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Linfedema: in Italia ogni anno 40.000 nuove diagnosi. Al via un corso per i pazienti

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Un corso per imparare a prevenire e gestire il linfedema, una complicanza che colpisce ogni anno in Italia oltre 40mila persone. È l’idea del nuovo progetto di ricerca promosso dalla Fondazione per la Medicina Personalizzata-FMP che prenderà il via con 500 pazienti, suddivisi in gruppi omogenei per caratteristiche cliniche, seguiti per 5 anni. L’obiettivo è appunto la realizzazione di un Percorso di Educazione Terapeutica per i malati oncologici a rischio o colpiti da linfedema degli arti.

Che cos’è il linfedema

Il linfedema è una delle più frequenti complicanze d’interesse riabilitativo nell’ambito oncologico. Nel nostro Paese si stimano ogni anno più di 40.000 nuove diagnosi tra forme primarie e secondarie. È una patologia cronica ad andamento spontaneamente evolutivo e si caratterizzata per un ristagno di fluidi nel tessuto sottocutaneo”, spiega Paolo Marchetti, presidente della FMP e Direttore Scientifico dell’Istituto Dermopatico dell’Immacolata-IDI/IRCCS di Roma. “Colpisce soprattutto gli arti superiori e inferiori e rappresenta la conseguenza di un danno anatomico della circolazione linfatica. Questo di solito è provocato dagli interventi di chirurgia oncologica, soprattutto se vengono associati a trattamenti di radioterapia. In Italia interessa una donna su cinque operata per carcinoma mammario, il 65% di quelle colpite da tumore ginecologico e il 40% degli uomini afflitti da una neoplasia prostatica”.

Quali sono i sintomi

Il linfedema degli arti non è un problema di salute secondario o un semplice danno estetico. Tende a svilupparsi in modo diverso nei pazienti e non sempre si manifesta subito dopo l’operazione chirurgica. “A volte – prosegue Federica De Galitiis, direttore dell’UOC di Oncologia dell’IDI di Roma – compare a distanza di anni dall’operazione e può colpire anche altre zone del corpo come la mammella, l’addome o i genitali esterni. I suoi sintomi più frequenti sono gonfiore, ispessimento del tessuto sottocutaneo, senso di peso a livello di arti interessati e in alcuni casi infezioni batteriche. Se viene trascurato può causare disabilità sia a livello fisico che psicologico. Modifica, infatti, l’immagine corporea e riduce notevolmente la qualità della vita di una persona già in difficoltà a causa del cancro. Può rendere molto difficile anche solo indossare alcuni vestiti o allacciarsi le scarpe. Una larga parte dei pazienti giunge tardi alla diagnosi e arriva ad un contesto clinico che richiede complessi interventi terapeutici. Inoltre, per curare il linfedema si rende necessaria una continuità assistenziale prolungata. Quindi si determina un significativo impegno di risorse umane del nostro sistema sanitario nazionale e anche elevati costi diretti e indiretti”. Purtroppo, viene di solito diagnosticato in fase avanzata anche perché vi è la tendenza a sottovalutarlo.

Come si può intervenire

Esistono diverse tipologie di cure che vanno dalla fisioterapia alla chirurgia passando per l’uso di alcuni farmaci specifici, ma ci sono anche dei piccoli accorgimenti che i pazienti possono mettere in atto nella quotidianità per migliorare la propria condizione. “Il trattamento del linfedema – spiega Roberto Bartoletti, fisioterapista dell’Ambulatorio di Prevenzione, Diagnosi e Cura del Linfedema e del Flebolinfedema dell’Idi di Roma – si avvale anche del rispetto di adeguati stili di vita, in particolare l’igiene alimentare e fisica risultano fondamentali sia per la prevenzione che per la gestione nel tempo del linfedema degli arti. Non a caso, l’aumento del peso e la sedentarietà rappresentano due importanti fattori di rischio per l’insorgenza e per l’aggravamento della malattia”.

Il percorso educativo

Il progetto della Fondazione per la Medicina Personalizzata partirà nelle prossime settimane e viene presentato oggi a Roma. Partner scientifico dell’iniziativa è la Fondazione Luigi Maria Monti, Istituto Dermopatico dell’Immacolata-IDI/IRCCS di Roma. Un team multidisciplinare di medici, chirurghi, fisioterapisti, psiconcologi, radiologi, nutrizionisti, genetisti e bioinformatici guiderà i pazienti e i caregiver lungo un percorso finalizzato alla prevenzione primaria del linfedema e allo sviluppo di una maggiore autonomia nella gestione della condizione clinica. “Intendiamo migliorare la qualità della vita e al tempo stesso ridurre il peso della malattia sui sistemi sanitari”, commenta Marchetti. “Vogliamo arrivare ad un nuovo Percorso basato su un approccio proattivo alla cronicità. Risulta perciò essenziale la sinergia di azione tra il personale medico-sanitario, i pazienti, i caregiver e le associazioni dei malati che insieme diventano parte integrante ed attiva di un percorso assistenziale condiviso”, aggiunge Annarita Panebianco, direttore Sanitario dell’Idi di Roma.

 

 



www.repubblica.it 2024-05-10 09:54:46

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