Tutte le notizie qui
Backaout
Backaout

Sclerosi multipla nei bambini: trattare prima per trattare meglio

16

- Advertisement -


Trattare prima per trattare meglio e scongiurare il rischio di disabilità. E’ questo il principale risultato che emerge da una ampia analisi internazionale che ha coinvolto oltre 5000 ragazzi con esordio pediatrico di sclerosi multipla. Lo studio ha visto la partecipazione di diversi ricercatori italiani ed è stato appena pubblicato su Lancet Child & Adolescent Health. Ed è da qui che, forti delle evidenze, i ricercatori lanciano un messaggio chiaro alla comunità dei clinici che seguono i pazienti pediatrici: “I bambini con sclerosi multipla recidivante-remittente dovrebbero essere trattati precocemente con terapie ad alta efficacia, prima di sviluppare importanti problemi neurologici, così da preservare meglio le loro capacità neurologiche”. 

 

La sclerosi multipla nei bambini e nei ragazzi

Le raccomandazioni arrivano dopo aver analizzato la progressione della malattia attingendo ai dati di un registro internazionale rappresentativo di 41 paesi e dal registro italiano della sclerosi multipla. L’idea all’origine dello studio, spiegano gli stessi autori, era quella di capire in che modo farmaci ad alta efficacia, che negli adulti hanno già mostrato di poter ridurre l’accumulo di disabilità, funzionassero nella popolazione pediatrica, ovvero quando la sclerosi multipla si presenta prima dei 18 anni. In particolare l’intenzione era di capire gli esiti delle terapie iniziate in fasi precoci di malattia, in condizioni cosiddette di “disabilità minima”, quando i danni sono ancora contenuti.

Secondo quanto riferisce AISM, l’associazione italiana sclerosi multipla, le diagnosi pediatriche riguardano meno del 10% dei casi, più spesso dopo i dieci anni. Nei bambini la sclerosi multipla presenta sintomi per lo più sovrapponibili a quelli adulti (disturbi visivi, motori, della deambulazione), ma possono essere presenti anche sonnolenza, crisi epilettiche e disturbi cognitivi. In genere, aggiungono poi gli esperti, il recupero dopo episodi di ricadute nei ragazzi è sì più veloce, ma comunque associato a un rischio di peggioramento nel tempo in termini di disabilità.

 

L’analisi

I ricercatori hanno analizzato tipo di terapia ricevuta ed eventuali cambiamenti nel livello di disabilità accumulata o transizione verso forme secondariamente progressive (le forme progressive di sclerosi multipla sono quelle più gravi di malattia) per capire quali terapie erano più efficaci, e quanto, nel ridurre il rischio di peggioramento nella popolazione pediatrica (dove, a differenza di quella adulta, le evidenze provenienti dalle sperimentazioni cliniche sono più limitate).

Nel dettaglio i ricercatori hanno provato a distinguere gli effetti delle terapie “modificanti la malattia” cosiddette “ad alta efficacia” da quelle ad efficacia inferiore. Con “terapie modificanti la malattia” si intendono quei trattamenti che mirano a influenzare l’andamento della patologia, ritardandone la progressione e riducendo le ricadute. Nel primo grande gruppo – quello delle terapie ad alta efficacia – figurano farmaci come alemtuzumab, cladribrina, fingolimod, natalizumab, ocrelizumab e rituximab – mentre dell’altro fanno parte farmaci come l’interferone beta, il glatiramer acetato, e il dimetilfumarato, per esempio. 

Trattare prima per ridurre la disabilità

Mettendo insieme i risultati, i ricercatori hanno osservato che l’efficacia delle terapie era maggiore quando erano somministrate precocemente, a livelli ancora bassi o moderati di disabilità, tanto nel caso di trattamenti a bassa che ad alta efficacia. I benefici maggiori però si avevano per le terapie ad alta efficacia. “E’ il più grande studio di questo tipo sulla popolazione pediatrica e speriamo che riesca ad avere delle ripercussioni, così che i bambini con sclerosi multipla possano accedere alle terapie più efficaci il prima possibile”, ha commentato Sifat Sharmin dell’Università di  Melbourne, prima autrice dello studio. La raccomandazione  però- rimarcano in chiusura del loro studio gli esperti – deve tener conto del profilo di sicurezza e dell’accettabilità delle varie terapie (che hanno modalità di somministrazione diverse, alcune orali, altre per via iniettiva), considerando sempre eventuali rischi di immunosoppressione sul lungo termine.



www.repubblica.it 2024-03-28 08:06:44

This website uses cookies to improve your experience. We'll assume you're ok with this, but you can opt-out if you wish. Accept Read More