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Mal di schiena, allo studio una terapia genica contro la discopatia

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Forse in pochi lo sanno, ma è la prima causa di disabilità, e l’Oms stima che ne soffrano più di 600 milioni di persone in tutto il mondo. Parliamo del mal di schiena, contro cui anche gli antinfiammatori si sono dimostrati poco efficaci. Ma una speranza per il futuro potrebbe arrivare dal fronte delle terapie avanzate: con uno studio pubblicato su Biomaterials, un gruppo di ricercatori ha infatti progettato e testato sui topi una terapia genica mirata a promuovere localmente la rigenerazione dei dischi intervetebrali, il cui danneggiamento rappresenta una delle più comuni cause di dolore e problemi di movimento. Anche se saranno necessari ulteriori studi prima di poter eventualmente traslare questo tipo di approccio agli esseri umani, i risultati sui topi sembrano promettenti sia in termini di riparazione del tessuto danneggiato che in termini di riduzione dei comportamenti riconducibili alla percezione di dolore. Con alcune differenze di genere in quest’ultimo caso.

In cosa consiste la terapia genica

I dischi intervertebrali sono dei veri e propri ammortizzatori in miniatura che separano una vertebra dall’altra, assorbendo gli urti e conferendo flessibilità alla spina dorsale. La loro degenerazione può essere dovuta a patologie, traumi o all’invecchiamento. I ricercatori, guidati da Devina Purmessur Walter e Natalia Higuita-Castro della Ohio State University (Stati Uniti), hanno sfruttato un tipo particolare di cellule del tessuto connettivo, chiamate fibroblasti, per veicolare il materiale genetico “terapeutico” all’interno del tessuto danneggiato. Più nello specifico, hanno estratto i fibroblasti dai topi e in laboratorio hanno inserito all’interno di queste cellule il Dna necessario per la produzione di un precursore della proteina forkhead box F1 (FOXF1). Dopodiché hanno iniettato i fibroblasti contenenti il gene di FOXF1 nel punto in cui uno o più dischi intervertebrali risultavano danneggiati.

FOXF1 è un cosiddetto fattore di trascrizione, ossia è una proteina deputata al controllo della trascrizione di altri geni ed è coinvolta, attraverso un meccanismo a cascata, nel processo di sviluppo e crescita di diversi tipi di tessuto. Il punto, spiegano gli autori dello studio, è proprio quello di promuovere questo processo: “FOXF1 è espresso durante lo sviluppo e nei tessuti sani, ma diminuisce con l’età – spiega Purmessur Walter -. In pratica cerchiamo di ingannare le cellule e di riportarle al loro stadio di sviluppo, quando stanno crescendo e sono più sane”.

I risultati della sperimentazione su topi

Rispetto ai controlli negativi, ossia ai topi che non hanno ricevuto la terapia, i topi trattati con questo approccio hanno mostrato una serie di miglioramenti: il tessuto dei dischi si è in parte rigenerato ed è diventato più stabile grazie alla produzione di specifiche proteine che hanno, per esempio, il ruolo di trattenere l’acqua e quindi di assicurare la corretta idratazione del tessuto stesso. Questo ha contribuito a migliorare la funzionalità della colonna vertebrale in termini di flessibilità e capacità di movimento. La terapia ha inoltre ridotto i sintomi tipicamente associati alla percezione di dolore nei topi, anche se in modo diverso a seconda del sesso e del tipo di test: dopo l’iniezione, i maschi hanno mostrato una minore suscettibilità al dolore rispetto alle femmine in tre delle quattro tipologie di test effettuate. I miglioramenti funzionali sono invece stati osservati in egual misura sia nelle femmine che nei maschi. Questa differenza di genere, concludono i ricercatori, potrebbe indicare la necessità di progettare terapie del dolore mirate e individualizzate, da utilizzare in parallelo all’intervento volto a promuovere la rigenerazione del tessuto danneggiato.



www.repubblica.it 2024-05-22 13:04:53

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