un impatto significativo e duraturo sulle figlie”, commenta la ginecologa Maria Giuseppina Picconeri, membro del direttivo nazionale della Società italiana di riproduzione umana  e fondatrice del Nike Medical Center di Roma. “Lo stress in gravidanza è una condizione molto comune, specialmente nelle donne che hanno avuto difficoltà a concepire e che sono ricorse a trattamenti per la fertilità o alla procreazione medicalmente assistita. Anche se un po’ di stress è normale e addirittura ‘salutare’ – continua – quando è troppo alto e duraturo può avere un impatto anche sul feto. Questo studio mostra, in particolare, l’effetto che può avere sulle figlie”.

La ricerca

Lo studio ha coinvolto 253 donne incinte, reclutate da due cliniche situate nel Sud della California. L’età media delle madri era di 30 anni e tutte erano in attesa di un solo bambino. Per circa la metà delle donne si trattava della prima gravidanza e nel 48% dei casi sono nate delle bambine. I ricercatori hanno valutato i livelli di stress, depressione e ansia delle madri a 15, 19, 25, 31 e 37 settimane di gravidanza. Ad esempio, è stato chiesto loro di valutare quanto certe affermazioni fossero vere per loro, come ad esempio “Mi sento sola”. Per quanto riguarda i livelli di ansia, è stato chiesto loro quanto spesso avvertivano sintomi particolari come “nervosismo”. I bambini, invece, sono stati monitorati man mano che crescevano, all’età di 8-10 anni, a 11-12 anni e a 13-16 anni.

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In particolare, i ricercatori hanno prelevato campioni di saliva da ciascun bambino con l’obiettivo di testare i livelli di alcuni ormoni, come gli estrogeni e il testosterone prodotti dalle ghiandole surrenali e gonadiche, che segnalano la pubertà. Inoltre, gli scienziati hanno misurato i segni di traumi o stress infantili, come la morte di un genitore, il divorzio, l’assenza di una figura paterna e il basso reddito.  Ebbene, dai risultati i ricercatori hanno scoperto che le donne che avevano sperimentato livelli elevati di stress durante la gravidanza avevano maggiori probabilità di mettere al mondo primogenite poi entrate in pubertà precoce. Non è stato così per i figli maschi e nelle figlie non primogenite. Per questo, secondo i ricercatori, questi risultati potrebbero essere interpretati in chiave evolutiva. L’influenza dello stress prenatale sulle primogenite può spingerle a diventare “aiutanti” perfette nella crescita dei fratelli più piccoli: una figlia più matura a portata di mano può essere un vantaggio per tutta la famiglia. Questo potrebbe spiegare perché lo stress in gravidanza non ha lo stesso effetto sui figli maschi o sulle altre figlie.

Lo stress cronico

Tuttavia, quel vantaggio evolutivo potrebbero avere un prezzo molto alto, sia per la futura mamma che per la sua primogenita. “Lo stress cronico può favorire il rilascio in circolo di alcuni ormoni, come il cortisolo e l’adrenalina”, sottolinea Picconeri. “Questa alterazioni ormonali possono essere pericolose per la donna incinta, aumentando ad esempio il rischio di ipertensione gravidica. Di conseguenza, può interferire sulla formazione e sullo sviluppo della placenta, aumentando il rischio di ritardi nella crescita fetale, di patologie perinatali, parto pretermine e ora questo studio evidenzia un legame anche con l’inizio della pubertà delle figlie”, aggiunge.

La pubertà precoce

La pubertà precoce può avere a sua volta una serie di conseguenze sulla salute futura di una donna, come evidenzia un crescente numero di ricerche. Ad esempio, uno studio della Tulane University, in Louisiana, ha scoperto che le ragazze che hanno iniziato ad avere il ciclo mestruale prima dei 13 anni di età, hanno un rischio maggiore di sviluppare il diabete di tipo 2 e di soffrire di ictus in età adulta rispetto alle coetanee che sono maturate più tardi. Inoltre, uno studio pubblicato sulla rivista Hormones and Behavior ha scoperto che le ragazze che hanno attraversato la pubertà precoce avevano maggiori probabilità di essere depresse. E uno studio pubblicato su Lancet ha rilevato che le ragazze che hanno iniziato ad avere il ciclo mestruale in tenera età avevano un rischio maggiore di sviluppare il cancro al seno. 

“Negli ultimi 20 anni abbiamo registrato un aumento dei casi in cui la pubertà è anticipata: si stima che oggi le bambine raggiungano la maturazione in media 6 mesi prima delle madri e questo può avere svariati effetti sulla crescita e salute da adulte”, sottolinea Picconeri.

I risultati dello studio, secondo i ricercatori, dovrebbero indurre mettere in atto una serie di politiche che contribuiscano a un maggior accesso all’assistenza sanitaria e al benessere generale delle donne incinte. “È importante saper valutare il benessere emotivo della donna durante la gravidanza – suggerisce Picconeri – .Bisogna dunque intercettare i primi segni di malessere e offrire alle donne incinte il supporto psicologico di cui necessitano”.



www.repubblica.it 2024-03-07 17:12:22

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