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Ischemia cardiaca, un nuovo parametro per stimare la “fragilità” del cuore

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Interessanti novità per il trattamento delle malattie cardiovascolari negli anziani, e in particolare del danno miocardico ischemico, un disturbo che colpisce il tessuto muscolare del cuore. Un gruppo di scienziati del Dipartimento di cardiologica all’Auxologico San Luca di Milano (tra le strutture di eccellenza per la cardiologia), del Dipartimento di scienze mediche chirurgiche e della salute all’Università di Trieste, del Dipartimento di medicina e chirurgia all’Università Bicocca di Milano e di altri istituti di ricerca ha infatti appena valutato la capacità di un particolare parametro, chiamato Sevr, per stimare lo “stato di salute” del miocardio e prevedere la mortalità a lungo termine nella popolazione anziana, cercando di identificare un “valore soglia” da usare come possibile campanello d’allarme per un intervento tempestivo. Lo studio è stato pubblicato sulle pagine del Journal of the American Geriatrical Society.

Cos’è il Sevr, come si misura e cosa esprime

Sevr è l’acronimo di SubEndocardial Viability Ratio, ossia “rapporto della vitalità subendocardiale”. Si tratta di un parametro utile a misurare lo stato di salute del subendocardio, lo strato più interno del muscolo cardiaco, in particolare rispetto a quello degli strati più esterni; è dato dal rapporto della pressione cardiaca misurata nell’aorta durante la diastole (il periodo di rilassamento del cuore dopo la contrazione) e quella misurata, nello stesso momento, nelle arterie coronarie. In altre parole, il Sevr riflette l’equilibrio tra “domanda e offerta” di ossigeno a livello subendocardico. Un alto livello di Sevr indica che il subendocardio è ben ossigenato e irrorato: in generale, maggiore è l’irrorazione sanguigna, migliore è la capacità del cuore di funzionare efficacemente anche in condizioni di stress o di attività fisica interna. Di contro, un basso livello di Sevr è la spia di una sofferenza del subendocardio, che può essere dovuta, per esempio, alla presenza di disturbi coronarici.

Lo studio dell’Auxologico San Luca

Per il loro studio, gli esperti hanno arruolato 828 anziani (di età media pari a 87,7 anni e di cui il 78% di sesso femminile, quasi tutti residenti in case di riposo) e li hanno monitorati per 10 anni, escludendo dallo studio i pazienti con cancro, demenza grave e livello di autonomia molto basso. 735 pazienti sono deceduti prima delle fine dello studio, e 24 sono stati persi ai controlli clinici successivi; gli autori del lavoro hanno registrato tutti gli eventi avversi ogni tre mesi, dall’inclusione fino alla fine dello studio. Il Sevr è stato stimato per ciascun paziente in modo non invasivo – il che lo rende un parametro ancora più interessante –, analizzando la forma d’onda della pressione carotidea (registrata mediante tonometria arteriosa e applanazione).

Le conclusioni del lavoro

Mettendo insieme e analizzando i dati raccolti nel decennio di osservazione, gli autori del lavoro hanno appurato che effettivamente la misura del Sevr è molto affidabile per stimare il danno di perfusione miocardica rispetto al carico di lavoro del ventricolo sinistro del cuore, e che si tratta dunque di un parametro efficace per predire la mortalità a lungo termine nella popolazione anziana. “I valori più bassi di Sevr – scrivono nello studio – sono associati a una mortalità totale a 10 anni più alta rispetto ai valori medi e ai valori più alti. È stato identificato un valore soglia – 0,83 – come predittore della mortalità totale. Il Sevr, dunque, può essere considerato come un marker di ‘fragilità cardiovascolare’ e una sua stima non invasiva e accurata potrebbe diventare un parametro indipendente, utile a valutare la probabilità di sopravvivenza nelle persone molto anziane”.



www.repubblica.it 2024-05-08 15:16:53

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