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Infezioni resistenti, gli uomini rischiano di più

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Se siete uomini e siete incappati in una fastidiosa infezione da Escherichia coli, dovreste avere qualche preoccupazione in più. Perché uno studio pubblicato su Plos Medicine e presentato dal gruppo coordinato da Gwen Knight della London School of Hygiene and Tropical Medicine al Congresso europeo di microbiologia clinica e malattie infettive, a Barcellona dal 27 al 30 aprile, ha trovato una correlazione tra il sesso e la resistenza agli antibiotici proprio per questo batterio: che dunque più frequentemente mostra resistenza nei pazienti maschi rispetto alle femmine.

Una minaccia di cui si sa poco

 

La resistenza agli antibiotici (AMR, dall’inglese antimicrobial resistance) rappresenta com’è noto una grave minaccia per la salute pubblica globale: secondo l’OMS, nel 2019 è stata direttamente responsabile di 1,27 milioni di decessi a livello globale, contribuendo indirettamente ad altri 4,95 milioni di morti in tutto il mondo. Oltre a morte e disabilità, aggiunge la Banca Mondiale, le infezioni resistenti gravano sui sistemi sanitari di tutti i paesi, con costi aggiuntivi superiori ai 1.000 miliardi di dollari entro il 2050 e una perdita di oltre tremila miliardi di dollari di PIL ogni anno entro il 2030.
Eppure, scrivono gli autori guidati da Knight, si sa ancora troppo poco sul modo in cui la prevalenza della resistenza vari non soltanto a seconda del sesso, ma anche con l’età e con l’area geografica di provenienza. Quello che si sa, per esempio, è che l’incidenza delle infezioni batteriche aumenta con l’età: la maggiore frequenza di infezioni tra gli anziani si traduce in una maggiore esposizione agli antibiotici e in un maggiore contatto con le strutture sanitarie, come gli ospedali, che sono notoriamente un luogo di trasmissione di batteri resistenti. Ma questa associazione non appare sempre in modo lineare. Anche il rapporto tra sesso e AMR non è così chiaro, sebbene la maggior parte dei sistemi di sorveglianza della resistenza agli antibiotici, sia in Europa che negli Stati Uniti, raccolga dati disaggregati per questa variabile, ma non in modo organico. 

Lo studio

 

Così i ricercatori hanno deciso di affrontare di petto la questione, analizzando i dati di sorveglianza relativi alle infezioni segnalati alla rete europea di sorveglianza della resistenza antimicrobica (EARS-Net), per un totale di quasi sette milioni di segnalazioni provenienti da 944 mila persone nel periodo 2015-2019. Il database, oltre a contenere informazioni sulla sensibilità ai diversi antibiotici di 38 specie batteriche, riferiva anche dati sull’età (da 1 a 100 anni), sesso e localizzazione geografica, per un totale di 29 paesi europei. Comprendere l’associazione tra queste diverse variabili – sostengono infatti i ricercatori – può aiutare a comprendere meglio l’epidemiologia della resistenza agli antibiotici, fare previsioni sulla sua evoluzione e aiutare le autorità sanitarie a definire interventi mirati. 

Le differenze emerse

I risultati dell’analisi mostrano alcune linee di tendenza. In primo luogo, emerge come solo il 47% dei risultati provenissero da individui di sesso femminile, con una distribuzione di età simile in entrambi i sessi (66 anni in media). In secondo luogo, appare abbastanza chiaro come ci siano variazioni sostanziali nella prevalenza della resistenza agli antibiotici in base all’età sia tra paesi diversi che all’interno dello stesso paese. Per quanto riguarda la variabile del sesso, emerge come gli uomini avessero maggiori probabilità di avere un’infezione resistente, rispetto alle donne, in caso di Escherichia coli e Klebsiella pneumoniae, e tra i più giovani per Acinetobacter. Per lo Staphylococcus aureus resistente alla meticillina, i ricercatori hanno poi osservato un chiaro aumento della prevalenza della resistenza in base all’età (nel 72% dei paesi esaminati era riscontrato un aumento della resistenza tra gli uomini più giovani e quelli più anziani), mentre per Pseudomonas aeruginosa la resistenza a diversi antibiotici mostrava il picco intorno ai 30 anni. “Le differenze nell’incidenza della resistenza antimicrobica in base all’età e al sesso – scrivono i ricercatori – possono essere spiegate da differenze culturali tra i paesi esaminati, ma anche dalle modalità di infezione tipiche delle diverse specie di batteri”. 

La sorpresa dei ricercatori

Il fatto che le infezioni da batteri resistenti agli antibiotici abbiano una maggiore prevalenza nel sesso maschile, sottolinea l’autrice, è comunque sorprendente: perché le donne hanno più fattori di rischio – per esempio il parto – e in generale una maggiore incidenza di infezioni del tratto urinario e di conseguenza una maggiore esposizione agli antibiotici. E tuttavia, concludono i ricercatori, non bisogna dimenticare che alcune di queste tendenze osservate nello studio potrebbero essere dovute alle diversità nelle linee guida sull’uso degli antibiotici adottate dai paesi esaminati. Un buon motivo per procedere a una armonizzazione a livello europeo. 



www.repubblica.it 2024-04-30 13:03:00

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