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Festa della mamma, torna l’Azalea della Ricerca

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È il fiore simbolo della ricerca contro il cancro delle donne, e lo è da ben 40 anni. L’Azalea di Fondazione Airc è infatti nata con l’obiettivo di sostenere chi studia i tumori femminili, per renderli sempre più curabili, nel 1984. E domenica 12 maggio colorerà ancora – per la 40esima volta, appunto – ben 3.500 piazze d’Italia. Tutti possono dare il proprio contributo, acquistando l’Azalea nelle piazze o su Amazon (informazioni e punti di distribuzione su azaleadellaricerca.it).

Si stima che, complessivamente, circa 75 mila donne abbiano ricevuto una diagnosi di un tumore femminile lo scorso anno. Parliamo di neoplasie dell’endometrio, delle ovaie, del collo dell’utero e, ovviamente, del seno (sebbene anche gli uomini possano ammalarsi di carcinoma mammario). Proprio il tumore al seno alcuni anni fa ha colpito l’attrice Cristina Donadio, che oggi è ambasciatrice di Fondazione Airc e che lo scorso 8 maggio ha raccontato la sua storia sul palco dell’evento di Salute Oncologia femminile plurale. Donne di fronte al cancro”.

Tumore al seno. Cristina Donadio: “Così ho attraversato la malattia”





Il cancro come metafora di trasformazione. La storia di Cristina Donadio

Donadio chiama il tumore “avventura”, “danno”, “cortocircuito”, “incidente”. Usa metafore e rivela che il tumore stesso è stato per lei metafora sia del cambiamento che stava avvenendo nella relazione con la persona amata, sia del percorso fatto per accettarlo. “Quando si è attraversati da un danno come il cancro, che cosa succede nella relazione? Non l’avevo mai raccontato ma penso che sia molto utile per me, e forse anche per chi mi ascolta, sebbene ogni relazione, sia una storia a sé. Il giorno in cui ho appreso da una carta di avere un cancro al seno, in realtà un altro danno mi stava attraversando già da 9 mesi: la mia storia d’amore aveva subìto una trasformazione dopo 10 anni e io non volevo accettarla”. […]

“Il cancro era tutto concentrato nel mio capezzolo, e anche a questo ho dato un valore metaforico: il capezzolo è un organo che racconta molto dell’intimità, che a volte viene condiviso – si allattano i propri figli – che è bellezza, che crea e dà piacere.  […]  La prima volta che mi sono guardata dopo l’operazione, al posto del mio capezzolo c’era un emoticon perplesso: la cicatrice mi ricordava un’espressione di perplessità, che poi era come mi sentivo io che non accettavo che la mia storia stesse cambiando. Mi piace pensare di aver avuto quell’espressione nei mesi seguenti”. […]

“Sono passati 5 anni, ho finito il mio percorso e con la mia guarigione finalmente ho raggiunto anche la consapevolezza: che come cambia il corpo, cambia anche un amore. La mia storia non si è ancora interrotta, magari non si interromperà mai, però ha una cicatrice, come la cicatrice che porto sul mio corpo. Sono quelle cicatrici da cui si riparte. Ho rifiutato di mettere un capezzolo finto perché per me sarebbe stato come accettare una relazione finta […] Superare i momenti difficili vuol dire consapevolezza, accettazione, e soprattutto amore verso se stessi. Oggi vivo tranquillamente il mio seno con quell’espressione… che non è più perplessa, perché la perplessità è sfumata”. […]

“Domenica prossima sarà la Festa della mamma e la Giornata delle Azalee di Fondazione Airc, di cui io sono testimonial. Ci tengo a ricordare che sono 40 anni che queste azalee contribuiscono ad aiutare la ricerca: un termine che, insieme a prevenzione e screening, racconta la vita. Per me questo è il messaggio più importante, ed è per questo messaggio che ho raccontato la mia storia”.

La nanomedicina contro il tumore al seno

Da quando è stata lanciata, l’Azalea di Fondazione Airc ha permesso di raccogliere circa 300 milioni di euro per finanziare ricerche come quella di Miriam Colombo, 39 anni, professoressa di Biochimica Clinica presso il NanoBioLab dell’Università di Milano-Bicocca: “Grazie al sostegno di Fondazione AIRC stiamo studiando una terapia contro il tumore al seno che combina le nanotecnologie e la terapia genica, agendo sul microambiente tumorale – spiega Colombo a Salute – Nanotecnologie e terapia genica rappresentano due settori di punta in questo momento per il trattamento di molte patologie, e questa unione ha un effetto combinato molto promettente. La nanomedicina, in particolare, permette di ottimizzare l’efficacia degli attuali trattamenti chemio e radioterapici, minimizzandone gli effetti collaterali e migliorando quindi enormemente il tenore di vita del paziente durante la fase acuta della cura. Se oggi 2 donne su 3 in Italia sono vive dopo 5 anni da una diagnosi di cancro – conclude Colombo – lo dobbiamo ai progressi della ricerca e anche ad Airc e all’azalea”. 



www.repubblica.it 2024-05-10 06:44:58

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