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Scompenso cardiaco, si allarga la possibilità di usare il farmaco che protegge i reni…

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Lo scompenso cardiaco è la seconda causa di ospedalizzazione in Italia; una malattia spesso sottovalutata che ha un impatto molto forte anche in termini di patologie correlate e di mortalità. Per i pazienti che ne soffrono, in particolare che hanno uno scompenso cardiaco cronico sintomatico, c’è ora la possibilità di ricorrere a un farmaco, dapagliflozin, prima riservato solo ad alcuni malati. “Lo scompenso cardiaco viene classificato in diverse categorie in base alla frazione di eiezione, che è un indice di capacità contrattile, del ventricolo sinistro e circa la metà dei pazienti con scompenso cardiaco presenta una frazione di eiezione lievemente ridotta o preservata”, afferma Michele Senni, direttore della Cardiologia 1 e del Dipartimento Cardiovascolare dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Ebbene, dapagliflozin ha ora ottenuto dall’Agenzia Italiana del Farmaco la rimborsabilità per tutto lo spettro della frazione di eiezione. E diventa quindi il primo e unico inibitore selettivo del co-trasportatore renale di sodio e glucosio (SGLT2) a essere rimborsato oltre che per tutti i casi di scompenso cardiaco anche per il trattamento del diabete di tipo 2 e della malattia renale cronica.

L’efficacia del farmaco

Lo scompenso cardiaco è una malattia cronica che peggiora nel tempo causando una ridotta ossigenazione di organi e tessuti e la compromissione della qualità di vita: è associata a comorbidità elevate e a un tasso di mortalità fino al 20% e al 50% rispettivamente a 1 anno e a 5 anni dalla diagnosi. Gli studi clinici su cui si basa l’approvazione mostrano come dapagliflozin funzioni in tutto lo spettro della frazione di eiezione: rispetto al placebo, ha ridotto significativamente il rischio di mortalità da tutte le cause del 10%, il rischio di mortalità cardiovascolare del 14% e il rischio di ospedalizzazione per scompenso cardiaco del 29%.

In particolare, i benefici in termini di efficacia di dapagliflozin relativamente alla riduzione della mortalità cardiovascolare e del peggioramento dello scompenso cardiaco, sono stati già visibili a 13 giorni e 28 giorni dall’inizio della terapia, rispettivamente per i pazienti con frazione di eiezione lievemente ridotta o preservata e per i pazienti con frazione di eiezione ridotta. “Ogni nuova terapia che la ricerca scientifica e il Sistema Sanitario Nazionale mettono a disposizione per la cura di una patologia cronica, invalidante e caratterizzata da comorbilità quale lo scompenso cardiaco, è certamente un’ottima notizia per noi pazienti che quotidianamente affrontiamo le sfide anche relative alla gestione e alla complessità della cura”, afferma Rossana Bordoni, Presidente di AISC Associazione Italiana Scompensati Cardiaci.

L’esperienza nel diabete 

Prima di essere approvato per il trattamento dello scompenso cardiaco cronico sintomatico, dapagliflozin ha ottenuto l’indicazione per il trattamento del diabete mellito di tipo 2, anche in termini di prevenzione cardiovascolare e renale. 
“La pubblicazione dei risultati dello Studio DECLARE ha mostrato, per la prima volta in una popolazione per la maggior parte in prevenzione primaria, una diminuzione del 27% del rischio di ospedalizzazioni per scompenso cardiaco e del 47% del rischio di perdita della funzionalità renale rispetto al placebo – sottolinea Riccardo Candido, Presidente AMD Associazione Italiana Medici Diabetologi –. Considerato che in Italia l’utilizzo degli SGLT2i per il trattamento dei pazienti affetti da diabete si attesta al 29% ci immaginiamo come, alla luce di tutte le nuove evidenze e indicazioni, questa rimborsabilità potrà impattare sulla comunità diabetologica e come questa classe di farmaci possa rappresentare la terapia di base nella gestione delle persone con diabete per prevenire l’insorgenza di complicanze”.

La protezione dei reni

Diabete e malattia renale cronica sono patologie fortemente impattanti sulla qualità di vita dei pazienti e interconnesse tra di loro tanto che si stima che, a livello globale, una persona su tre con malattie renali, cardiovascolari o metaboliche, conviva oggi con una o più di queste patologie, a testimonianza dell’importanza di identificare, diagnosticare e conseguentemente trattare i pazienti in maniera più tempestiva e più efficace.

“Anche per la nefrologia l’approvazione e l’utilizzo di dapagliflozin hanno rappresentato una svolta epocale – continua Loreto Gesualdo, Ordinario di Nefrologia presso l’Università Aldo Moro di Bari e Presidente FISM (Federazione Italiana Società Medico-Scientifiche). È stato il primo trattamento ad avere un’indicazione specifica per questa patologia e l’unica opzione terapeutica, insieme alla diagnosi precoce, a consentire un rallentamento della progressione della malattia e dell’entrata in dialisi. Prima ancora di ricorrere al trattamento è però importante agire in ottica di prevenzione e identificare i pazienti a rischio per sottoporli a due semplici esami, GFR e ACR, che consentono una diagnosi della patologia e di intervenire tempestivamente. Questo permetterebbe una riduzione della necessità di terapie complesse e ad alto impatto sulla qualità di vita, come la dialisi e il trapianto. In particolare, dapagliflozin presenta efficacia nefro – e cardio- protettiva in pazienti con e senza diabete ed è in grado di rallentare l’entrata in dialisi anche di 10 anni”.

Un farmaco da usare subito

Lo scompenso cardiaco cronico è la causa principale di ospedalizzazione nelle persone con età superiore ai 65 anni e costituisce un significativo onere clinico ed economico. 
“E’ fondamentale avere a diposizione un farmaco per lo scompenso cardiaco da poter utilizzare già nella prima fase di ospedalizzazione, perché si tratta di una finestra temporale di azione unica”, dichiara Claudio Borghi, Docente di Medicina Interna all’Università di Bologna, Direttore di Unità Operativa di Medicina Interna, Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico S.Orsola Malpighi, Bologna. Dapagliflozin può difatti essere somministrato già prima della dimissione del paziente e più rapidamente la persona viene trattata, prima i risultati sono visibili. Quotidianamente vediamo pazienti che possono presentare le tre patologie singolarmente ma molto spesso anche contemporaneamente; pertanto, avere a disposizione un singolo farmaco come dapagliflozin efficace e sicuro in questi contesti clinici permette realmente di poter impattare sulla qualità di vita dei pazienti e migliorare la gestione di queste patologie”.
 



www.repubblica.it 2024-03-11 11:51:15

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