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Sedici anni in più di vita in salute: Bolzano batte Reggio Calabria

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Anche in salute ci vuole fortuna nel dove si nasce. Se nella Provincia di Bolzano si hanno maggiori possibilità di avere una vita in buona salute fino a 69,3 anni, in Calabria questa aspettativa crolla a 53,1 anni, vale a dire 16 anni in meno. Se in Alto Adige dopo i 65 anni si può sperare di vivere senza limitazioni per altri 12,4 anni, a Reggio Calabria solo per 8,8.
Sono i dati che emergono dal Rapporto Bes – Benessere Equo e Sostenibile dell’Istat, utilizzato dalla Corte dei Conti nella sua relazione sui divari nello stato di salute degli italiani. Un gap che dice come siano gli stili di vita, ma anche la Sanità a influire non tanto sull’aspettativa generale (la media italiana è di 82,6 anni, 83 al Nord e al centro, 81,7 al Sud) quanto sugli anni che vivremo in salute, nella speranza di una vecchiaia senza l’afflizione di patologie croniche o invalidanti.

E pensare che fino a 30 anni fa l’aspettativa di vita in buona salute era decisamente migliore al Sud rispetto al Nord. “Se si guardano i dati degli Anni ’70, ma anche quelli sino alla fine degli anni ’90, era netto il vantaggio per le regioni del Sud – commenta il professor Carlo La Vecchia, epidemiologo all’Università di Milano -. La dieta mediterranea e lo stile di vita hanno avuto un ruolo importante sulla salute e l’aspettativa di vita, ma questo trend si è completamente invertito negli ultimi anni”.

I primi dati post pandemia

“Dopo la flessione della speranza di vita alla nascita dovuta allo shock pandemico, con un arretramento di oltre un anno nel 2020 rispetto al 2019, ora si osserva una lenta ripresa, con una riduzione del gap di genere e livelli di speranza di vita in buona salute che si mantengono comunque più elevati rispetto al dato pre-pandemia”, scrive sul report la ricercatrice Emanuela Bologna. E dai dati Istat incrociati con le “pagelle” della Corte dei Conti sul Servizio sanitario nazionale emerge che nelle Regioni in cui c’è un’offerta migliore anche le prospettive di vita sono migliori. Ma a far più paura sono soprattutto le rinunce alle prestazioni sanitarie fra i giovani adulti, per liste d’attesa troppo lunghe e per problemi economici, il che inevitabilmente porterà ad anziani che hanno fatto meno prevenzione e più malati. 

Sanità spaccata in due

Dal report della Corte del Conti sui Lea (Livelli essenziali di assistenza), vale a dire le cure che la Sanità nazionale dovrebbe garantire allo stesso modo in tutta Italia, gratuitamente o dietro il pagamento di un ticket, emerge ancora una volta un Servizio sanitario che viaggia a velocità molto diverse: dai dati relativi al 2022 quasi la metà delle Regioni incassa almeno un’insufficienza, mentre lì dove la Sanità funziona meglio, ovvero in Veneto, Emilia e Toscana seguite dalla Lombardia, l’aspettativa di salute va di pari passo. Il nuovo pacchetto di prestazioni gratuite sarebbe dovuto entrare in vigore nel gennaio scorso, ma è stato fatto slittare al primo aprile e ora al 2025. Un rinvio che per alcune Regioni, spesso del Nord, non vale, visto che con risorse proprie hanno deciso già di assicurarle, e che accentua ancor di più il divario e la mobilità passiva da Sud al Nord, in cerca di cure migliori: chi fa le valigie per curarsi lo fa soprattutto da Campania, Calabria e Sicilia verso Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna.

L’influenza degli stili di vita

Ma sono tante le variabili ad incidere sulla aspettativa di vita in salute: sicuramente c’è stato un netto peggioramento della sedentarietà, che in Lombardia è del 25,6% mentre in Sicilia è al 57,7% e in Calabria del 58,2%. “Dopo un miglioramento generale osservato fino al 2019, a partire dal 2020 si evidenziano significative oscillazioni per quasi tutti gli indicatori e, nella maggior parte dei casi, nel confronto 2019-2022 emergono segnali di peggioramento. In particolare, l’indicatore di sedentarietà, che era migliorato con una maggiore diffusione nella popolazione a svolgere attività fisica destrutturata al di fuori di palestre e piscine, peggiora nel 2022, tornando a livelli ancora più critici rispetto al 2019″, rileva l’Istat.

“Non stupisce dunque – sottolineano invece i magistrati della Corte dei Conti – che in termini di eccesso di peso il non soddisfacente dato medio nazionale del 44.5% della popolazione maggiorenne va disaggregato con un picco del 54,1% in Campania, del 52,8% in Basilicata, del 49.2% in Sicilia”: in Piemonte e in Toscana è del 42,4%, a Bolzano del 38,8%.

L’abitudine del fumo

Sedentarietà e obesità sono fra i maggiori colpevoli del peggioramento dello stato di salute al Sud, ma “non bisogna dimenticare anche il fumo che sta registrando un andamento negativo costante negli ultimi anni”, sottolinea il professor La Vecchia. Che prosegue: questo vizio “si è diffuso prima al Nord e poi al Sud, dove si è radicato” mentre in altre Regioni è drasticamente diminuito per poi tornare a crescere negli ultimi anni. Inoltre, “l’impatto della sanità pubblica e degli ospedali sull’aspettativa di vita in buona salute è però difficilmente quantificabile”, e questo è dovuto anche al fatto che i dati Istat si riferiscono a una “salute percepita”.

Confrontando le diverse ripartizioni territoriali, è vero che da Bolzano alla Calabria si perdono 16 anni, ma la buona salute è migliorata per il Sud. “Riflette lo stato socio-economico in cui si vive – conclude l’epidemiologo -. Sicuramente la sanità è cambiata, meno le abitudini degli italiani che vorrebbero continuare a curarsi nell’ospedale sotto casa o che fa più comodo, quando invece è diventato necessario spostarsi, soprattutto quando si tratta di tumori e di un approccio integrato di cura che i centri periferici non sono in grado di offrire”. 

Budget e investimenti ridotti

Dunque, è inutile negare che alla base di tutto siano anche le condizioni socio-economiche e la disponibilità finanziaria ad incidere sulla aspettativa di vita in salute. Se picchi di calore e inquinamento si ripercuotono sulla mortalità, la povertà ha un impatto diretto sulla qualità della vita: gli indicatori di Benessere economico aggiornati al 2021 mostrano un aumento del rischio di povertà e le grandi difficoltà ad arrivare a fine mese, con un peggioramento nelle fasce medie che si rispecchia nella salute, dall’aumento dei costi di frutta e verdura alla necessità di rivolgersi alla Sanità privata per fare screening così come esami di routine o specialistici. In questo l’Italia è fanalino in Europa, con uno svantaggio negli indicatori di Benessere economico e degli investimenti in sanità: se da noi la spesa pubblica è di 131 miliardi per 58,9 milioni di abitanti, in Germania lo Stato ne spende 427 per 83,8 e la Francia 271 per 68 milioni di residenti.



www.repubblica.it 2024-04-02 13:29:30

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