Tutte le notizie qui
Backaout
Backaout

Aritmie genetiche, il rischio per la sindrome del QT lungo va rivalutata ogni anno

18

- Advertisement -


È la principale cause di morte cardiaca improvvisa nei bambini o nei giovanissimi sotto i 20 anni: quella che spesso si verifica durante le partite di calcetto, lo sport o il gioco. Parliamo della sindrome del QT lungo, una aritmia di origine genetica che, se non diagnosticata e trattata, può portare al decesso alla sua prima manifestazione. Questa sindrome può essere ben controllata con i farmaci beta-bloccanti e da anni esistono dei calcolatori di rischio (risk-score) per stabilire la strategia più appropriata. Una di queste scale – chiamata M-FACT – era stata proposta già nel 2010 dal Centro di Aritmie genetiche guidato da Peter J Schwartz dell’IRCCS Auxologico di Milano (tra gli Ospedali di Eccellenza per la Cardiologia), tra i massimi esperti della patologia. Quegli stessi medici, però, hanno ora dimostrato in uno studio quanto sia importante rivalutare il rischio ogni anno, e quanto sia invece sconsigliata l’applicazione acritica dei risk-score. 

Cos’è la sindrome del QT lungo

La malattia deve il suo nome al caratteristico allungamento dell’intervallo tra due onde – indicate con Q e T, appunto – sul tracciato dell’elettrocardiogramma: questo significa che aumenta il tempo tra l’inizio della contrazione dei ventricoli e la conclusione della ricarica elettrica che avviene dopo ogni battito. Questa aritmia è legata a mutazioni di geni (ad oggi se ne conoscono 17) che controllano le correnti al potassio ed al sodio. I principali geni coinvolti sono tre: KCNQ1, HERG e SCN5A, che determinano le rispettive varianti della sindrome LQT1, LQT2 ed LQT3 (la più rara). Complessivamente, si stima che la sindrome colpisca una persona ogni 2000. Tra i segnali troviamo svenimenti e perdita di coscienza senza apparente causa, spesso indotti da uno stress fisico o emotivo, e tachicardia. 

Il nuovo studio

Lo studio, pubblicato sullo European Heart Journal, ha coinvolto 946 pazienti con QT lungo e con un rischio intermedio/alto (punteggio M-FACT ≥2) alla presentazione o durante il follow-up. “Abbiamo quindi osservato – spiegano i ricercatori sul sito dell’IRCCS Auxologico – come la terapia con beta-bloccanti spesso accorcia l’intervallo QT, modificando così i punteggi di rischio e le indicazioni all’impianto di ICD (defibrillatore cardiaco impiantabile, ndr.) per la prevenzione primaria”.

Le conclusioni sono che “la rivalutazione annuale del rischio con l’ottimizzazione della terapia porta a pochi impianti di ICD (3%) senza aumentare gli eventi potenzialmente letali”. In altre parole, spiegano ancora i medici, seguire acriticamente il punteggio M-FACT, senza la rivalutazione dopo terapia con beta-bloccanti, sarebbe stato dannoso per i pazienti: “Da una parte avrebbe portato all’impianto di ICD non necessari in pazienti giovani e dall’altro all’impossibilità di identificare quei pazienti il cui rischio aumenta durante il follow-up”.

I risultati portati da questo Centro con grande esperienza dimostrano dunque, in modo conclusivo, che non è corretto decidere quale potrebbe essere il rischio aritmico per i pazienti con LQTS prima di aver cominciato la terapia.



www.repubblica.it 2024-05-24 14:34:05

This website uses cookies to improve your experience. We'll assume you're ok with this, but you can opt-out if you wish. Accept Read More