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“Senza reparti e per intensità di cura”

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“Estremamente digitale, supportato dall’intelligenza artificiale, senza reparti predefiniti e accogliente, con tanto verde e con una forte impronta di sostenibilità. L’ospedale del futuro dovrà essere flessibile, modulare anche perché il Covid-19 ci ha insegnato che può essere necessaria una riconfigurazione rapida dei posti letto”. Lo ha detto Giovanni Guizzetti, ingegnere clinico dell’Associazione italiana ingegneri clinici e direttore sociosanitario Asst Ovest Milanese, coordinando la sessione dedicata al tema nel corso del Convegno nazionale dell’Aiic in corso a Roma fino al 18 maggio presso il Centro Congressi La Nuvola.

“Per capire quale possa essere il futuro dei centri di cura – continua Guizzetti – dobbiamo capire quale sarà il futuro di tutte le assistenze sanitarie del cittadino e, quindi, anche come si arriverà a impostare una nuova relazione tra sanità domiciliare e sanità territoriale. In questo senso la convinzione emersa dagli interventi di tutti gli esperti coinvolti da Aiic è quella condivisa anche a livello internazionale: all’ospedale del futuro il paziente cronico non dovrà accedere pressoché mai, se non in casi rarissimi ed in condizioni di vivibilità decisamente differenti che nel passato”. Tra le novità più importanti che vengono delineate, inoltre, spicca la tendenza a pensare, sottolinea Guizzetti, “che non ci sarà una differenziazione fra un reparto e l’altro, ma che la strutturazione degli spazi e dei percorsi sarà progettata in base all’intensità di cura. Il tutto con una particolare attenzione al contatto con la natura, e con maggiori presenze di aree verdi perché questo, è dimostrato ampiamente, contribuisce anche al maggior benessere del paziente”.

“Il futuro dei nostri ospedali parte da ciascuno di noi che ci aspettiamo di essere presi in cura, prima ancora che essere curati – aggiunge Paolo Petralia, vicepresidente vicario Fiaso e direttore generale Asl 4 Liguria descrivendo l’evoluzione dell’assistenza ospedaliera – Gli ospedali non sono stati sempre soltanto luoghi di auspicabile guarigione, di cura di malattie, ma sono nati come luoghi di accoglienza, di ospitalità per viandanti e pellegrini. Con l’avanzare della tecnologia e della scienza, devono diventare percorsi, spazi, prospettive di presa in carico e di cura e in questo un ruolo importante è giocato dalla digitalizzazione e dall’intelligenza artificiale”. Si tratta quindi di sviluppare “un modello di ospedale che dialoga con il territorio – continua Petralia – e di territorio che va verso l’ospedale in una logica di circolarità e non di esclusività”.

Nell’ospedale del futuro, “ci saranno molte camere singole”, almeno la metà dei posti letto, “non solo per un maggiore comfort del paziente – precisa Guizzetti – ma anche perché questo permette di controllare meglio le infezioni ospedaliere. E soprattutto sarà un ospedale totalmente digitalizzato in cui le applicazioni di intelligenza artificiale supporteranno tutto il processo di diagnosi e cura”. Visione confermata da Petralia, che dichiara che nei centri di cura “non si dovrà condividere la camera con altre persone e, grazie alla tecnologia, sarà realizzata la virtualizzazione dei posti letto grazie alla quale non sarà più necessario dover dormire in ospedale per essere curati” perché, con la condivisione dei dati, “l’assistenza sarà fornita al bisogno, a domicilio”. A livello tecnologico, “l’intelligenza artificiale potrà affiancare e sostenere gli operatori, ma anche i pazienti nell’esperienza di permanenza in ospedale per ottenere risposte che sono avanzate dal punto di vista dei contenuti clinici, ma anche sostenibili e gradevoli dal punto di vista della modalità con cui vengono erogati”.

Nella sessione del Convegno Aiic il dialogo ha approfondito anche l’ambito della progettazione in cui si prevede una totale “assenza” di posti letto, perché l’ospedale diventa il “concentratore della sanità domiciliare”, hub di pazienti che sono monitorati a casa e gestiti centralmente da una struttura in cui professionisti multidisciplinari assistono il paziente che si trova, invece, a domicilio. Ma questo, forse, è ancora fantascienza oppure no? “La trasformazione in realtà di questo approccio è già in corso – avvisa Guizzetti – non ce ne stiamo accorgendo, ma nel mondo ci sono già degli esempi. In Italia ad oggi abbiamo tanti, troppi ospedali piccoli, che costano molti soldi di gestione e non permettono agli ospedali più avanzati di poter essere adeguatamente supportati. Certo, permane la necessità di avere una prossimità dell’ospedale con il paziente, ma se consideriamo l’evoluzione tecnologica ed anche l’aumento dei trasporti con mezzi a guida autonoma, è facile intuire che la prospettiva di un ospedale senza letti non è così fantascientica”.

La prospettiva conclusiva emersa durane l’evento Aiic sull’ospedale del futuro viene così sintetizzata da Paolo Petralia: “A fronte di un patrimonio edilizio ospedaliero spesso obsoleto, possiamo immaginare, nel tempo, di riuscire a lavorare per trasformare gli edifici attuali in building adeguati in termini di strutture che risparmino energia, che siano green, automatizzate ed efficienti sia dal punto di vista dei percorsi che anche degli spostamenti, in una logica che, dal monoblocco, ritorna a progettare padiglioni piccoli, immersi nel verde e capaci di essere flessibili nel loro utilizzo, come la pandemia ci ha insegnato”.



www.adnkronos.com 2024-05-17 12:36:36

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